La fisarmonica nel suo destino. Giacomo Rotatori si racconta

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“Non so cos’abbia di tanto comunicativo la fisarmonica che quando la sentiamo ci si stringe il cuore”. Giacomo Rotatori nasce a San Lorenzo in Campo (PU) nel 1973. Dopo il diploma in contrabbasso e poi un cambio di rotta in favore dalla fisarmonica che da sempre suona da solo o insieme ad altri musicisti, in Italia o all’estero, ripercorrendo i suoni classici o sperimentando sonorità originali. Strumenti&Musica lo ha incontrato e intervistato.

 1. Il conservatorio G. Rossini di Pesaro vede Giacomo Rotatori laurearsi in contrabbasso. Oggi però lei non riesce a separarsi da un altro strumento musicale: la fisarmonica. Come è nato il distacco da uno strumento, se c’è stato, e l’avvicinamento ad un altro per tutta la vita?

In realtà ho iniziato a suonare la fisarmonica molto prima: all’età di 12 o 13 anni per la precisione, perché uno zio ora scomparso ne aveva una in casa e mi ci faceva giocare quando andavo da lui. E qui iniziò l’amore per questo strumento;dopo la maturità, all’età di 19 anni entrai in conservatorio. Era l’anno 1992, anno in cui la fisarmonica veniva inserita nel conservatorio di Pesaro come strumento principale per la prima volta nella storia,mentre fin dall’84 era già inserita come strumento complementare, cioè poteva essere studiata insieme ad un altro strumento. Dato che quella del Rossini era l’unica realtà fisarmonicistica italiana, in quel primo anno tutti i ragazzi già iscritti in precedenza avevano la priorità rispetto agli esterni per cui era difficilissimo essere ammessi. E quindi dovetti ripiegare sul contrabbasso. Ma poiché continuavo a suonare la fisarmonica nei gruppi di musica folk, l’attrazione ad essa non solo rimase,ma nel 2000, proprio mentre mi stavo diplomando in contrabbasso, ritentai un esame di ammissione e questa volta mi andò bene ed entrai nella classe del M. Sergio Scappini. Un anno dopo decisi coraggiosamente di abbandonare il contrabbasso per dedicarmi al mio primo strumento con tutte le energie. Nel 2001, frequentai un seminario estivo ad Arcevia (AN) organizzato dall’associazione ARCEVIA JAZZ, e conobbi Simone Zanchini. Da quell’anno seguitai a studiare il repertorio classico con Sergio prima a Pesaro poi al Conservatorio Verdi di Milano e parallelamente improvvisazione con Simone. A Milano mi laureai nel 2008 con il massimo dei voti, mentre continuo tutt’ora a frequentare le lezioni a casa di Simone quando gli impegni di entrambi ce lo permettono. Non ho mai più desiderato suonare il contrabbasso, ma lo apprezzo ancora di più quando lo sento suonare dagli altri proprio perché ne conosco le difficoltà, e quando ne ho la possibilità lo riascolto volentieri in tutti i generi.

2. Il suo repertorio è molto vasto, lei spazia dal jazz al classico, dal tango all’etnico. Crede forse che sia riduttivo circoscrivere la propria musica ad un solo genere o si tratta di una precisa scelta artistica?

Direi che è riduttivo senz’altro, specialmente in un momento storico come questo in cui vanno di moda le contaminazioni. Io da sempre mi muovo su diversi piani musicali per scelta, spinto da una grande curiosità. Questo da un lato può sembrare uno svantaggio, ma non necessariamente lo è: il jazz e la musica classica sono linguaggi lontani, ma hanno anche delle peculiarità: l’istinto dell’improvvisatore dà una grande consapevolezza anche nella musica scritta cosi come la cura del suono ed il controllo del mantice tornano utili in una situazione molto ritmica ed aggressiva come quella del linguaggio jazzistico. E qui potremmo continuare per ore; di fatto l’apertura verso diversi linguaggi allarga gli orizzonti su ognuno di questi stili. E la storia ci insegna che ciò non è impossibile: pensiamo a Winton Marsalis che oltre ad essere un’icona del jazz americano vinse anche la Grammy come miglior esecutore di tromba classica o a Michel Portal, che oltre ad aver suonato in duo con Richard Galliano è stato uno dei pionieri del free jazz in Francia, ed uno dei più grandi interpreti del clarinetto classico contemporaneo della scena europea.

Personalmente il fatto di conoscere più generi musicali è stato fondamentale e mi ha permesso di avere delle collaborazioni importanti:vorrei ricordare le mie tre presenze con il prestigioso ENSEMBLE STRUMENTALE SCALIGERO (gruppo da camera della Scala di Milano). Ho avuto l’onore di sostituire Simone Zanchini per tre volte, rispettivamente nel 2009, 2010 e nello scorso dicembre 2012. In quella situazione gli arrangiamenti sono stati fatti su misura dei musicisti,cioè la fisarmonica viene sfruttata nella sua veste solistica e cameristica, ma anche come strumento improvvisatore, non a caso Simone suona in Ensemble fin dal 98. Perciò suonare in una situazione del genere significa avere una solida preparazione classica ma nello stesso tempo essere dei bravi improvvisatori anche perché a volte i soli di fisarmonica vengono decisi all’ultimo minuto per collegare brani suonati dall’intero ensemble.

