Musica, legge morale, forma dell’invisibile

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Musica astrattaSTRUMENTI&MUSICA n. 15 / Giugno 2011

Tentare di essere musicisti nel nostro sistema sociale: lottare per il Successo in un mondo competitivo e misurare il proprio valore personale in base al grado di Successo accordato da questa società e da una ristretta cerchia di specialisti. Sfidare la paura che in tutto ciò si alimenta. E sfidarla con il controllo meccanicistico dei gesti, del pensiero, delle emozioni.

E allora: centinaia di pubblicazioni intorno ai rimedi alla paura del palcoscenico; psicofarmaci prescritti ufficialmente (e appoggiati da diversi insegnanti universitari tedeschi) a studenti di tutte le età, allo scopo dichiarato di “evitare emozioni che potrebbero impedire di mostrare le qualità vincenti”; lezioni di tecnica strumentale, impartite anche con mezzi informatici, in cui, ignorando anche le più elementari acquisizioni scientifiche sul funzionamento del sistema nervoso, ogni gesto viene sezionato in tante parti controllabili razionalmente – tira su la spalla, ruota il mignolo, abbassa il polso, se non riesci non preoccuparti, ti mettiamo un bel tutore e vedrai che così imbalsamato imparerai, se proprio non sei totalmente incapace, come ci si muove per “avere una tecnica fantastica” -; lezioni di interpretazione, laddove il termine “interpretazione” viene incredibilmente rivisto e corretto (ad uso e consumo di magici insegnanti che conoscono segreti fino ad ora mai svelati) in “studio del carisma”, e cioè “dell’insieme dei gesti che l’interprete compie per trascinare il pubblico”, lezioni basate sull’organizzazione controllata e controllabile di una serie di gesti in cui lo strumentista (i fisarmonicisti in particolare sono bravissimi in questo) ammicca, sorride (Richard Galliano commenta a proposito: cosa c’è da ridere?) danza, sobbalza, si alza (e se è una donna magari riesce anche a studiare come lanciare un orecchino con un gesto della testa nel climax del pezzo), costruisce una maschera gestuale studiata a priori con l’ausilio di una telecamera, vera protagonista di un processo di costruzione e verifica di una fare stereotipato, staccato dalla essenza della musica e costruito in modo da avere però il sapore della freschezza e della naturalezza.

Falso. Fino in fondo.

Ma Competere e Vincere è più importante. Che mania, quella degli strumentisti, di competere: sempre a cercare di stabilire chi sia il PIU’ BRAVO… (perché mai non è proprio così tra pittori, scultori, scrittori…?)

E allora tecnica meccanicistica e carisma: le carte vincenti dei fisarmonicisti del futuro.

Un Uomo ricco di potenzialità, questo, capace di escogitare così tanti dispositivi per costruire l’Immagine Vincente e dominare soprattutto sé stesso, ma con una visione di sé ben riduttiva, quando cerca le risorse fuori e non dentro di sé (contro la natura umana che quando crea è, come la natura stessa, perfetta e imperfetta allo steso tempo) e si costruisce come un assemblaggio di trucchi attivati con astuzia dove ben poco è lo spazio per quella “vita dell’anima” così ineffabile e indescrivibile da non avere parola ma suono.

Ma è davvero questo, fare Musica? Davvero è questa la dimensione che vogliamo per noi musicisti, per i nostri studenti, è questo il pubblico che vogliamo per la nostra arte? E vogliamo proprio un fare Arte posto a servizio del delirio di onnipotenza di cui spesso, nella storia, gli artisti sono stati vittime, laddove creare non è mezzo di individuazione ed espressione, ma produzione di modelli e potere?

La musica è una legge morale: essa dà un’anima all’universo, le ali al pensiero, uno slancio all’immaginazione, un fascino alla tristezza, un impulso alla gaiezza e la vita a tutte le cose. Essa è l’essenza dell’ordine ed eleva ciò che è buono, giusto e bello, di essa è forma invisibile, ma tuttavia splendente, appassionata ed eterna.

Così scriveva Platone, più o meno nel 400 a.C. e oggi, accanto a musicisti, poeti, filosofi e psicologi, anche la scienza corre in nostro aiuto a segnalarci che possiamo avere maggiore fiducia nella natura umana e nell’Arte.

Vediamo in breve alcune “informazioni” utili. Moltissimi sono gli studi scientifici intorno alla relazione tra Uomo e Suono in tutte le sue manifestazioni. Ci riferiamo qui di seguito in particolare ad una splendida sintesi operata da Ida Maria Tosto, ne “La Voce Musicale”, EDT 2009.

