Musiche tradizionali e musiche popolari. Intervista a Roberto Lucanero

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Roberto LucaneroRoberto Lucanero è musicista ed etnomusicologo. È attivo come fisarmonicista, organettista, suonatore di organo portativo medievale, compositore, didatta, saggista. Si forma musicalmente nella scuola Mugnoz di Loreto, dove studia fisarmonica, pianoforte, armonia e analisi musicale. Fin dall’adolescenza inizia l’attività di musicista, spaziando tra musica contemporanea, jazz, canzone d’autore e folk. Allievo di Roberto Leydi e Giampiero Cane, si laurea in etnomusicologia al DAMS di Bologna con una tesi di laurea dal titolo “L’organetto nelle Marche centrali”. Nel 2011 pubblica “Marchigianista”, album dedicato alla musica e alla cultura della sua terra, le Marche. Insegna stabilmente organetto diatonico presso la Civica Scuola di Musica Paolo Soprani di Castelfidardo e la Scuola Popolare di Musica di Fermo. Tiene regolarmente laboratori di danze tradizionali e conferenze sulla musica e la danza tradizionale sia in Italia che all’estero. Come musicista è attivo in solo, con il trio che porta il suo nome, con il Canzoniere Piceno Popularia, in duo con Marco Meo (cantante, tamburellista), in duo con Paolo Filippo Bragaglia (tastierista, compositore). Nel marzo 2014 debutterà al festival Printemps des Bretelles di Illkirch-Graffenstaden (Francia) con il gruppo internazionale Pentakkordeon, capitanato dall’organettista colombiano Antonio Rivas e comprendente Joseba Tapia (Paesi Baschi), Peter Ralchev (Bulgaria), Serge Desaunay (Francia), Johanna Juhola (Finlandia).

Quando hai iniziato a suonare e perché?

Ho iniziato a suonare la fisarmonica a piano in seconda elementare. Nella scuola a tempo pieno che frequentavo veniva a fare lezione, una volta a settimana, un maestro di musica. Era il maestro Edgardo Mugnoz. Decisi da solo che volevo iniziare a suonare la fisarmonica… senza averne mai vista una prima! La mia famiglia mi assecondò. Scoprii poi che il mio bisnonno materno aveva costruito voci per fisarmonica, che mio nonno materno era stato un “ripassatore” molto attivo, che anche mio padre aveva lavorato come “vociarolo” e che mia madre sapeva impellare le voci, incerare e … suonare la fisarmonica!!!

Nella mia terra, nella zona della valle del Musone, tra Castelfidardo e Recanati, genealogie del genere non sono rare: siamo la terra della fisarmonica, punto e basta!

L’Italia è un paese attento alle musiche per fisarmonica, oppure altri paesi sono più ricettivi?

In Italia c’è in generale uno scollamento tra popolo e istituzioni. Questa situazione la viviamo tutti i giorni in tutti i settori. La musica non fa eccezione.

Penso che il popolo italiano ami la musica e che le istituzioni italiane non la amino affatto.

La questione non è fisarmonica sì o fisarmonica no. Premetto che io sono fortemente attaccato alle Marche prima e all’Italia poi. Non sono assolutamente esterofilo. Pur amando tantissimo il mio paese devo dire nettamente che l’Italia non è attenta alla musica. Sono sicuro che le cose cambieranno in meglio ma solo se ci saranno delle iniziative che partiranno dal basso. Dai privati, dai singoli cittadini. Non certo dalla politica e dai conseguenti apparati statali. Quelli che hanno gestito la cultura in Italia dalla proclamazione della nostra Repubblica fino ad oggi e, badate bene, sono stati sempre gli stessi a prescindere dalle alternanze di governo, dovrebbero soltanto vergognarsi, visti i risultati. Per non sembrare un fautore dell’antipolitica o, detto come si diceva una volta, un qualunquista, vi cito il nome di un politico italiano di qualche tempo fa che era sinceramente amante del popolo italiano, dell’Italia e della musica: il suo nome è Giuseppe Mazzini. Andate a leggere i sui scritti dedicati alla musica. Leggete la sua Filosofia della Musica. Ripartiamo da lì!!!

Da un punto di vista culturale, qual’è l’immagine più diffusa della fisarmonica?

Penso che la fisarmonica sia molto amata in Italia e nel mondo. Dalla gente comune e dagli intellettuali, dai ricchi e dai poveri. Spesso sono i fisarmonicisti ad avere dei timori e dei complessi di inferiorità rispetto agli altri musicisti. Io personalmente non ne ho mai avuti. L’immagine più diffusa della fisarmonica è quella di uno strumento che porta gioia: dovremmo essere orgogliosi di questo e quindi non intristirci o intristire il nostro strumento quando lo suoniamo, qualunque sia la musica che suoniamo con esso!!!

