Giorgio Colombo Taccani: “Recitativo” per fisarmonica da concerto

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La fisarmonica da concerto nella musica contemporanea

Quattro incontri con quattro compositori

di Corrado Rojac

 

PREMESSA

Corrado RojacAnche quest’anno, dopo il plauso ottenuto dall’iniziativa l’anno scorso, la redazione di Strumenti&Musica mi ha chiesto un contributo sulla musica contemporanea per fisarmonica. Ho accolto l’invito con gioia. Ho pensato di presentare alcuni pezzi, scritti per me da importanti compositori, che ho eseguito in prima esecuzione presso sedi prestigiose, quali l’Accademia Chigiana di Siena (Laboratorio di Composizione del M° Corghi), il Teatro Bibiena (Stagione del Conservatorio “Campiani” di Mantova), la Sala della Tromba di Trento (Ciclo “Musica Novecento”) e la Basilica di S. Silvestro a Trieste (Festival Trieste Prima).

Per l’anno 2016 si è concordato di presentare quattro compositori, con cadenza bimestrale. Si proporrà quindi Vincenzo Gualtieri, Gabrio Taglietti, Rolando Lucchi e Giorgio Colombo Taccani.

 

 

Chi è Giorgio Colombo Taccani

Giorgio Colombo Taccani (1961) ha svolto studi classici, laureandosi in Lettere Moderne all’Università Statale di Milano, sotto la guida di Francesco Degrada, con una tesi in Storia della Musica dedicata all’Hyperion di Bruno Maderna, alla quale è stato attribuito il “Premio Missiroli” da parte del Comune di Bergamo in occasione di un convegno dedicato al teatro musicale italiano del Dopoguerra. Parallelamente ha svolto studi musicali, diplomandosi in Pianoforte ed in Composizione al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano sotto la guida di Pippo Molino e Azio Corghi, conseguendo in seguito il Diploma al corso di perfezionamento in Composizione tenuto da Franco Donatoni all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia in Roma, dove ha ottenuto una borsa di studio SIAE. Ha inoltre seguito corsi di perfezionamento con Azio Corghi e György Ligeti ed è stato selezionato per il workshop IRCAM 1995 dedicato all’informatica musicale.

Sue composizioni sono state premiate o segnalate in concorsi nazionali ed internazionali, sono regolarmente eseguite in tutto il mondo, trasmesse da emittenti radiofoniche e, a partire dal 1989, sono pubblicate dalle Edizioni Suvini Zerboni di Milano.

Dal 1991 al 2001 si è occupato di musica elettronica presso lo studio AGON di Milano. Dal 1992 al 1999 ha insegnato Composizione alla Civica Scuola di Musica di Milano. Dal 2005 collabora con il corso di Direzione d’Orchestra per il repertorio contemporaneo tenuto dapprima da Giorgio Bernasconi e in seguito da Arturo Tamayo presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano. Dal 1999 insegna Composizione presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino.

 

L’INTERVISTA

Giorgio Colombo TaccaniCome descriverebbe il panorama della musica contemporanea del momento e il suo sviluppo negli ultimi decenni?

La musica contemporanea vive un periodo estremamente positivo, almeno dal punto di vista delle forze creative presenti. Come dovrebbe ormai risultare chiaro a tutti, l’allentamento di alcuni dogmatismi aggressivi – che, pur dando vita a capolavori, avevano paralizzato e inibito il dispiegarsi di esperienze molteplici – ha portato negli ultimi decenni ad un’esplosione di percorsi spesso molto diversi fra loro e altrettanto spesso caratterizzati da una forte tendenza alla comunicazione e ad un linguaggio di decodificabilità non impossibile. Ovviamente un’apertura così vasta di possibilità ha talvolta portato a risultati eccessivamente semplicistici o rudimentali, quando non a restaurazioni di esperienze e stili ormai storicizzati e lontani nel tempo. Risulta comunque evidente come anche questo sia un rischio che debba essere corso. Certo, questo discorso vale per gli aspetti creativi e per le tendenze linguistiche in atto. Dal punto di vista organizzativo e strutturale il panorama è invece problematico, essendosi notevolmente assottigliato il sostegno economico pubblico e privato a favore della musica contemporanea. Ciò è però coinciso con il moltiplicarsi di solisti ed ensemble animati non certo da calcoli mercantili quanto da vero interesse ed entusiasmo (a volte al limite del sacrificio vero e proprio), per cui il livello esecutivo che un compositore di oggi si può attendere è mediamente superiore rispetto a qualche decennio fa.