“Il funzionamento del sistema complesso che è l’Uomo si basa su autorganizzazione e differenziazione. È l’orientamento del sistema nervoso, guidato da necessità, bisogni, scelte di tipo affettivo, intellettivo, culturale, che determina il livello di differenziazione e quindi le modalità di organizzazione. Il sistema si autoregola grazie alla sinergia delle sue componenti”. La sfera sensoriale, quella motoria e quella psichica sono interdipendenti; il sistema nervoso “impara” la ottimale organizzazione del movimento attraverso la percezione sensoriale in un processo mai disgiunto dalla motivazione intrinseca, quella – per intenderci – che ci sostiene nel fare ciò che ci piace e come ci piace e non per piacere ad altri. Il puro meccanicismo non ha senso in quanto le sequenze motorie vengono per così dire “registrate” dal cervello nella loro totalità: “sempre in relazione con dimensione affettiva, le sequenze motorie agite e ripetute, generano un confronto (quindi un richiamo della loro relazione) con le sensazioni tattili, uditive e cinestetiche. Attraverso un feed-back percettivo ad ampio raggio, si creano degli schemi di azione che, proprio per la loro relazione percettiva con tutte le dimensioni di cui sopra, vengono interiorizzati in corrispondenza a rappresentazioni mentali di modelli sensomotori. La sequenza motoria viene quindi interiorizzata come globalità sensomotoria. Con il ripetersi e il progredire dell’esperienza (quindi ogni volta che la sequenza motoria viene ripetuta) questi modelli-schemi vengono ampliati, chiariti, soprattutto riorganizzati continuamente e così utilizzati nell’attività esecutiva. […] Nella relazione col suono il corpo viene messo in azione a tutti i livelli, grazie ai collegamenti messi in atto dal sistema nervoso, secondo il concetto cibernetico del feed-back […]

Grazie a una complessa serie di circuiti cibernetici, che chiamano in gioco più parti del corpo e che vengono controllati e coordinati dall’orecchio nella sua unità cocleo-vestibolare, il sistema nervoso garantisce la regolazione neurofisiologica dei processi senso-motori implicati nell’attività vocale e strumentale. […] Una delle funzioni più importanti dell’orecchio è quella di ricarica energetica del sistema nervoso. Esso, infatti, per espletare le proprie funzioni ha bisogno, oltre che del nutrimento chimico-biologico e dell’ossigeno, di energia neuronale che viene fornita da stimoli sensoriali e motori. Tra questi stimoli, l’energia sonora trasmessa occupa un posto molto importante. […]

È scientificamente provato che suonare e cantare risponde al bisogno di espressione e conoscenza di sé, permette all’uomo di comunicare e dialogare con l’ambiente attraverso la vibrazione sonora e il feed-back acustico e, grazie alle componenti frequenziali più acute del suono, contribuisce ad alimentare il sistema nervoso di quelle stimolazioni sensoriali che gli sono necessarie per mantenersi vitale. […] Si prospetta, dunque, un diverso equilibrio tra il fare e il percepire, tra la responsabilità del creare il suono e la disponibilità a reagire ad esso e in questa visione si rinforza l’idea che il suono non è semplicemente un prodotto dell’uomo, ma piuttosto una dimensione dell’essere umano della cui importanza, è bene essere consapevoli, se ne vuol trarre vantaggio per il proprio benessere. […] In questa visione dell’Uomo, che vede la struttura del corpo-sistema nervoso come un tutt’uno con la parte psichica (la scienza incontra la filosofia, la psicologia umanistica, le scienze umane in generale), l’esperienza di apprendimento include ascolto e stimolazione di tutta la persona, e l’ Arte come un percorso di verità, integrazione di esperienze in una organizzazione ricca e complessa”. (Tosto, 2009)

L’affermazione di San Tommaso: “Le parole convincono ma è la testimonianza che trascina” trova allora un fondamento non solo sul piano storico-filosofico, ma anche su quello scientifico. Così pure per il pensiero di illustri musicisti (una su tutti, Kato Havas che ha dedicato molti scritti recentemente pubblicati all’argomento) che afferma che la paura non ha alcuna ragion d’essere quando si sta sul piano della verità interiore nutrito da uno studio complesso, funzionale e consapevole e mai meccanicistico. È ciò che accade sul piano psichico e neurologico dell’Uomo quando si organizza, crea e si esprime con il suono, che non ha separazione meccanicistica e non vuole “trucchi” ed è in grado di creare in chi guarda e ascolta una risonanza profonda a tutti i livelli dell’essere (si vedano ad esempio le acquisizioni delle teorie sui cosiddetti neuroni specchio). In fondo ognuno di noi sa che c’è qualcosa di “sacro” e allo stesso tempo “fisico” e tangibile nella più piccola sfumatura percettiva, tanto sensoriale quanto emotiva o del pensiero, che prende corpo sonoro nella sinergia di tutte le abilità dello strumentista.

Che ne è ora dei nostri interrogativi: Usare il sistema nervoso per controllare o per creare?

Suonare uno strumento come un’abilità tecnica o come una forma di creatività? Imporre un’immagine vincente o dare e ricevere comunicazione musicale? Valutare il successo nei termini di: Bravo (meglio se Il Più Bravo) e Ottimo (meglio se Il Migliore) strumentista o nei termini di: Essere in uno stato che permette di trasmettere Musica e regalare una parte di Sé all’ascoltatore?

Il pensiero di Jung sembra esserne l’unica risposta:

Il processo creativo, per quanto possiamo seguirlo, consiste nel ridestare gli eterni simboli dell’umanità che riposano nell’inconscio, sviluppandoli e dando loro forma fino ad ottenere la perfetta opera d’arte. Colui che parla con immagini primordiali, è come se parlasse con mille voci; egli afferra e domina e, contemporaneamente, eleva ciò che ha disegnato dallo stato di precarietà e di caducità alla sfera delle cose eterne; egli innalza il destino personale a destino dell’umanità e al tempo stesso libera in noi tutte quelle forze soccorritrici, che sempre hanno reso possibile all’umanità di sfuggire ad ogni pericolo e di sopravvivere persino alle notti più lunghe…
Questo è il segreto dell’azione che può compiere l’arte.”

 

Bibliografia essenziale
Ausubel D.P., 2004, Educazione e processi cognitivi, Franco Angeli
Tosto I. M., 2011, La Voce Musicale, EDT