3. Esiste comunque uno stile al quale si sente più vicino?

Sicuramente il genere al quale sono vicino è il jazz degli anni 40-50. Grazie a Simone mi sono avvicinato anni or sono al linguaggio bebop di Charlie Parker, Oscar Peterson e Clifford Brown. Poi nel tempo ho avuto modo di apprezzare un jazz più melodico grazie all’ascolto di musicisti come Chet Baker, Stan Getz e alla frequentazione a linguaggi meno swing come la bossa nova, che è un genere molto melodico e ben si presta ad essere eseguito sulla fisarmonica.

In ambito fisarmonicistico i miei riferimenti sono: Simone Zanchini, che negli anni è diventato anche un caro amico ed il povero Frank Marocco che ci ha lasciati di recente. Entrambi sono musicisti che hanno un grande senso dello swing, che in genere è poco naturale da eseguire sul nostro strumento, e questo ha fatto di loro musicisti veramente unici.

In ambito accademico ho comunque mantenuto un repertorio originale legato al 900: autori come Semionov, Schamo, il tedesco Hans Breme, gli italiani Pozzoli e lo stesso Sergio Scappini, solo per citarne alcuni, spesso utilizzano temi popolari e forme di danza per le loro composizioni e in questo abbinamento del linguaggio popolare alla musica colta ho trovato la mia dimensione nel mondo accademico. Ho potuto fare questo percorso negli anni del biennio accademico di II livello al conservatorio Verdi, dove Sergio Scappini, che è un docente dalle larghe vedute, mi ha permesso di esprimermi in un contesto a me congeniale, e tale repertorio ha potuto meglio convivere con l’improvvisazione, rispetto a repertori più complessi come le trascrizioni organistiche e clavicembalistiche che avevo dovuto studiare in precedenza.

4. Oggi lei è un docente di fisarmonica. Come descriverebbe questo strumento a chi ancora lo associa alla sola tradizione folkloristica e alle danze popolari?

Sicuramente è uno strumento di origine popolare, ma come dicevo poco fa il folklore è una risorsa musicale importante: pensiamo a Bela Bartok che ha fatto del suo folklore la sua filosofia di vita. E anche sul versante jazzistico le song americane non sono altro che brani popolari.

Tornando alla fisarmonica, oggi questo suono un po’ popolare va molto di moda, per cui ben venga il folk: nell’ambiente classico è un suono nuovo che i compositori moderni ampiamente utilizzano, è una sonorità nuova che lega bene sia con gli archi che con le sezioni di fiati per cui trova ampio spazio in ogni ambito,e addirittura viene usata nella popular music per cui piace anche alle nuove generazioni. L’importante è che dietro allo strumento non ci sia soltanto un fisarmonicista ma un musicista che suona la fisarmonica.

5. Giacomo Rotatori esercita da anni un’intensa attività artistica in Italia e all’estero. Dove, secondo lei e data la sua esperienza, è più stimolante vivere la carriera del musicista?

Ahimè, lo si sa, all’estero c’è più attenzione verso la musica che da noi, anche se l’Italia è la patria di molti talenti, comunque la mia situazione ideale è quella di vivere dove vivo, e cioè in un paesino bellissimo della provincia di Pesaro e di avere l’opportunità di viaggiare anche all’estero dove il proprio lavoro viene molto apprezzato per quello che è senza pregiudizi. Probabilmente fuori dall’Italia c’è una maggior attenzione alle proposte interessanti. Devo dire però che anche in Italia le soddisfazioni non sono mai mancate.

6. Nel 2008 è stato il primo nella storia a suonare all’interno del Castello Sforzesco di Milano; nel 2010 il suo disco Amischa, registrato in collaborazione con Roberto Bartoli, ha ricevuto la Nomination presso l’Award Orpheus nella categoria jazz music. Con un occhio al futuro, qual è la sua aspirazione più grande come musicista?

Beh queste sono alcune soddisfazioni e ce ne sarebbero anche altre, quindi almeno per ora sono felice così; l’unico rimpianto è quello di non aver potuto suonare con Maria Schneider l’anno scorso ad Ancona Jazz. La famosa arrangiatrice e direttrice di big band americana infatti è stata ospite della Colour Jazz Orchestra diretta da Massimo Morganti e aveva richiesto una fisarmonica nell’organico della big band. Sarebbe stata la mia fisarmonica ad essere presente. Poi purtroppo è stato invitato un altro ospite americano e così il brano in cui c’era la fisa è stato tolto dalla scaletta. Mi ha fatto piacere essere stato invitato e, in ogni caso, spero che ci siano altre occasioni in futuro.