Come vede il proprio operato compositivo all’interno di esso?

Riagganciandomi alla parte finale della risposta precedente, devo per prima cosa ringraziare tutti gli splendidi strumentisti che ho avuto, almeno negli ultimi due decenni (credo davvero di non aver avuto più di due o tre esecuzioni discutibili). Questo mi ha permesso di valutare serenamente il mio operato, senza alibi. Non credo che le mie modalità compositive abbiano avuto grandi cambiamenti in questo periodo, quanto piuttosto un affinamento dei mezzi e delle prospettive (o, almeno, così mi piace credere). Sono totalmente estraneo a qualsiasi atteggiamento restaurativo e di retroguardia (come del resto guardo con sospetto commistioni e ibridazioni fra generi diversi), ma al tempo stesso ritengo essenziale creare una rete di riferimenti e di percorsi che risultino il più possibile chiari e riconoscibili all’ascolto. È quindi sempre essenziale per me avere una chiara impalcatura strutturale complessiva che valorizzi in maniera meditata il gioco di ritorni e di evoluzione delle varie situazioni proposte dal pezzo. Le maglie di tale struttura possono risultare più o meno ampie da un lavoro all’altro, ma consentono sempre ampie zone delegate alla decisione istintiva, all’estro del momento. Al tempo stesso le stesse situazioni musicali cercano di giocare con figure estremamente connotate e riconoscibili, come anche con un numero molto limitato di risorse armoniche; è forse questo l’aspetto che più ho messo a fuoco nel tempo, uscendo progressivamente dagli obblighi di una costante variazione dei materiali che spesso andava a discapito della loro riconoscibilità.

Può descriverci Recitativo?

Potremmo definirlo un arco che, muovendosi dal registro grave iniziale, articolato con gesti lenti e mediante un numero estremamente ristretto di suoni utilizzabili, giunge progressivamente alla situazione opposta, ovvero a figure molto agitate nel registro acuto dello strumento, con una tavolozza armonica assai ampia. Il tutto avviene con alcuni intermezzi e con piccole deviazioni di percorso, peraltro facilmente identificabili; il risultato espressivo che desideravo raggiungere rispettando queste coordinate di massima era quello di un lavoro spesso esitante, espressivamente mobile e vario, ma che, attraverso questo assetto complessivo chiaramente percepibile, potesse trovare comunque delle linee-guida efficaci per l’ascolto.

Anche in questo lavoro, pur cercando di non mortificare l’aspetto più apertamente comunicativo ed immediato della pagina perdendomi unicamente dietro ad elucubrazioni astratte, è presente la mia abitudine di crearmi delle impalcature formali e strutturali particolarmente attente, che possano collegare in maniera logica l’intera composizione, rendendone percepibile, anche se magari in modo non razionalizzabile all’ascolto, l’omogeneità e la coerenza generale. Abbiamo infatti una successione di dodici episodi, che, nella diversità delle rispettive dimensioni e caratteristiche figurali, risultano collegati fra loro sia – come accennato prima – per il fatto di appartenere ad un unico, più ampio disegno formale, sia per alcuni richiami più evidenti. Le affinità sono talvolta molto evidenti: nell’episodio indicato come “Drammatico” viene sviluppato ed ampliato il gesto accordale violento introdotto dall’irruzione del “Subito nervoso” precedente. Un altro esempio è dato inoltre dalla figura discendente che passa dall’episodio “Molto rubato, espressivo” al vicino “Agile” per riapparire verso la fine con carattere decisamente “Agitato”. Sono riferimenti volutamente chiari, allo scopo – ancora una volta – di guidare e orientare l’ascoltatore attraverso la narrazione proposta da Recitativo.

