La comunità di Capodacqua di Foligno omaggia Luciano Fancelli

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Luciano FancelliSono trascorsi oltre sessant’anni dalla sua prematura scomparsa, ma le sue intuizioni e le sue celebri composizioni per fisarmonica sono del tutto attuali come se quel destino, così beffardo e avverso, si divertisse a giocare con il tempo riproponendoci la figura di un genio, che, come pochi altri, ha influenzato il modo di suonare e il gusto musicale di gran parte dei fisarmonicisti contemporanei. Capodacqua - Edificio Luciano FancelliNon dimenticano i nostalgici “maledicendo” quel fato che ci ha privato di chissà quanti e quali altri successi e non dimentica la piccola comunità di Capodacqua, che, dopo Foligno e Terni, ha “ospitato” questo indimenticabile artista nell’ultimo periodo di un’esistenza interrottasi a soli ventisei anni. Una comunità fortemente provata dal sisma del 1997, ma che ha saputo reagire, grazie anche al supporto delle istituzioni e dei tantissimi volontari che si sono adoperati per la ricostruzione di questo bellissimo borgo e che oggi, a vent’anni da quella tremenda esperienza, toglie il velo a una delle ultime strutture che andavano ricostruite dedicandola proprio al figliol prodigo, Luciano Fancelli. Capodacqua - Edificio Luciano FancelliUn edificio del 1600, coevo alla chiesa adiacente e che, fino a quel fatidico 26 settembre di due decenni fa, fungeva da scuola elementare e scuola materna. Ieri, primo di ottobre, il taglio del nastro alla presenza delle istituzioni locali e regionali, degli abitanti di Capodacqua e di una nutrita selezione di volontari Capodacqua - la fisarmonica di Luciano Fancelli(Alpini, Scout, Protezione civile giunti perlopiù dalla provincia di Trento) che accorsero nelle ore successive al dramma che colse tutta la regione, per dare sostegno morale e materiale ad una cittadinanza ferita. Una struttura polifunzionale, queste le intenzioni degli abitanti e degli amministratori al servizio della comunità, una struttura dove, perché no… fare musica proprio come amava fare quel giovane all’ombra delle due querce pochi passi più in là, la stessa musica che ieri, pochi istanti prima della cerimonia ufficiale, per mano del bravo insegnante Massimo Santostefano, echeggiava nell’aria…

Per non dimenticare!

LUCIANO FANCELLI

« Non più terra, né ombra, né voci, né orizzonti di limiti… tua salire, salire… e sole, e cieli accecanti, e pace dell’a­nima ».

(da’« La mia storia » di Lucia­no Fancelli).

Luciano Fancelli - articolo rivistaLuciano Fancelli nasce a Foligno il 10 aprile 1928, da genitori, Luigina ed Enrico, entrambi musicisti professionisti. Fin dalla prima infanzia, quindi, Luciano vive in un ambiente ove la musica è pane quotidiano, anche se la Sua personalità artistica si denota sotto un aspetto poliedrico. Sa rappresentare graficamente, infatti, immagini naturali e fatti di vita quotidiana con la stessa capacità e con la stessa facilità con le quali si avvicina agli strumenti musicali, il pianoforte e la fisarmonica, e con la stessa padronanza con la quale esprime per iscritto idee e sensazioni senz’altro precoci per la Sua giovane età. La scelta decisiva, forse inconsciamente, Luciano la compie durante il periodo bellico quando, quindicenne, si trova con i suoi «sfollato» a Capodacqua. Forse il tanto tempo disponibile, forse una certa «pressione» dei genitori, certo la Sua predisposizione per la musica, lo spingono a dedicarsi completamente alla fisarmonica. Studia otto-dieci ore al giorno, senza fatica e con enorme passione, compie progressi rapidissimi, stupisce i genitori. Suoi maestri quotidiani, incanta chi lo ascolta. A Capodacqua chi ha superato gli «anta», Lo ricorda per quella Sua completa dedizione allo studio, che spesso esegue all’aperto sotto l’ombra della cosiddetta «quercia di Leandro», per la giovialità del Suo carattere, per la vivacità e la ricchezza delle Sue esecuzioni.

