Le aziende costruttrici: Strumenti&Musica intervista Euphonia

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Marco TirantiUna produzione cinese (non ingombrante ma consistente) con un margine di mercato in crescita nel settore “amatoriale”. Una produzione italiana, rivolta principalmente ai professionisti del settore, che vanta ancora oggi un livello qualitativo notevolmente superiore. Un lavoro artigianale che, anche se effettuato su larga scala, ha mantenuto inalterate alcune caratteristiche essenziali capaci di rendere ancora riconoscibile la fisarmonica. Nelle righe che seguono potrete leggere l’intervista che S&M ha voluto fare a Marco Tiranti, produttore del giovane marchio Euphonia, fondato appena due anni fa, in quella che è stata una vera e propria chiaccherata a “cuore aperto”. Come sempre avviene in questi casi quello che ne esce è un mix di dati oggettivi e considerazioni personali, un racconto che segna un po’ il confine tra quello che è sempre conoscibile (basta volgere lo sguardo verso la giusta direzione) e la soggettività che caratterizza ognuno di noi. Un altro tassello con cui stiamo cercando di comporre il mosaico sempre più variegato del mondo della fisarmonica e che, da quest’anno, abbiamo deciso di raccontarvi nella rubrica dedicata alla storia e alle curiosità riguardanti le realtà produttive italiane. L’annuncio, che fin d’ora vogliamo anticiparvi, riguarda il prossimo numero di settembre: sempre da queste pagine, grazie all’intervista che ci ha concesso Massimo Pigini, avremo il piacere di raccontarvi l’esperienza della grande ditta fondata nel 1946.

Il marchio Euphonia è nato nel 2008, “la nuova concezione della fisarmonica made in Italy” come recita lo slogan che lo promuove. In tempi così condizionati dalla globalizzazione cosa significa investire nella produzione diretta di questo strumento? Puoi raccontare ai nostri lettori qual è la situazione generale secondo il tuo punto di vista?

La prima cosa, la più importante credo, è che se il lavoro dovesse riprendere a dei ritmi abbastanza elevati noi qui avremmo il problema della manodopera, soprattutto perché sono pochi i giovani che decidono di lavorare in questo settore. A Castelfidardo non esistono scuole, non esistono corsi di formazione. Praticamente l’imprenditore deve prendere un giovane e, a sue spese, affiancarlo a delle persone già formate. È ovvio che, al di la del costo, il problema è capire se un giovane è portato per questo tipo di lavoro. Non hai nessun libro che te lo insegna, è un lavoro manuale che richiede una attitudine elevata alla manualità. Per cui può capitare che si investe per sei mesi o anche un anno su un giovane che alla fine decide di andare a lavorare in un altro settore, con meno pensieri e meno problemi. In questo campo credo proprio che servirebbe una scuola, sulla falsariga di quella che a Verona hanno creato i liutai. Grazie ad un consorzio che funziona veramente hanno istituito una scuola internazionale e riescono ad organizzare la partecipazione alle fiere per gli strumenti a corda selezionando le aziende in base a criteri molto precisi: costruire lo strumento dalla A alla Z e non assemblarlo è la prima delle discriminanti. Così sono riusciti a dare vita ad un un marchio che il consorzio protegge e che fornisce anche delle garanzie ai clienti che acquistano.

In realtà la forza della produzione nel territorio di Castelfidardo è indubbiamente la fisarmonica (al punto che anche per la pubblicizzazione della raccolta differenziata il Comune di Castelfidardo ne utilizza l’immagine). Non sarebbe anche piuttosto semplice creare una realtà di questo genere in un contesto con una caratterizzazione così forte?

Certo che non sarebbe difficile perché, a differenza degli anni ‘70 quando c’era anche chi costruiva le chitarre e gli organi, qui noi oggi costruiamo essenzialmente questo strumento.

Per capire meglio. C’era in passato un percorso di avviamento professionale per i giovani, anche se non proprio una scuola, che nel tempo si è perso o questa della formazione è una esigenza che viene fuori adesso perché si incontrano delle difficoltà oggettive?