Quali sono i repertori che più prediligi e che meglio si coniugano con la richiesta del mercato?

Io suono musica tradizionale marchigiana e brani che scrivo io. Non me ne frega nulla delle “richieste del mercato”. Se un artista crede in ciò che fa deve mettere in conto di dover fare tendenza, cioè deve crearsi un mercato anche se non c’è: è quello che faccio da quando ho iniziato a suonare. Ci tengo a precisare cosa intendo per musica tradizionale marchigiana, in estrema sintesi ovviamente. “Tradizionale” è quanto trasmesso direttamente da maestro ad allievo, spesso oralmente. Musica tradizionale non è sinonimo di musica popolare: tradizionale è anche il canto gregoriano o la musica rinascimentale, non solo il saltarello popolare. Spesso e per varie ragioni nel corso della storia il passaggio di saperi tradizionali da maestro ad allievo si interrompe e del meccanismo tradizionale rimangono solo dei reperti archeologici che spesso trovano albergo solo nei musei. Mi spiego. Un’intavolatura rinascimentale ci fornisce oggi delle informazioni parziali del brano a cui si riferisce, non ci fornisce informazioni ad esempio sulla prassi esecutiva. Le informazioni che non ci fornisce e che spesso sono inesorabilmente perdute sono proprio le informazioni tradizionali. Avendo a che fare con questa ipotetica intavolatura dunque o ricostruiamo noi oggi quel che manca, con intenti più o meno creativi, più o meno filologici, oppure l’intavolatura rimane un bello schema morto da conservare in una qualche biblioteca. Nei confronti della musica tradizionale marchigiana io spazio tra le epoche storiche, inserendomi nella tradizione dove è ancora viva o ricostruendola dove è morta. Faccio questo da sempre con la fisarmonica e l’organetto diatonico, da qualche anno con l’organo portativo e ultimamente anche con fisarmoniche “semitonate” e … con il clavicordo!!! Sul tema “clavicordo e terre marchigiane” potrei dirvene tante … ma non è questa l’occasione giusta.

Sei stato allievo di uno dei più importanti etnomusicologi italiani. Puoi parlarci della tua ricerca nell’ambito delle musiche popolari?

Roberto Leydi mi ha indicato la via della ricerca ma anche la via del folk revival (che in Italia in pratica ha inventato lui!!!).

Dall’esperienza della mia tesi di laurea che si intitola L’organetto nelle Marche Centrali continuo a trarre, dopo tanti anni, materiale per la mia attività artistica, per la mia attività didattica e anche per le conferenze che mi capita spesso di tenere in giro per il mondo.

Da anni mi occupo anche dello studio e della riproposta della danza tradizionale. Assieme al mio amico Marco Meo (danzatore, cantante, tamburellista) tengo laboratori di danze tradizionali marchigiane in Italia e all’estero. Tutto quello che faccio attorno al Saltarello Marchigiano rientra nel mio progetto Il Ballo delle Fate: divagazioni sul motivo del Saltarello Marchigiano (questo è anche il titolo di un mio saggio da cui ho tratto vari articoli).

Sei stato ospite anche di festival e rassegne come Folkest. Le musiche popolari hanno molto seguito specie nell’ultimo anno. In questo scenario l’organetto che ruolo assume?

L’organetto ha sempre un ruolo predominante, nelle sue innumerevoli versioni. Amo molto i modelli tradizionali di organetto. Quegli strumenti cioè che si sono adattati ad un repertorio tradizionale pur contribuendo, come è normale che sia, a far evolvere quello stesso repertorio. Quando la tradizione è viva, ovvero quando c’è trasmissione di sapere da maestro ad allievo, è normale che ci sia evoluzione all’interno della tradizione.

Non tutti gli organetti sono tradizionali. Alcuni nascono dalle elucubrazioni musicali di singoli musicisti non inseriti in una tradizione, in una catena di trasmissione di sapere. Questi modelli mi interessano un po’ meno.

Puoi parlarci della tua esperienza nella didattica nelle musiche popolari?

Cerco di seguire contemporaneamente due strade: quella empirica, più propriamente tradizionale, e quella teorica. In pratica con i miei allievi di organetto utilizzo il pentagramma, le intavolature ma anche il “guarda e impara”!!!

Puoi dirci a cosa stai lavorando in questo periodo?

Artisticamente sto lavorando ad un disco con il mio trio composto, oltre che da me, da Francesco Tesei (contrabbasso e chitarra) e da Domenico Candellori (percussioni). Sto lavorando assiduamente anche come direttore artistico del Premio e Concorso Internazionale Città di Castelfidardo, per fisarmonicisti. È in uscita il regolamento: ne vedrete delle belle!!!