Finita la guerra Luciano si trasferisce a Foligno, ove i Suoi genitori sono impegnati in un complesso che si esibisce in una «cantina» alleata. È in quell’ambiente che Luciano affina le Sue qualità e comincia a dare libero sfogo ad un’altra delle attività che contraddistingueranno il Suo personaggio: quella di compositore. A 15 anni, ormai stabilitosi di nuovo a Terni, ove completa anche gli studi da geometra, è un autentico vulcano, sempre in eruzione. È diventato esecutore di fisarmonica eccezionale, come tecnica e come interpretazione, esegue con il Suo strumento, primo in Italia, autentici concerti dì musica «seria» con un repertorio che comprende Beethoven, Bach, Volpi, Verdi, Mascagni; vince concorsi nazionali ed internazionali; dà vita ad un Suo complesso di musica leggera al quale imprime la Sua personalità artistica e la Sua grinta musicale.

Come compositore non è da meno: compone canzoni: la famosa «Non così», che diverrà la Sua sigla musicale, «Basta con le sambe», «Au revoir mademoiselle» ed altre; compone brani ancora oggi «classici» per fisarmonica: «Acquarelli cubani», «10 chilometri al finestrino», «Echi della Versilia», «Cartoni animati », «Stranezze», «Helzapopping»; rielabora brani famosi come «La cumparsita» e «Malaguena».

Nel 1947 viene invitato alla RAI per una audizione. Il maestro Froman gli concede 5 minuti per farsi ascoltare, ma quando sente il primo brano di Luciano, esce di corsa dalla sala di audizione e torna di lì a poco con altri Maestri: Nicelli, Segurini, Donadio, Da Vice, ai quali fa ascoltare quel «miracolo di novità esecutive ed interpretative». La RAI gli affida le rubriche: «Voci e strumenti in libertà » e « Luciano Fancelli e la sua fisarmonica». A 20 anni Luciano è ormai arrivato ed è entrato di prepotenza nel mondo della musica, così come nello stesso periodo sono riusciti a fare alcuni Suoi amici come Gervasio Marcosignori e Aldo Ceccato.

Ma quando tutto sembra sorridere a Luciano e alla Sua arte si compie la tragedia. Il 1951 e il ’52 sono anni pieni per Lui che brucia letteralmente il tempo tra concerti, esecuzioni, trascrizioni, composizioni e programmi anche non musicali. Si è infatti fidanzato con una ragazza di Viareggio ed ha già programmato i tempi della Sua vita sentimentale. Purtroppo il Destino non Io asseconderà. Conclude il 1952 con una esibizione alla RAI nella trasmissione «Rosso e Nero», con un brano che sembra un presagio «Malaguena» di Lequona e con una interpretazione d’eccezione; l’ultimo giorno dell’anno partecipa ad una serata musicale e suona fino a notte inoltrata, il 1° gennaio 1953 si sente stanco, sembrano i postumi della fatica del giorno precedente ed invece sono i primi sintomi del male che lo condurrà alla morte. Il 2 gennaio si mette a letto e malgrado cure, ricoveri ospedalieri, consulti muore il 24 gennaio 1953 a soli 25 anni di età. Non ha nemmeno la soddisfazione di vedere raggiunti altri traguardi: negli ultimi giorni, infatti, quando ormai non ha più la forza di sentire e di pensare gli giungono un telegramma della RAI che lo convoca per una trasmissione particolare a Lui dedicata ed una lettera del cantante Natalino Otto, allora molto in auge, che Gli prepone una collaborazione diretta.

La notizia della morte di Luciano Fancelli colpisce dolorosamente, e veramente, tutti coloro che lo avevano conosciuto come uomo e come artista: la RAI il 14 febbraio 1953 mette in onda una trasmissione commemorativa di Luciano, giornali e riviste specializzate e non, parlano di Lui e della Sua breve, intensa avventura artistica in termini d’eccezione.

Ancora oggi Luciano Fancelli è ricordato dai cultori della fisarmonica come una figura che ha dato una svolta ed un’impronta alla storia musicale del più italiano degli strumenti.

Non per nulla diverse scuole di fisarmonica sono state intitolate a Luciano Fancelli, prima fra tutte quella diretta dal Maestro Elio Boschello di Mirano (Venezia), che ha offerto le sue prestazioni per la serata commemorativa di Luciano che si tiene a Capodacqua, il paese ove Egli crebbe musicalmente, l’11 settembre 1976.