Per quello che ne so io, ad esempio dai racconti che mi faceva mio padre che lavorava in una azienda che produceva fisarmoniche, negli anni ‘50 una scuola di avviamento al lavoro c’era per quanto riguarda la fisarmonica. Però all’epoca il problema non era molto sentito, diciamo che proprio non c’era, perché non si incontravano tante difficoltà e si riusciva a reperire moltissima manodopera. Nonostante ciò esisteva comunque un percorso preciso e c’era addirittura una scuola di fisarmonica. Negli anni credo si sia vissuto quasi un rigetto in questo senso e certe esperienze non si sono più ripetute. La stessa popolazione di Castelfidardo, a cui la fisarmonica indubbiamente ha regalato gioia e dolori, era in qualche modo assuefatta, sotto certi aspetti addirittura stufa di questo strumento. Ti dirò di più: anch’io quando mio padre mi consigliò di continuare questo mestiere la prima reazione fu di rifiuto perché lo vedevo un lavoro superato, senza prospettive e parliamo del 1977. Invece adesso capisco che è un lavoro molto legato alla nostra cultura, alle nostre tradizioni. Quindi sarebbe opportuno mettere insieme anche una scuola, qualcosa che possa essere utile soprattutto ai giovani, anche se rimane comunque un’incognita molto grande che è quella di capire se esiste veramente un futuro per questa professione. Qui ti scontri anche con il mercato globale e hai grandi concorrenti come la Cina (un domani potrebbe essere l’India) che fanno il tuo stesso lavoro ma non hanno nessun tipo di regola. Quindi così è difficile fare concorrenza al loro stesso livello. Però credo che noi abbiamo un’arma che non viene molto sfruttata che è quella dell’innovazione, che con investimenti adeguati, anche nell’ambito della comunicazione potrebbe portare risultati stupefacenti anche nel settore della fisarmonica. Ad esempio, secondo il mio punto di vista questo è uno strumento considerato ancora vecchio dai giovani, un qualcosa di superato e sorpassato, cosa che non corrisponde al vero: sappiamo ad esempio che sono molti i cantautori italiani che utilizzano la fisarmonica nelle loro canzoni e, nonostante questo, dobbiamo ancora oggi constatare che in televisione non c’è molto spazio per questo strumento e che i mass media, tranne qualche rara eccezione, non ne parlano quasi mai.

Assolutamente vero ma bisogna dire che quello che si percepisce è un legame profondo tra lo strumento e la musica popolare, la musica folk. E nonostante la fisarmonica sia presente in moltissimi generi musicali e manifesti una certa “capacità d’adattamento”, sicuramente superiore a quella di altri strumenti, in realtà questo tipo di percezione nel grande pubblico notiamo che non è cambiata ed è forse questo che continua a far apparire lo strumento quasi superato.

È sempre un problema culturale. Se la fisarmonica ha questa immagine che tu ora hai descritto è grazie al grandissimo lavoro di comunicazione che è stato fatto nell’immediato secondo dopoguerra, quando era uno strumento molto alla moda. I giovani utilizzavano questo strumento molto di più della chitarra ad esempio. Quindi tutto il lavoro culturale fatto in questo periodo fino agli anni ‘60, anche attraverso le scuole e gli insegnanti, ha fatto sì che si creasse un’immagine molto precisa. Poi di colpo, più o meno dagli anni ‘60, quando la cultura mondiale è cambiata, la fisarmonica è stata messa da parte. Adesso è vero che la fisarmonica è stata ripresa fuori ma, secondo me, le logiche che ci sono dietro continuano ad essere superate, le considero non adeguate. Onestamente devo dire che mi piace Strumenti&Musica proprio perché riesce a parlare di musica inserendo la fisarmonica in un target molto giovanile, cosa che fa intravedere un certo rinnovamento che considero positivo. Bisogna spingere un po’ di più in questa direzione e magari creare un tessuto di scuole e di insegnanti che facciano indossare a questo strumento dei vestiti nuovi, affinché non si rimanga immobili in questa fase. Una volta feci personalmente un esperimento. Avevo mio figlio che faceva la terza elementare e le insegnanti mi chiesero dei soldi per fare il laboratorio teatrale. Allora proposi di portare nelle scuole la musica attraverso l’insegnamento della fisarmonica. La dirigente mi concesse carta bianca a patto che fossi io a pensare a tutto: strumento e insegnante. Trovammo tutto quanto, compresi finanziamenti e sponsor e alla fine delle dieci lezioni scoprimmo con sorpresa e con una certa soddisfazione che il 20% dei bambini che avevano “giocato” insieme a noi con questo strumento decise di continuare a prendere lezioni pagandosi l’insegnante e prendendosi in affitto lo strumento. Questo semplicemente per provare a riflettere sul fatto che forse, in questi ultimi anni, abbiamo perso le basi rispetto a molte cose, perché se tu la fisarmonica la proponi qualcosa si muove. Ti dirò di più, secondo me questi strumenti di importazione, le fisarmoniche fabbricate dai cinesi, ci potrebbero servire proprio a creare questo tipo di movimento di base perché è impensabile che una famiglia si metta a spendere più di 1000 euro perché il proprio figlio ha un vago desiderio o una passione un po’ passeggera.

Ma in tutto questo c’è da parte delle istituzioni una spinta verso una programmazione maggiore di questo tipi di attività? Qual è il livello di attenzione rispetto ad iniziative del genere? Si riuscirà secondo te a fare in modo che azioni di questa importanza non siano fenomeni singoli e isolati, quasi estemporanei?

Quello che ti posso dire, anche alla luce di quanto sono riuscito a constatare di persona nel tempo, è che oggi non si sta muovendo assolutamente niente e ritengo che questa sia una cosa molto brutta purtroppo.