Le aziende costruttrici: Strumenti&Musica intervista Beltuna

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Pino Di ModugnoQuando si parte con un’idea, con un proposito più o meno impegnativo, ronzano nella testa pensieri di vario genere. Innanzitutto si cerca di ragionare sui primi passi da muovere, le prime scelte da fare. Si prova, non senza difficoltà, ad immaginare il percorso, gli sviluppi successivi. Se si azzarda molto, cosa che mentalmente può avvenire con estrema facilità, si cerca anche di tirare le conclusioni, capire in anticipo dove si andrà a parare. Questa rubrica è nata dall’esigenza di raccontare il mondo della fisarmonica senza dover sbirciare dal buco della serratura. Volevamo evitare il rischio di avere un punto di vista troppo parziale su quello che volevamo fosse l’argomento principe di Strumenti&Musica. Abbiamo deciso quindi di prendere il toro per le corna, andando pian pianino, azienda per azienda a sentire dalla viva voce dei protagonisti che aria tirava. Con pazienza stiamo mettendo insieme i tasselli di questo particolarissimo mosaico, lontani ancora dall’avere una visione precisa e puntuale. Intravediamo però, in un insieme ancora da scandagliare e definire, alcuni minimi comuni denominatori che, con una certa frequenza, tornano a farsi vivi nel corso delle nostre interviste. Quasi sicuramente, nei prossimi numeri, cercheremo di tracciare i contorni di questo panorama, per condividere insieme a voi alcune riflessioni che di volta in volta stanno venendo fuori. Vi invitiamo fin d’ora a dirci la vostra, su questo come su altri argomenti trattati nella rivista (i nostri indirizzi di posta elettronica – direttore@strumentiemusicacom; info@strumentiemusica.com; redazione@strumentiemusica.com – sono sempre attivi). Per il momento vi lasciamo all’intervista che ho avuto modo di fare a Arnaldo Mengascini, titolare della ditta Beltuna. Buona lettura!

La vostra attività ha avuto inizio nel 1982. Come è nata la Beltuna e quali sono state le esperienze precedenti, tra gli anni ‘60 e ‘70?

La Beltuna nasce con la fine della ditta Crucianelli, che chiuse proprio nel 1982. Io ero un accordatore, addetto al collaudo e all’accordatura. In un primo momento ero convinto che mai mi sarei messo a fare le fisarmoniche perché ne conoscevo tutte le difficoltà e le avevo vissute. Vivo in questo mondo dall’età di 14 anni, quindi sono 53 anni che faccio l’accordatore. Nel 1982 non essendoci altra alternativa riuscì ad avere, non senza difficoltà, i clienti della Crucianelli: così ha avuto inizio l’avventura. Col tempo abbiamo cambiato tipologia di clientela, dedicandoci ad un altro filone, che è poi quello della musica folcloristica tirolese. In questo settore ci siamo stati per molto tempo e con ottimi risultati: nel mercato austriaco, tedesco e sloveno eravamo i principali produttori.

Oggi i riferimenti di mercato sono rimasti gli stessi?

No, oggi non sono più quelli. Questo è avvenuto fino al 1994, che è stato l’anno in cui abbiamo prodotto, non con il nostro marchio, 1500 strumenti soltanto per musica folcloristica. Da quel momento in poi questo tipo di mercato è iniziato a scemare e così abbiamo iniziato a produrre direttamente con il nostro marchio rivolgendoci ad altri mercati.

Quindi voi avete iniziato con la Beltuna in un periodo, agli inizi degli anni ‘80, molto particolare per la fisarmonica, dove la crisi aveva decimato le aziende di questo settore.

Infatti allora fu da matti decidere di fare le fisarmoniche. Ma la pazzia ad esser sinceri non è stata solo quella perché poi, nel 1983, abbiamo acquistato la ditta Menghini di Recanati che, tra le altre cose, faceva anche le chitarre.

Così nei primi anni la vostra produzione riguardava sia le fisarmoniche che le chitarre?

