Tiziano Chiapelli: amare sé stessi e la musica

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Tiziano ChiapelliDal playing viscerale e caleidoscopico, Tiziano Chiapelli è uno fra i fisarmonicisti più eclettici e apprezzati del circuito musicale italiano ed europeo. Con questa intervista si racconta artisticamente e umanamente.

Sei un fisarmonicista particolarmente poliedrico. Spazi con naturalezza dal jazz al tango, sino alla musica classica. Come nasce questa tua versatilità stilistica?

La mia versatilità proviene dalle diverse esperienze maturate con determinati musicisti come Gianni Coscia, Iller Pattacini, Paolo Gandolfi, Lelio Luttazzi, Glauco Caminati, Riccardo Muti, Bruno Serri, Luis Bacalov e tanti altri ancora.

Sei stato vincitore di numerosi concorsi internazionali. C’è un concorso in particolare che ricordi con maggiore affetto?

Ricordo con particolare affetto tutti i concorsi a cui ho partecipato, ma Castelfidardo, Val Tidone e Stradella sono stati quelli più intensi.

Sei molto attivo come docente di fisarmonica. Come affronti la tua vita da didatta?

Dando il meglio di me stesso, cercando di comunicare la musica nel modo più semplice possibile, qualunque essa sia, dalla classica al jazz, dal tango ad altri generi.

Quali sono i primi consigli che elargisci ai tuoi allievi?

Amare sé stessi e la musica.

Tra la pletora di collaborazioni che arricchiscono il tuo considerevole curriculum spicca quella, nel 2003, con uno tra i migliori chitarristi jazz fusion del panorama musicale mondiale: Scott Henderson. Cosa puoi raccontare di questa esperienza?

È stato un dono del cielo. Al Musikmesse di Francoforte ho avuto il pregio e l’onore di duettare in Got A Match? e Caribe con questo grande jazzista, che alla fine mi disse: «You have more sound and a great improvisation».

Slovenia, Germania, Francia, Ungheria, Svizzera, Austria, Repubblica Ceca, Danimarca e Bielorussia sono solo alcune delle nazioni nelle quale ti sei esibito. Quali sono le analogie e le differenze sostanziali rispetto all’Italia?

Prima di tutto la cultura in ogni sua forma, poi la considerazione verso un musicista che per loro è al pari di un medico o di un avvocato. In Italia, invece, se non sei famoso sei al pari di nessuno, perché nel nostro paese la musica ed altre forme espressive di arte sono considerate un hobby.

A proposito di Italia, nel tuo palmares figura una prestigiosa collaborazione  con uno fra i batteristi più noti e acclamati: Tullio De Piscopo. Come e quando hai intrapreso questa avventura artistica?

Oltre a “papà” Tullio De Piscopo devo ringraziare il M° Riccardo Muti, Lelio Luttazzi e Luis Bacalov, perché attraverso la loro collaborazione ognuno di questi artisti mi ha insegnato e trasmesso qualcosa di speciale che va oltre la tecnica e oltre ogni forma di funambolismo musicale.

Quanto ti ha arricchito l’esperienza professionale e umana con un’icona sacra della batteria nostrana come De Piscopo?

È impossibile quantificare quello che ho già appresso e quanto devo ancora apprendere da lui come uomo e musicista.

Che tipo di repertorio esegui con lui?

Con Tullio si è molto versatili, si passa dal nuevo tango al jazz, dal pop al rock.

Quali sono i tuoi progetti per l’immediato futuro?

Entro la fine dell’anno, salvo imprevisti, usciranno due CD. Il primo sarà un omaggio a Wolmer Beltrami, sul quale è già attivo un progetto musicale. Il secondo, invece, sarà una sorpresa che riguarda il tango. Rivisiterò con un quartetto d’archi i classici di questo genere: da Gardel a Pugliese, fino a Piazzolla.