Giorgio Dellarole: un musicista moderno appassionato di musica antica

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Giorgio DellaroleGiorgio Dellarole è un artista particolare. Docente di fisarmonica presso l’Istituto Musicale Pareggiato della Valle d’Aosta concertista di grande talento ed esperienza che ha esplorato tutte le epoche musicali, non ha mai nascosto la sua passione per la musica antica e, da qualche tempo, si dedica sempre più in profondità allo studio di questo repertorio, trasportandolo sulla fisarmonica, strumento che ai tempi in cui queste musiche furono scritte non esisteva neppure a livello di idea. Recentemente si è addirittura fatto costruire una fisarmonica accordata con il La a 415 htz, ricreando sempre più precisamente le condizioni per una interpretazione corretta della musica antecedente il secolo XVII.

Come è ormai tradizione, Strumenti&Musica chiede all’artista che intervista di raccontare ai lettori dei suoi anni di studio, dei suoi insegnanti. Come e dove si è evoluta la tua carriera studentesca?

Ho iniziato a studiare fisarmonica all’età di 7 anni con Giancarlo Muzzolon nella scuola della Fisaorchestra Valle d’Aosta, ma ho deciso piuttosto tardi di fare della musica la mia attività principale. Quando è successo (avevo circa 20 anni), mi sono affidato a Emanuele Spantaconi e a Sergio Scappini, con il quale mi sono diplomato presso il Conservatorio di Pesaro. Ho iniziato il lavoro sul repertorio antico con Marco Farolfi e, attualmente, studio alla Scuola Musicale di Milano con Emilia Fadini (parte strumentale e trattatistica) e con Luca Oberti (basso continuo).

In qualità di strumentista, oltre alla fisarmonica, suoni altri strumenti?

No, sono un fisarmonicista “puro”, anche se devo confessare una profonda passione, mai approfondita, per il fagotto. Ciò è dovuto in buona parte alla mia vocazione tardiva, che mi ha costretto a concentrarmi in modo esclusivo sulla fisarmonica. Il pianoforte moderno, che ho affrontato in Conservatorio come strumento complementare, non mi ha mai attirato particolarmente e ho preferito evitare divagazioni sul bandoneon perché lo considero uno strumento con una propria tecnica e una propria identità molto specifiche che non avrei avuto il tempo di approfondire a dovere. Ovviamente sono piuttosto interessato alle tastiere antiche, ma non come esecutore.

Dopo aver suonato di tutto, da Pozzoli a Fancelli, da Bach a Scarlatti, passando per l’irrinunciabile Piazzolla e per la musica russa, è cresciuta e maturata in te la passione per la musica antica. È ormai comune in tutto il mondo suonare la musica del periodo Barocco con la fisarmonica, a dire il vero quasi unicamente le sonate di Domenico Scarlatti, ma tu ti spingi sempre più anche nel periodo pre-barocco. Come è nato questo interesse?

Da sempre ho amato la “musica antica”, ma molto di ciò che ascoltavo non mi convinceva appieno; da qui è nato il bisogno di capire quali fossero i criteri interpretativi corretti per eseguire tale repertorio. Ho avuto l’enorme fortuna di poter lavorare con specialisti di altissimo livello aperti verso la “novità” rappresentata dall’uso della fisarmonica e, per parte mia, sono stato disponibile a mettermi completamente in discussione. In generale credo che non sia più accettabile un’esecuzione inconsapevole del repertorio antico. Le acquisizioni sono ormai consolidate e la prassi esecutiva della maggior parte degli autori non è più cosa da “iniziati”. Limitare l’interpretazione di Scarlatti o Bach alla ricerca di una esagerata articolazione per imitare un presunto tocco cembalistico è ormai un’operazione superficiale e anacronistica.

Cosa vuol dire per te esattamente “musica antica”? La consideri semplicemente una definizione atta ad identificare un dato periodo storico, anche se non ben definito, oppure una vera e propria epoca musicale che attraversa tutto il medioevo fino al rinascimento? Sappiamo che nel periodo Romantico la musica “antica” del Barocco e pre-Barocco era spesso eseguita in stile, appunto, romantico, senza tenere troppo in conto le intenzioni degli autori e dello stile dell’epoca. Dato che, ovviamente, non esistono registrazioni originali, da che riferimenti parti per le tue interpretazioni?