Sì, esattamente. Poi le chitarre le abbiamo lasciate perché c’era la produzione del Giappone che condizionava troppo il mercato e abbiamo continuato unicamente con le fisarmoniche. Questa è un po’ la storia dei primi passi.

Possiamo dire che la Beltuna è figlia della crisi di allora e dell’azzardo di un accordatore alla ricerca di un’alternativa?

In un certo senso direi di sì. In quegli anni la crisi fu pesantissima. Chiuse la Crucianelli, chiuse la Paolo Soprani. Chiudevano tutti. Invece noi in quegli anni, dal 1984 fino a tutto il ‘94, forse anche fino al biennio ‘96-’97 abbiamo avuto un exploit, una crescita continua sia a livello personale che di produzione, in un momento in cui a Castelfidardo non c’era nessuno che faceva questi strumenti folcloristici tirolesi. Noi siamo stati i primi a farli con l’apporto di un cliente, allora lavoravamo con il loro marchio, facendo venir fuori praticamente un mercato nuovo per la fisarmonica. Adesso chiaramente ci sono anche altri che le producono, ma credo che ancora oggi rimaniamo i maggiori produttori in Italia.

Quali sono stati i cambiamenti rispetto all’inizio? In questi ultimi 28 anni che evoluzione ha subito il mercato?

Ma devo dire che noi, andando avanti nel tempo, ci siamo molto diversificati. Mentre prima facevamo solo strumenti folcloristici, pian piano siamo andati sul varietè, avvicinandoci a strumenti molto più professionali. Non ci siamo mai addentrati nei bassi sciolti, perché in passato non ci credevo tanto. Adesso riconosco che è stato un errore, però stiamo studiando dei sistemi nuovi per fare i bassi sciolti e quindi non è detto che fra un anno o due inizieremo a farli anche noi, ma con una tecnologia completamente diversa.

Oggi, da qualsiasi punto di vista la si guardi, c’è la piena consapevolezza di attraversare un periodo di crisi. Vede un parallelo rispetto ai primi anni ‘80? Come è successo allora anche oggi il mercato può trovare nella difficoltà delle opportunità per risalire?

Nel nostro caso allora ci fu una buona componente di fortuna, bisogna ammetterlo. Non era facile per nessuno ripartire. A noi capitò di indovinare la fetta giusta di mercato che allora era semi sconosciuto qui da noi. Negli ultimi anni di crisi devo dire che noi abbiamo avuto solo un aumento della produzione di lavoro, e questo perché alla fine la qualità dei nostri strumenti ha pagato. Per il resto non so. Ti posso dire che facciamo affidamento su un team di persone competenti. Insieme riusciamo a fare prodotti di buona qualità che sono apprezzati. Ad esempio nel ‘97, finito questo exploit delle fisarmoniche folcloristiche, siamo entrati nel mercato tedesco con il marchio Beltuna. Tredici anni fa, da un sondaggio fatto da un tecnico commerciale, il nostro marchio risultava essere pressoché sconosciuto. Dopo uno – due anni noi eravamo i maggiori esportatori di fisarmoniche in Germania, dove vendevamo, e ti parlo dell’inizio, 300/400 strumenti all’anno. Oggi in Germania ci siamo stabilizzati come vendita, ma abbiamo acquisito altri mercati come la Svizzera, la Francia, la Scandinavia. Commercialmente siamo una ditta un po’ atipica, perché ci sono sempre venuti a cercare i clienti. Abbiamo iniziato in Svizzera  5 anni fa perché un fisarmonicista svizzero ha comprato una fisarmonica nostra in Germania, quando l’ha suonata gli è piaciuta talmente tanto che ha chiuso il suo negozio di strumenti musicali e ha aperto una distribuzione di sole fisarmoniche Beltuna. Oggi credo che sia uno dei nostri clienti più importanti di modelli solo professionali. Lo stesso ci sta capitando anche in altri Paesi.

Quindi aldilà del marketing o di qualsiasi altra operazione di mercato, per voi vale quasi esclusivamente la qualità del prodotto?