Per concludere la mia più grande aspirazione è continuare ad essere un musicista trasversale ed eclettico, ed avere collaborazioni sempre più importanti ma anche dei progetti originali da proporre.

7. I suoi lavori sono frutto di forti collaborazioni: FISA&BASS DUO da cui è nato il disco Amischa con Roberto Bartoli, Boulevard Duo con Massimo Morganti, Variazioni sul Tango con Gigi Faggi, Roberto Gazzani, Andrea Morandi. Qual è l’aspetto che preferisce del lavoro di squadra e, se potesse scegliere, con quale musicista realizzerebbe un lavoro discografico?

Intanto vorrei segnalare il mio lavoro solistico I SUONI E LE DANZE DEL MONDO che è un progetto che riassume ciò che ci siamo detti in questa intervista. A questo proposito vorrei ringraziare Marco Tiranti della ditta EUPHONIA che fin dall’inizio della sua attività ha messo a mia disposizione le sue fisarmoniche per la realizzazione dei miei progetti. Per un progetto solistico le fisarmoniche, che in questo caso sono due, devono avere dei requisiti ben precisi per quello che riguarda l’attacco del suono e le possibilità dinamiche.

Per quanto riguarda i progetti di squadra ho sempre cercato musicisti di esperienza che potessero anche arricchirmi culturalmente e musicalmente, e così è stato per tutti i miei gruppi. In ogni situazione abbiamo lavorato sul suono e sull’identità da dare ad ogni idea per cercare l’originalità a prescindere dal repertorio che affrontavamo. Ritengo di essere stato fortunato, perché tutti questi signori non sono soltanto partners eccezionali ma anche persone meravigliose ed amici speciali. Nella musica il lato umano è fondamentale.

Credo sia importante infine documentare il proprio lavoro con delle incisioni e spero di farlo con tutti loro prima o poi.

 8. Nell’immediato, a quali progetti sta lavorando?

A giorni dovrei finire la registrazione di un disco con il mio quartetto VARIAZIONI SUL TANGO. Siamo partiti dall’idea del tango per creare delle composizioni originali, alcune anche mie, ricche di contaminazioni diverse. Al sound tipicamente argentino vengono abbinati degli arrangiamenti particolari ed originalissimi e in alcuni casi ritmi lontani da quella tradizione, per cui anche in un genere ormai datato come il tango noi cerchiamo di dare un’impronta personale.

Sta per prendere forma un duo con la danzatrice Caterina Fantoni che si chiamerà INSTANTDANCE e abbina letture sull’acqua a musiche arrangiate da me.

Inoltre il 23 febbraio ad Imola debutterò con il trio SEMPLICEMENTE D’AMORE con la collaborazione di Roberto Bartoli al contrabbasso (già presente nel FISA&BASS DUO) e Nicoletta Fabbri alla voce. Il titolo dice tutto circa il repertorio: canzoni d’amore italiane degli anni 60 reinterpretate in chiave acustica sfruttando il nostro suono un po’ cameristico e un po’ jazz.

Sempre con Roberto Bartoli stiamo arricchendo il nostro repertorio in duo;dato che nel nostro disco Amischa, prendevamo dei temi tratti dalle letterature dei nostri strumenti e li arricchivamo con improvvisazioni ed arrangiamenti alternativi, abbiamo pensato di muoverci ancora in quella direzione alla ricerca di nuove soluzioni.

Spero di registrare quanto prima anche con il BOULEVARD DUO con Massimo Morganti al trombone. Questo duo rivisita il repertorio degli chansonier come Edit Piaf e molti suoi contemporanei in chiave strumentale, proposto con un sound atipico ottenuto dall’abbinamento fisarmonica trombone.

Vorrei ricordare il quintetto KRAMER CONTRO KRAMER con Gigi Faggi che in questo caso partecipa in veste di cantante e trombettista, Roberto Gazzani, Marco Di Meo ed Andrea Morandi,che è un tributo al celebre compositore e la BANDA PELLONI che è un orchestra di 26 elementi e nasce nella scuola di MUSICA POPOLARE di Forlimpopoli (FC) in cui insegno da 10 anni. Tutti i docenti della scuola sono coinvolti in questa ORCHESTRA MULTIETNICA, che è ricca di sonorità diverse,ed ha un organico ricchissimo di strumenti popolari: fisarmoniche, organetti, cornamuse, digeridoo, oud e molto altro.

Sul versante classico è prevista in primavera la registrazione di un disco di un compositore che si chiama Angelo Gentili, che mi ha chiesto di collaborare con lui nella esecuzione di brani inediti per fisarmonica, violoncello e pianoforte e dei brani per fisarmonica solista.