1952 Luciano Fancelli - articolo UnitàUNA PROMESSA MANTENUTA

Luciano FANCELLI torna questa sera a Capodacqua. Quasi a tener fede ad un impegno preso 24 anni fa. Era la tarda estate del 1952 quando Luciano venne per l’ultima volta nel paese che l’aveva visto crescere musicalmente quando, durante il periodo bellico, studiava il suo strumento per otto-dieci ore al giorno. Era reduce dalla stagione estiva effettuata con M suo complesso sulla Riviera Adriatica ed aveva suonato per una serata da ballo alla «Montagnola» di Foligno, un dancing allora di moda ed oggi scomparso. Alcuni amici di Capodacqua lo andarono ad invitare perché passasse un paio di giorni tra di loro. Accettò con l’entusiasmo di sempre e a fine serata si trasferì a Capodacqua a bordo di un motorino abbastanza «scassato» di proprietà di uno dei suoi amici di quassù.

Fu un soggiorno brevissimo, appena due giorni, ma sufficiente per rafforzare le vecchie amicizie e per accattivarsi nuove simpatie. II suo carattere aperto, l’esuberanza dei suoi vent’anni, l’assoluta mancanza di presunzione favorirono il contatto con la gente di Capodacqua, al punto che quando l’ultima sera della sua permanenza in paese si organizzò un concerto all’aperto, nessuno restò in casa. Tutti erano m piazza, di fronte all’Ufficio Postale ove si tenne l’esibizione di Luciano, e tanta gente, non si sa come messa al corrente, era giunta dalle frazioni vicine e dalla stessa Foligno. Fu una serata indimenticabile che in tanti a Capodacqua ancora rammentano, fu una vera festa di musica e d’amicizia che è un peccato che i giovani dì oggi non abbiano vissuta.

Il giorno dopo, partendo, Luciano dette appuntamento a tutti per l’anno successivo, ma a quell’appuntamento Egli è mancato perché così volle il Destino che interruppe la Sua poliedrica attività in un piovoso pomeriggio del gennaio 1953.

Questa sera non sarà Lui a suonare, è vero, ma è come se la fosse per Capodacqua e per i capodacquesi, al punto che nei tanti fisarmonicisti che si succederanno sul palco noi  Lo vedremo e lo risentiremo.

E gli applausi che alla fine di ogni esecuzione saliranno dalla platea, saranno un po’ anche per Luciano, tornato 24 anni dopo a Capodacqua tra gli amici di un tempo, per tener fede ad un impegno, ma oltre tutto per consacrare una intera serata alla fisarmonica, lo strumento nel quale Luciano identificò la Sua stessa esistenza e che Egli imparò profondamente a conoscere proprio a Capodacqua, nei lungo periodo dello «sfollamento».

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«Via Luciano Fancelli»; esatto; da martedì 4 dicembre 1967 Terni ha una strada intitolata al suo fisarmonicista immaturamente scomparso nel 1953. Lo ha deciso il Consiglio Comunale della città, su proposta della sezione toponomastica, ritenendo la figura dell’Artista e il valore dell’Uomo elementi, sufficienti perché il Suo nome fosse ricordato nel tempo, ai posteri: dall’alto, di una lapide, all’inizio di  una strada cittadina.

Questo ultimo riconoscimento dei meriti artistici di Luciano Fancelli ci ha spinto a scrivere ancora una volta di Lui. Anche perché proprio in questi giorni (24 gennaio) ricorre il 15° anniversario della Sua scomparsa. Ma una volta tanto vorremmo non parlare esclusivamente di Luciano quale musicista, bensì cercare di inquadrarlo come uomo, di metterLo a fuoco nei Suoi contorni eminentemente umani, centrarlo, nei limiti del possibile, nella Sua poliedrica personalità.

Nei limiti del possibile, s’è detto, ed è ovvio dal momento che gli anni hanno velato i tanti ricordi che si avevano di Luciano, la precisa determinazione del Suo carattere e del Suo modo di fare. Luciano musicista è ancora tra noi, non c’è dubbio, per rìvederLo basta riascoltare un Suo disco, rileggere qualche rigo della Sua musica, ma Luciano come uomo ci è più lontano è meno definito; diviso da noi da 15 anni che purtroppo non sono passati senza danno.

È stato per questo, per ritrovarlo cioè nelle Sue espressioni e per rìvederLo nella Sua figura, che abbiamo cercato qualche testimonianza di chi lo avvicinò in vita, qualche aneddoto raccontato dai Suoi amici di un tempo, qualche frase stralciata da un Suo diario. Forse riportando tali testimonianze, aneddoti, frasi anche chi non conobbe Luciano potrà rendersi conto che i Suoi meriti, il Suo valore, la Sua carica di simpatia non erano frutto soltanto della Sua bravura quale musicista, ma forse proprio della Sua personalità di ragazzo eternamente gioviale, sereno e leale.

