Il “Bercandeon” presentato da due giovani musicisti

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Bercandeon - Fiorenzo BernasconiL’anno scorso abbiamo fornito una dettagliata presentazione del Bercandeon, strumento ad ancia libera, con mantice, simmetrico e appoggiato su un cavalletto. Non è una fisarmonica, ma di questa condivide alcuni principi. Al modello originario verrà presto affiancato il Bercandeon “F”, che strizza l’occhio alle  esigenze dei fisarmonicisti, permettendo per esempio la realizzazione delle voci in cassotto. Per ora forniamo le impressioni di due giovani musicisti che stanno usando il Bercandeon tradizionale.

Alberto Bazzoli, pianista. Ci parli della tua formazione musicale?

La mia formazione da pianista e organista hammond non è iniziata con la musica classica, ma con quella afroamericana come il blues e il jazz. Gli studi del pianoforte sono stati prima privati e in seguito ho frequentato il corso di jazz al Conservatorio di Ferrara, presso il quale mi sono laureato al triennio e ora sto terminando il biennio. La passione per queste musiche mi ha portato a suonare insieme a musicisti importanti nel settori tra i quali J. Monque’d, Andy J Forest, Little Paul Venturi, Vince Vallicelli, Massimo Tagliata, Massimo Sbaragli. Negli ultimi anni l’interesse ad approfondire le proprie radici nella musica da ballo italiana di inizio secolo mi ha portato a fondare la mia band dal nome Mr. Zombie Orchestra, con la quale abbiamo realizzato due dischi per l’etichetta Velut Luna, “Someone Likes it Zombie – the sad story of a romantic orchestra” e “C’era una volta in Romagna – danze tribali del popolo del liscio”. Nell’ultimo di essi ho potuto registrare alcune tracce col Bercandeon.

Gabriele Marangoni, fisarmonicista. Ci parli della tua formazione musicale?

La mia formazione musicale inizia con l’avvicinamento alla fisarmonica, per poi aprisi sempre più alla ricerca ed al suono in assoluto. Mi sono diplomato in fisarmonica al Conservatorio di Milano con Sergio Scappini, parallelamente laureto in Scienze e Tecnologie dell’arte presso l’Università degli Studi di Torino. Dopo aver terminato il percorso universitario mi sono dedicato allo studio della composizione e della musica elettronica, concludendo il mio percorso formativo con il Master in Advanced Studies in Contemporary Music Performance and Interpretation presso il Conservatorio di Lugano, in Svizzera.

Alberto: a quali progetti musicali stai attualmente lavorando?

Al momento faccio parte di diverse formazioni che spaziano dal blues/soul alla musica italiana degli anni ’60 a musiche originali più sperimentali, tra questi Alessandro Ristori e Portofinos, Mr. Zombie Orchestra, Collettivo Ginsberg, Little Paul Venturi & the Junkers, Sara Zaccarelli Soul Band.

Gabriele: a quali progetti musicali stai attualmente lavorando?

Attualmente, oltre al Barcandeon, sto lavorando al mio nuovo “solo” per fisarmonica, elettronica e video dove l’intera fruizione del concerto per il pubblico sarà  esclusivamente in cuffia e parallelamente sto scrivendo un nuovo lavoro per triplo ensemble dal nome “Chaos”. Entrambi questi lavori rispondono alla mia esigenza di continuare a ricercare un qualcosa che per fortuna ancora non ho trovato ed a evolvere il mio personale linguaggio sonoro. Sto concentrando la mia estetica sul concetto di Caos, sono affascinato dall’energia che si produce da ciò e credo che il suono sia il mezzo ideale per poter costruire e realizzare tale ideale. Un Caos che non sia casualità, bensì il Caos come chiave per accedere ad uno stato di coscienza alterato, gravido di  potenzialità creative, disorientare la mente, rompere gli schemi e le coordinate mentali irrigidite, spezzare i punti d’ancoraggio. Concedersi al caos, concedersi al suono, significa anche scoprire la propria fragilità, prendere contatto con la propria intimità.

Alberto: da oltre un anno hai un Bercandeon in terza, con impianto microfonico incorporato.  Ricordi il primo impatto con lo strumento?

Stupore per uno strumento nuovo, se vogliamo anche “strano”, è stato come vedere un unicorno. Al giorno d’oggi, dove tutto non sembra più una novità, colpisce vedere a cosa può portare l’immaginazione di una persona. Ovviamente a ciò consegue la “difficoltà” di scoprire come suonarlo, perché sicuramente le sue parentele con la fisarmonica o il pianoforte possono aiutarci ad esplorarlo, ma in realtá sempre di più nel tempo sto capendo che è uno strumento con le sue particolarità e che necessiterebbe di una propria tecnica.

Gabriele: usi il Bercandeon in quarta da un paio di mesi: ci dai un parere “a caldo”?Gabriele Marangoni

Sin da subito mi ha affascinato il suo concetto di simmetria e suonandolo ho percepito che era uno strumento con un proprio respiro e che in un certo qual modo richiedeva di essere accompagnato in una danza molto particolare, una linearità di movimento che influisce molto anche sul suono e sul modo di suonarlo. Credo sia molto importante che il Barcandeon non venga visto all’ombra della fisarmonica, è uno strumento del tutto indipendente che dovrà coltivare la propria identità e sfruttare le proprie caratteristiche uniche che lo contraddistinguono.