Certamente. I clienti che vengono da noi sono talmente fidelizzati che vengono loro quando sono convinti del prodotto. Non è che andiamo noi, noi non ci siamo mai mossi da qui. I rivenditori nostri in Germania vendono solo Beltuna, in Svizzera idem. Abbiamo degli esclusivisti. Altri che stanno iniziando, come ad esempio negli Stati Uniti, vendono esclusivamente il nostro marchio. Noi siamo una delle poche ditte che hanno all’interno la falegnameria o il reparto per la verniciatura. È una scelta che abbiamo fatto 25 anni fa, producendo tutto internamente. Non abbiamo mai usato la celluloide, le nostre fisarmoniche sono tutte verniciate. È una scelta che ci permette di spaziare come vogliamo rispetto alla qualità del legno o alle colorazioni. Una volta nel mercato tedesco si vendeva solo la fisarmonica nera, non era possibile venderne altre. Poi abbiamo cominciato a proporre altri colori e oggi la situazione si è praticamente ribaltata, tanto che quelle nere si vendono molto di meno.

Ma quali sono i vostri competitor all’estero? Quali sono in Europa le aziende che producono fisarmoniche sul genere tirolese?

Alcuni produttori ci sono in Austria e in Slovenia. La qualità è diversa, è minore anche se la nostra fisarmonica costa un po’ di più. Entrare con un marchio italiano in un mercato tradizionale come quello austriaco significa presentarsi necessariamente con un prodotto di qualità superiore, altrimenti rischi di trovarti in difficoltà subito. All’inizio non è stato facile perché le persone si rifiutavano di suonare uno strumento con un marchio italiano. Poi invece la gente ha iniziato a provarlo e quindi ad amarlo. Ora in Austria abbiamo molti negozi che vendono Beltuna e i negozianti per primi scelgono la Beltuna per il loro piacere di suonarla. Devo dire che a Castelfidardo ci sono altre aziende che fanno questo genere di prodotto, ma non lo fanno con il loro marchio, magari ne utilizzano uno austriaco.

Il vostro è un lavoro artigianale che porta poi sul mercato un prodotto di altissimo livello. Per mantenere questa qualità voi formate il personale all’interno dell’azienda?

Assolutamente sì.

Com’è la situazione? Ci sono giovani che si affacciano volentieri a questo mestiere?

No, non ne vedo tanti che vengono in questo settore. Questo è un lavoro che richiede una buona manualità, che è una componente anche oggi indispensabile. Meccanica dei bassi, tastiere e accordatura, per quanto una macchina possa essere precisa, l’occhio e la manualità fanno la differenza, sono fondamentali. Se vuoi presentarti sul mercato con un prodotto di alta qualità non devi tralasciare nessuna componente, tutte devono essere di ottimo livello. Se un componente non è all’altezza non puoi presentarti da nessuna parte, puoi solo commercializzare un prodotto di serie B.

Come spiega questa mancanza di manodopera in una realtà come Castelfidardo che è indubbiamente la patria della fisarmonica?

Ma, in passato c’era una scuola ma ha chiuso per mancanza di iscritti. Trovare un ragazzo oggi che sia predisposto, perché per fare questo lavoro serve una certa predisposizione, è un terno al lotto, è molto difficile.

Ma ci sarebbe comunque la necessità di avere nuova manodopera, altri ragazzi disposti ad intraprendere questo mestiere?

Direi di sì. Ad esempio un settore dove oggi lavorano molte persone anziane è la meccanica dei bassi. Sono molti i pensionati che svolgono questa attività. Da noi l’età media è abbastanza bassa, quasi tutti sotto i 40 anni. Certamente siamo stati fortunati a trovare le persone adatte, perché ne devi provare tanti prima di trovare quello giusto, però è indubbio che, in generale, il rischio di non avere in futuro un ricambio adeguato esiste. Per fare l’accordatore ci vuole molta passione perché se ci pensi devi stare chiuso in una stanzetta di 4 metri quadri … è come se stessi in galera. E questo devi farlo tutti i giorni, tutti mesi per tutto l’anno. Sono 53 anni che faccio questo mestiere, e se lo faccio ancora oggi è perché mi piace. Il segreto è tutto qui!