Al momento la “musica antica” che affronto come esecutore va, grosso modo, da Frescobaldi a Mozart; a livello teorico, a parte alcune incursioni nella teoria mensurale del Quattrocento e del Cinquecento, il mio studio parte da Caccini per giungere ai trattati ottocenteschi (Hummel, Mosheles, Reicha). Definire e dare dei confini alla “musica antica” è cosa piuttosto ardua. Sicuramente le moderne acquisizioni (desunte dai trattati ottocenteschi citati e dalle annotazioni di musicisti dell’epoca come Beethoven e Czerny ad esempio) ci portano ad affermare che, al contrario di quanto si pensa, per quasi tutto il periodo Romantico le prassi esecutive settecentesche fossero conosciute e pienamente in uso. La cesura tra antico e moderno e l’affermarsi delle esecuzioni “non consapevoli” della musica antica è da spostare alla fine dell’Ottocento e al principio del Novecento. Per quanto riguarda lo spunto delle mie interpretazioni, solitamente parto dalla conoscenza del compositore e del contesto storico-artistico, cerco di capire, quando possibile, quale sia l’effetto ricercato dal compositore sullo strumento destinatario del brano e, cosa più importante, adatto alle possibilità della fisarmonica l’interpretazione senza cercare improbabili imitazioni di altri strumenti.

La fisarmonica non esisteva nei tempi di cui stiamo parlando. Come ti è venuta l’idea di dedicarti a questo repertorio?

Il motore principale è la mia passione per la “musica antica”, sostenuta dalla convinzione, condivisa con la grande maggioranza degli specialisti che ho incontrato, che la fisarmonica possa essere un ottimo “strumento” (termine inteso anche come mezzo) per rendere gli affetti e le caratteristiche del repertorio antico. Mi sono chiesto spesso e continuo a chiedermi, immagino come la maggior parte dei fisarmonicisti moderni, quale sia la strada giusta per emancipare la fisarmonica dal contesto popolare in cui è nata e mi domando se la mia scelta di trascurare il repertorio originale e contemporaneo sia in qualche modo penalizzante, ma sono giunto alla conclusione che il miglior modo di valorizzare la fisarmonica sia quello di eseguire musica di qualità e di eseguirla consapevolmente.

Ti sei fatto addirittura costruire una fisarmonica accordata con corista a 415 hertz, praticamente lo strumento si traspone esattamente di un semitono verso il basso, mantenendo la scala temperata. Superficialmente potrebbe sembrare inutile, basterebbe trasporre le partiture e suonare con uno strumento normale.

In teoria si potrebbe trasporre, andando a cadere però spesso in tonalità alquanto complicate. Ho cominciato a pensare ad un’accordatura a 415 alcuni anni fa, quando ho iniziato a collaborare con violino e violoncello barocchi che suonano molto spesso con il La a quella frequenza e che si adattano meglio al 415 che all’accordatura moderna (sulle accordature storiche si potrebbe comunque scrivere un libro, citando le molteplici e spesso estreme frequenze e accordature utilizzate in periodi e contesti geografici diversi). La decisione definitiva è arrivata nel 2009 quando è iniziato il mio lavoro con la flautista Fiorella Andriani, che utilizza il traversiere, strumento intonato a 415. A quel punto ho dovuto scegliere tra un’esecuzione con un flauto classico o moderno e un mio adattamento alla situazione e, con la collaborazione della ditta Bugari, ho scelto il 415.

Addirittura parli spesso della tentazione di farti costruire uno strumento con accordatura non temperata. Come lo vorresti, esattamente, e per quali motivi e quali repertori?

In effetti sto pensando di fare ancora un passo e di utilizzare, per lo strumento a 415, un’accordatura non temperata. Si tratta di trovare un’accordatura non estrema (penso al sistema Vallotti ad esempio) che mi permetta di eseguire il più vasto repertorio possibile. Aggiungerebbe al mio lavoro di ricerca stilistica un po’ di “colore” e contribuirebbe a calare ancora di più la fisarmonica nell’ambiente antico. In ogni caso il punto fondamentale della questione è l’acquisizione delle conoscenze teoriche e stilistiche e della consapevolezza necessarie a rendere in maniera corretta ed efficace il repertorio antico.

Hai in programma delle incisioni con questo strumento speciale?

Ho un grosso progetto che dovrebbe partire nella prossima estate e che è stato fondamentale per stimolare le mie scelte recenti: si tratta dell’incisione di quattro CD collaborando rispettivamente con Alessandro Tampieri, violinista barocco, con Alessandro Palmeri, violoncellista barocco, con Fiorella Andriani, flautista e con il contraltista Michele Andalò. Penso che si tratterà, se concretizzato, di un lavoro importante per me e per la fisarmonica. Gli esecutori sono tutti musicisti di spicco nel campo della musica antica e la ricerca stilistica che ha accompagnato lo studio dei diversi programmi non ha niente da invidiare ai lavori con strumenti originali.

Il tuo desiderio di studiare ed approfondire l’epoca della musica antica e rivisitarla con la fisarmonica in un modo estremamente attento e ponderato, produrrà solo concerti e dischi oppure hai intenzione, ad un certo punto, di cominciare a condividere con colleghi, musicisti ed insegnanti, l’esperienza che stai facendo, magari con la pubblicazione di qualche saggio?