Alberto: ci parli dell’uso della mano sinistra nel pianoforte e nel Bercandeon?

Una delle cose che più mi aveva attratto all’epoca era la libertà con cui si poteva far uso della sinistra. Infatti si possono sia eseguire accordi a parti strette e dissonanti come nel piano sia, come più spesso lo uso io, costruire accordi molto larghi con le decime per esaltare il suo bellissimo timbro sulle basse profonde.

Gabriele: fisarmonica e Bercandeon sono accomunati dal mantice. Detto questo poi iniziano le differenze che sono costruttive ed esecutive. Ce ne parli?

Il mantice è il cuore; sia dalla fisarmonica che del Barcandeon, per me il mantice è lo strumento stesso e tutto ciò che vi è intorno sono mezzi per rendere udibile la sua voce. Il Barcandeon possiede due mantici, meno estesi di quelli della fisarmonica e azionati con una tecnica completamente differente; basti pensare che nel Barcandeon bisogna utilizzare le gambe. Questa differenza fa sí che con i mantici del Barcandeon ci si relaziona con meno forza, meno aggressività e vi è il bisogno di una curata coordinazione per usare al meglio i due mantici, che permettono altresì di poter creare differenti dinamiche tra le due tastiere e  differenti oscillazioni ritmiche. Ovviamente anche la presenza di due tastiere, quindi due manuali con stesse caratteristiche differenzia molto i due strumenti. Per me che arrivo da anni di tecnica  fisarmonicistica è stato comunque necessario dover educare la mano sinistra a relazionarsi con una tastiera invece che una bottoniera.

Alberto: lo strumento non ha un “metodo” e immagino che tu te ne sia costruito uno: ce ne parli?

Come dicevo prima lo strumento ha una sua identitá e necessiterebbe di una sua didattica. In un primo momento mi sono limitato a provare a riportare quello che facevo col pianoforte sul Bercandeon poi pian piano ho iniziato ad esplorarlo utilizzando una maggiore polifonia tra le parti, come fosse un armonium, e devo dire che questo metodo è sicuramente quello che ne valorizza maggiormente le particolarità.

Gabriele: lo strumento non ha “letteratura”. Secondo te quale repertorio gli è più congeniale? Che cosa ti ha stimolato a suonare? 

Il fatto che non vi sia una letteratura è per me motivo di interesse. Ovviamente ci sono  diverse e molteplici possibilità di trascrizione e di adattamento del Barcandeon ai diversi repertori, in base ai gusti o alle necessità di chi ci si cimenta. Per quanto mi riguarda trovo molto interessante questa sua natura più “ esile” rispetto alla fisarmonica, un respiro più corto che mi ha trasmesso una sorta di intimità, sto  lavorando ora alla scrittura di alcune nuove composizioni appunto per il Bancandeon e mi sono accorto di essere stato influenzato dallo strumento verso una modalità di scrittura più meditativa, più lineare, più simmetrica rispetto alla mia normale produzione. Probabilmente questo sarà dato dal fatto che sono in una fase iniziale nel rapportarmi con questo strumento, però mi è parso un bel punto di partenza.

Alberto BazzoliAlberto. Il tuo Bercandeon ha un impianto microfonico incorporato che permette, volendo, non solo di amplificarlo, ma pure di applicare effetti. Ci hai provato? Con quali risultati? 

Ho provato a combinarlo con effetti come l’echo, il tremolo e il riverbero. Sicuramente utilizzandolo, come ultimamente sto facendo, con un echo a nastro, il risultato sonoro è molto interessante. Altri effetti come le distorsioni o I fuzz non li ho ancora sperimentati, ma potrebbero essere una nuova frontiera.

Gabriele: sentendoti parlare del doppio mantice e del suo uso mi viene in mente che lo strumento ha forse partentele insospettabili. Mi riferisco all’emissione del suono degli archi e dei fiati, strumenti in grado di tenere una nota, ma non così a lungo come una fisarmonica o un armonium. Secondo te regge il paragone con l’uso pendolare dell’arco?

Il movimento dei due mantici può essere paragonato con quello dell’arco, non tanto per delle somiglianze nella tecnica o nel movimento stesso, bensí per il fatto che i due mantici nel Bercandeon hanno un’apertura inferiore rispetto alla fisarmonica e questa loro dimensione richiede all’esecutore una costante attenzione verso la quantità d’aria prodotta ed al suono emesso. I fraseggi e le note tenute richiedono una cura particolare se si vuole ottenere il risultato migliore possibile, non avendo a disposizione appunto una riserva d’aria di grandi proporzioni come nella fisarmonica.

Grazie per l’attenzione. La prossima occasione per risentirvi, questa volta con lo strumento, sarà nelle registrazioni che coinvolgeranno, tra gli altri, musicisti che hanno testato o possiedono il Bercandeon, alle prese con brani composti da Fiorenzo Bernasconi e il pianista Vito Maniscalco.