«Mi accingo a scrivere queste righe in un giorno qualunque della mia vita. Ho vent’anni, la vita mi sorride, presto avrò una sistemazione e potrò formarmi una famiglia alla quale ho intenzione di dedicare tutto il futuro». Sono le prime parole di un diario che Luciano, intitolò «La mia Storia» e che iniziò a scrivere nel 1949, appuntò all’età di vent’anni. Un diario non cronologico, ma riassuntivo di fatti, di impressioni, di sensazioni ricordate così a caso senza un ordine logico.

E nelle frasi di premessa del diario c’è già tutto Luciano: La Sua modestia, la Sua irrefrenabile gioia di vivere, le Sue speranze, la Sua lealtà.

ERA UN MODESTO, Luciano, e per tutti può valere un aneddoto: si trovava alla sede di Roma della RAI per la prima audizione. Il maestro Froman, allora supervisore per la musica leggera, gli aveva concesso dieci minuti per farsi ascoltare. Poi i dieci minuti diventarono un’ora perché Froman chiamò Nicelli, quindi Segurini, poi Donadio e Da Vico, tutti i maestri insomma che riuscì a reperire nella sede RAI, affinché ascoltassero i virtuosismi di Fancelli. Alla fine dell’«ora di dieci minuti» i maestri si strinsero intorno a Luciano e si complimentarono con Lui. Il Nostro stava riordinando la Sua musica sotto quella «bordata» di congratulazioni quando uno dei maestri esclamò: «Bellissima, chi l’ha disegnata?» Si riferiva alla copertina di una trascrizione per fisarmonica della «Toccata e fuga in Re minore» di Bach, copertina raffigurante l’interno di una cattedrale gotica e interamente colorato a tempera. «Oh, niente dì eccezionale – rispose Fancelli – l’ha fatto un mio amico… Niente di eccezionale, forse, se a dipingere quella copertina non fosse stato lo stesso fisarmonicista ternano. E dal ritorno a casa quando Gli fu chiesto perché avesse risposto a quel modo, Luciano si schernì: «Che volete mi stavano facendo tanti complimenti per come avevo suonato, che mi sembrava esagerato dire che avevo dipinto anche la copertina. Avrebbero potuto pensare che sapevo fare tutto io».

ERA UN VERO ARTISTA, Luciano, completo ed interessato al di là della stessa musica: lo confermano i Suoi disegni ed i Suoi dipinti (casa Fancelli ne ha tutt’ora le pareti tappezzate), lo conferma il Suo estasiarsi di fronte ad uno spettacolo della natura (un cumulo di nubi, i colori del cielo al tramonto), lo conferma quel suo infiammarsi all’ascolto di un brano di musica sinfonica, lo conferma quell’entusiasmarsi, già all’età dì 8 anni, di fronte ad un accordo ricavato strimpellando le prime volte il pianoforte.

ERA LEALE, Luciano, al punto di fermarsi per via ad ascoltare due fisarmonicisti ambulanti e dire poi a Suo padre che era con Lui: «Ma questi suonano molto meglio di me».

ERA SINCERO, Luciano, specie con sé stesso: «Ricordo – scrive nel Suo diario a proposito dell’adolescenza – che avevo una discreta tendenza per il disegno, un amore profondo per la musica e una voglia matta di non far niente a scuola». Ed un fatto può essere preso a conferma della sua sincerità: dopo il primo ciclo di trasmissioni alla RAI vi fu un lungo periodo di pausa. Tanto lungo che Luciano diceva chiaramente che il suo «momento» radiofonico si era concluso. Poi un giorno, inatteso, arrivò un telegramma della  RAI che Lo invitava alla trasmissione «Rosso e Nero», un programma di altissimo ascolto a quei tempi. E Luciano, riferendosi al fatto che in nessun modo aveva sollecitato quella ripresa delle esibizioni radiofoniche, anche se ovviamente la desiderava moltissimo, esclamò all’arrivo del telegramma: «Queste sì che sono soddisfazioni».

ERA ALLEGRO, Luciano, aveva sempre una battuta di spirito, era sempre pronto a raccontare simpaticamente le ultime «barzellette». Un paio di esempi su questo aspetto del Suo carattere.