Hai toccato un punto dolente. La marginalità geografica della Valle d’Aosta e la particolarità delle mie scelte interpretative mi hanno portato lontano dall’ambiente fisarmonicistico e vorrei colmare in qualche modo la distanza. Per me e per la mia attività didattica è molto importante recepire le suggestioni dei colleghi che si occupano di altri repertori e che sono cresciuti in contesti diversi dal mio e penso che, alla luce del mio lavoro, potrei offrire degli spunti interessanti agli altri fisarmonicisti. Sicuramente in futuro scriverò qualcosa, magari accompagnandolo con piccole incisioni dimostrative.

Sappiamo comunque che la tua passione per le musiche d’altri tempi non pregiudica affatto il favore con cui consideri la musica originale per fisarmonica. Sei inoltre uno dei pochi che, nell’epoca degli anni ’80 e ’90, quando tutti suonavano la musica russa, continuava ad apprezzare e suonare autori italiani quali Pozzoli o Ferrari Trecate. Puoi regalarci qualche considerazione sul ruolo di personaggi tanto diversi che tanto hanno contribuito all’evoluzione dello strumento?

Si dice che in fondo, pur nei limiti degli strumenti dell’epoca, Frosini abbia dato un contributo diverso da Solotarjow, ma probabilmente altrettanto importante. Non ho smesso di lavorare sul repertorio italiano del primo dopoguerra. Negli anni, ad esempio, ho acquisito l’integrale dei lavori di Pozzoli per fisarmonica e, probabilmente, questa esperienza verrà riversata in un CD con la collaborazione di Sergio Scappini, che mi ha trasmesso la conoscenza e la passione per questo repertorio. Torno ad una mia precedente risposta e ribadisco che l’emancipazione della fisarmonica passa principalmente attraverso l’esecuzione consapevole di musica di qualità. A mio avviso in alcune opere di compositori come Pozzoli, Ferrari-Trecate, Fugazza e altri italiani si trova un’ottima qualità musicale; la stessa che si riscontra in molta musica russa e in altri repertori. Le mode esclusive che hanno flagellato l’ambiente fisarmonicistico in passato hanno danneggiato molto sia la crescita del movimento che l’immagine della fisarmonica moderna. A proposito degli italo-americani come Frosini, Magnante e Deiro penso che il loro contributo all’evoluzione tecnica della fisarmonica sia ancora sottovalutato. Non dimentichiamo che il movimento fisarmonicistico nord-americano avvicinò al nostro strumento, a partire dal 1940, musicisti come Cowell, Creston, Still e Castelnuovo-Tedesco tra gli altri, mentre in Europa o in Russia l’ambiente fisarmonicistico era ancora piuttosto chiuso e autoreferenziale.

Un personaggio come te, che scava nel passato per intuire le condizioni di vita, le situazioni sociali, le oscillazioni emotive delle popolazioni per le quali la musica dell’epoca fu creata, come si pone in relazione all’opposto, cioè quella parte della società musicale che fa la cosiddetta musica “d’avanguardia” o “sperimentale”?

Penso che non si possa prescindere da quella che è l’espressione musicale del nostro tempo, al di là di un maggiore o minore apprezzamento per essa. Al momento la mia attenzione è focalizzata su altri repertori, ma mi sforzo comunque di prestare attenzione a ciò che succede nell’ambiente musicale contemporaneo e, soprattutto, di offrire la massima collaborazione ai compositori che si avvicinano alla fisarmonica. E comunque lo “scavo nel passato” è nel mio DNA: ho una grande passione per la storia e, se non avessi fatto il musicista, sarei stato probabilmente un archeologo.

Nel panorama internazionale, quali dei percorsi dei tuoi colleghi ti sembra interessante e profondo, con i quali ti piacerebbe condividere e scambiare esperienze?

Sono molto curioso e mi piace il confronto, per cui cerco di sfruttare tutte le occasioni per scambiare esperienze, specialmente con le realtà più lontane dalla mia. Ho parlato prima del relativo “isolamento” della Valle d’Aosta al quale cerco di supplire invitando ogni anno un collega a tenere una master-class presso l’Istituto Musicale Pareggiato della Valle d’Aosta. Abbiamo ospitato con estremo piacere reciproco Ladislav Horak, Sergio Scappini, Boban Bjelic ed Eugenia Cherkasova e attendiamo per il prossimo agosto Ivano Battiston. In generale apprezzo molto i fisarmonicisti che, in qualunque repertorio, offrono esecuzioni consapevoli e cercano di fare “musica” nel senso più ampio del termine senza concentrarsi sul modello di strumento e senza evidenziare troppo l’aspetto acrobatico-spettacolare dell’esecuzione.