L’episodio definito “Subito nervoso” appare poi come un refrain. È l’unico elemento, sostanzialmente sempre uguale a se stesso, che taglia in maniera irregolare il decorso del pezzo; un gesto che, nella sua riconoscibilità, si pone come ulteriore momento orientativo nella memoria d’ascolto: una sorta di intrusione improvvisa, che ogni volta stimola il percorso evolutivo della narrazione.

Un altro elemento evidente, a proposito di ritorni periodici, è anche l’accordo vibrato che compare per la prima volta nell’ottava battuta di Recitativo; questo gesto si colloca sempre in conclusione di ogni singolo episodio, riassumendo tutti i suoni non presentati dall’episodio stesso: si va quindi dall’accordo di nove suoni iniziale (anche se qui per ragioni di manualità, volendo sempre avere il raddoppio del re bemolle, è omesso il mi naturale), fino all’estinzione nei due re bemolli finali, attraverso apparizioni intermedie nelle quali tale accordo presenta spesso – un po’ sfacciatamente – la triade perfetta di re bemolle maggiore.

Avendo deciso di impostare formalmente Recitativo come una successione di singoli episodi, a volte molto brevi, mi sembrava molto importante che ognuno di loro potesse contare su un massimo grado di personalità e di riconoscibilità, per potersi ben distinguere da quelli immediatamente vicini; in questo lavoro gli improvvisi mutamenti dinamici assumono particolare importanza ed evidenza, anche perché, come dicevo prima, altri aspetti, come quello agogico e quello armonico-figurale, seguono percorsi più ad ampio raggio, volti a collegare in un disegno complessivo tutti gli episodi, e non si prestano quindi a questa opera di caratterizzazione locale.

Quali altri suoi pezzi sono legati alla fisarmonica?

Recitativo ha aperto la strada ad una serie abbastanza consistente di brani per fisarmonica in varie formazioni, scritti per un numero considerevole di committenti diversi. Ripercorrendoli in ordine non cronologico, ricordo innanzi tutto Aria di sortita, presentato da Teodoro Anzellotti alla mia prima partecipazione alla Biennale di Venezia nel 2001, che rappresenta il complemento speculare di Recitativo: ne vengono infatti percorsi a ritroso materiali e comportamenti, passando dalla euforica frenesia iniziale al congelamento delle ultime battute. Vi è poi la serie dei tre Diari di viaggio, che vedono una o più fisarmoniche in unione ad altri strumenti e materiali ben connotati come spunto di partenza: il primo, per violino e fisarmonica, si basa su un canto popolare ungherese ed è stato eseguito nel 2000 a Berlino da Susanne Zapf e Helmut Frauendorf; Secondo diario di viaggio, la cui prima esecuzione è avvenuta a Reggio Emilia sempre nel 2000 ad opera di Valentina Bardi, Antonio Mollicone e Corrado Rojac, vede due fisarmoniche, ora unite ad un saxofono contralto, elaborare materiali desunti da un celeberrimo tema di Duke Ellington, mentre Sin sueño – Terzo diario di viaggio, che invece ha visto la luce nel 2004 a Edimburgo per mano di Angel Luis Castaño e Ananda Sukarlan, abbina alla fisarmonica il pianoforte e risulta costruito su spunti ricavati dal raveliano Scarbo. Auge der Zeit, per voce femminile e ensemble su testi di Paul Celan, presenta la fisarmonica in organico. Ultimo lavoro dedicato allo strumento, e primo in cui si lega all’elettronica, è L’enigma dell’ora, nel 2006 per Davide Vendramin, dove la parte elettronica risulta costituita da trattamenti ed elaborazioni di materiali ricavati unicamente dalla fisarmonica stessa.