Sotto una Sua fotografia c’è scritto di Suo pugno: «A Luciano Fancelli da me stesso. Grazie!» E ancora: Una volta stava andando alla stazione per prendere il treno per Roma ove lo attendeva una trasmissione radiofonica. Un cocchiere di una di quelle «carrozzelle» che un tempo sostavano fuori dalle stazioni ed oggi sono pressoché scomparse, vedendolo carico della fisarmonica gli offrì i suoi servigi: «Carrozzaaa?» chiese il cocchiere. Luciano si fermò, posò in terra la «fisa» e tutto serio chiese: «Mi ci porta a Roma in due ore?» Il fiaccheraio ci pensò un momento e poi: «No – disse – non credo proprio di farcela». « Allora –  riprese Luciano sempre molto serio – prendo il treno».

ERA UN AMICO TRA GLI AMICI, Luciano, la Sua amicizia veniva concessa a prima vista, spontaneamente senza reticenze. E come la concedeva, l’amicizia, la cercava, la esigeva quasi, forse perché non concepiva un sentimento migliore e più profondo di quello.

ERA INNAMORATO DELLA MUSICA, Luciano, molto più profondamente di quanto non si pensi: «…cercavo – scrive ancora nel Suo diario – di cavar fuori dalla tastiera quello che mi ronzava dentro eternamente, meravigliosamente». Era sufficiente chiederGlì di suonare per renderLo felice e per non sentire un rifiuto, purché potesse suonare alla Sua maniera ed il genere di musica che più Gli era caro. Nel settembre del 1952, quattro mesi prima della morte, capitò dopo tanti anni nel paesino ove durante la guerra era stato sfollato ed ove studiando anche otto ore al giorno era divenuto padrone di tutti i segreti della fisarmonica. II Suo arrivo fu un avvenimento per quella gente di campagna, ci furono feste e riconoscimenti e tutto culminò con uno spontaneo concerto tenuto da Luciano in piazza di fronte a tutti gli abitanti del paese in mezzo a tanti applausi e tanti consensi. Nel luogo ove aveva imparato a tenere in mano la fisarmonica Fancelli aveva ottenuto un riconoscimento spontaneo e sentito. «Questa sera – confidò dopo l’esibizione in piazza – sono felice come se avessi suonato di fronte ad un pubblico di eccezione. Sono contento, veramente, che questa gente sia tanto soddisfatta».

ERA CONTENTO, Luciano, di vedere gli altri felici, era contento perché molti Suoi sogni si erano realizzati e non nascondeva questa Sua felicità: «Dolci sogni miei fatti un giorno realtà – scriveva ancora nel «La sua Storia» – quanto vi voglio bene sogni miei e quanto voglio bene a questa vita che mi ha dato la grande gioia di vederli realizzati. Se penso che il destino è stato così caro con me – prosegue Luciano – da rendermi vero tutto quello che ho tanto, tanto desiderato allora capisco come ci si possa sentire debitori verso Dio di una vita infinitamente bella».

ERA PIENO DI GIOIA DI VIVERE. Luciano, lo dimostrava e lo scriveva: «Sono l’uomo più felice della mia generazione – annotava nel Suo diario parlando del Suo amore per una ragazza – perché penso che una tale fortuna sia toccata solo a me». E più avanti: «Quando ricco diverrò allora ti comprerò… un bel sogno».

Questo era Luciano FANCELLI. Correndo dietro ai ricordi, agli aneddoti, ai Suoi scritti ci sarebbe da compilare un libro; noi spuntando qua e là abbiamo solo cercato di inquadrarlo sotto quegli aspetti ignoti ai più. Compito arduo, indubbiamente, ma era necessario farlo perché si potesse illustrare chi fu Colui ai quale il Comune di Terni ha intestato una strada cittadina: «VIA LUCIANO FANCELLI» dice aridamente la lapide. Noi abbiamo dovuto scrivere un articolo per tentare di far conoscere la personalità dell’Uomo; Luciano ci sarebbe riuscito con poche parole, forse le stesse che scrisse sul retro di una busta inviata alla fidanzata e che ce Lo inquadrano meglio di tante frasi: «Spedisce Luciano Fancelli. Che importa dove abita? Egli è sempre nel cielo e nell’aria come tutti gli spiriti beati che da un essere profondamente amato traggono ogni atomo di vita e di sostegno ». C.F.

FARFISA – LA PRESENTAZIONE DELL’ARTISTA