Passione e curiosità: Claudio Jacomucci, musicista a 360°

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Il protagonista dell’intervista di questa settimana è Claudio Jacomucci, un eclettico musicista molto stimato e ben noto al pubblico internazionale. Così si è raccontato al suo collega Samuele Telari…

Un talento innato che ti ha portato ad essere tra i fisarmonicisti di maggior rilievo a livello mondiale. Come e quale è stato il tuo percorso?

Claudio JacomucciIl mio percorso didattico non è stato proprio accademico, ho iniziato a studiare in scuole private, per un periodo ho frequentato il Conservatorio in Italia, in seguito mi sono diplomato in fisarmonica classica in Francia per poi “inseguire” gli insegnanti che stimavo in Ucraina, Spagna e Bulgaria. Ho partecipato a molti Concorsi internazionali. Già parecchio tempo prima di “terminare” gli studi suonavo in formazioni cameristiche ed iniziavo a collaborare con compositori, all’età di 16 anni.

Subito dopo ho iniziato a suonare in rassegne e festival come solista, in formazioni cameristiche e con orchestre. Ho lavorato anche alla radio, in teatro, con compagnie di danza, in produzioni multimediali ed opere. Registravo colonne sonore per film, accompagnavo film muti, suonavo musica classica e contemporanea in matrimoni, funerali e suonavo spesso con musicisti di area non accademica (improvvisatori, musicisti folk, jazz, zingari ed altri).

Ci è voluto tantissimo tempo per capire quale fosse la mia strada. Mi sono chiarito le idee viaggiando, frequentando ambienti musicali ed artistici diversi, studiando, ascoltando e sperimentando diversi linguaggi e stili musicali.

Incontrare e lavorare con personalità come Luciano Berio, György Kurtag, Franco Donatoni, Luis De Pablo e molti altri compositori è stata un’esperienza molto importante ed illuminante per la mia crescita di musicista, così come l’aver frequentato gli studi di Musica Indiana (carnatica) al Conservatorio di Amsterdam, l’essermi formato come insegnante di Tecnica Alexander all’ATCA di Amsterdam e l’aver investigato le prassi esecutive della musica barocca proposte da musicisti come Frans Brüggen, Ton Koopman ed Anner Byslma.

Fin da giovane hai manifestato interesse per la “nuova” musica, interesse che ti ha portato a collaborare con i più grandi autori del secondo ‘900. Cosa ti ha spinto e spinge tutt’ora a cercare e sperimentare nuove soluzioni tecniche e sonore?

Come dicevo, suonando insieme ad altri musicisti, ho avuto l’occasione di lavorare con alcuni compositori fin da molto giovane. Ero affascinato dalla loro curiosità di scoprire nuovi suoni e nuove tecniche della fisarmonica, così ho imparato tanto da loro, non solo scoprendo delle sfaccettature del mio strumento che non conoscevo e modi inusuali di produrre i suoni, ma osservando come “nasce” la musica, i processi compositivi, cosa conduce a certe scelte e cosa induce alla ricerca che c’è dietro ogni composizione.

La ricerca di nuovi mezzi, lo sperimentare nuovi linguaggi va di pari passo con la crescita personale, con la capacità di capire ed esprimere la musica. Ogni compositore esprime la sua natura, il suo pensare e sentire in una maniera unica e irripetibile; conoscere e percepire queste sfumature espande tantissimo la propria immaginazione musicale.

Molto interessante è l’utilizzo dell’elettronica nelle tue esecuzioni/composizioni. Quali orizzonti musicali può aprire? Com’è la reazione del pubblico a questo tipo di abbinamento?

Ciò che mi interessa è lo spazio e il movimento del suono nello spazio, più che l’elaborazione digitale del Claudio Jacomucci - Aracnesuono e la composizione elettroacustica in sè. Per questo la uso sempre insieme agli strumenti acustici, spesso dislocati in diversi punti dello spazio performativo, così da creare una profondità spazio-acustica, un disorientamento ed un movimento sonoro ampio.

I suoni che uso sono spesso suoni concreti della natura (insetti, legni, pietre, acqua e oggetti vari) ma che – registrati in modi particolari e filtrati – diventano quasi irriconoscibili. Uso l’elettronica anche per moltiplicare gli strumenti live come se fosse uno specchio acustico. Ho anche sperimentato, con alcuni compositori, diversi sistemi di live electronics, software interattivi (come MAX/MSP), il classico “nastro magnetico” e supporti multicanale.

La percezione del pubblico, oltre alla profondità spaziale, è senz’altro evocativa, poiché si può creare una dimensione più immaginifica di ciò che si ascolta.

Il tuo repertorio comprende brani dell’età barocca fino a tue nuove composizioni. Ci sono autori che ritieni fondamentali per la crescita di un fisarmonicista?

Tutti! Con il passare degli anni si hanno interessi diversi, il bello è scoprire poco a poco la musica che ci fa vibrare qualcosa dentro e confrontarsi con essa. Secondo me, importante non è tanto l’autore ma la relazione tra noi ed un particolare autore.

Si potrebbe dire – con un luogo comune – che Bach sia fondamentale per la crescita di un musicista. Ma la sua musica potrebbe non lasciare alcuna traccia (anche se ne dubito!) se non si viene ad instaurare quella complicità tra l’ideatore di quelle geniali invenzioni e colui che le riporta in vita. Può essere a volte che compositori minori, talvolta rappresentino una tappa fondamentale per un musicista. L’importante e cercare e conoscere, così prima o poi si incontrano gli autori con cui si ha più affinità.

Personalmente, penso che se non avessi “incontrato” Bach, Stravinsky e Ligeti non avrei la stessa “opinione” della musica!

Qual è la caratteristica della fisarmonica che ami maggiormente?

Il particolare “coinvolgimento fisico”. È una cosa meravigliosa che dal suo movimento di espansione e contrazione nasca un tale universo di suoni!

Lo speciale rapporto simbiotico fra lo strumento e l’interprete lo rende una sorta di medium attraverso il quale evochiamo e riportiamo in vita immagini, personaggi, atmosfere e tutto ciò che l’immaginazione dell’interprete è capace.

Come nessun altro strumento, esso abbraccia l’interprete ed il suo suono risuona in così stretto contatto con cuore, polmoni e viscere che la sua presenza “in corpus” è così incarnata nel nostro corpo e nelle nostre emozioni da creare quasi una complicità sentimentale tra strumento ed interprete. Anche per questo motivo, penso, la fisarmonica è sempre stata molto radicato nello spirito della gente.

A livello più tecnico, è sicuramente la sua capacità di creare livelli armonici e polifonici ciò che più mi affascina. Non tanto e non solo per come potrebbe farlo – stratificando il suono – l’organo o l’orchestra, ma per quella particolare duttilità a produrre sottili sfumature dinamiche e di articolazione del suono che crea l’illusione dei piani sonori.

Oltre ad una ricerca musicale c’è un interesse particolare anche per un aspetto dell’esecuzione spesso poco considerato: la postura. Laureato all’Alexander Technique Centre di Amsterdam, hai poi brevettato una particolare attaccatura delle cinte. Quali sono i vantaggi?

Claudio Jacomucci - cinte ergos bigDa quando pratico ed insegno la Tecnica Alexander ho cercato di risolvere un problema enorme per i fisarmonicisti: trovare un’alternativa alle cinghie tradizionali. Le cinghie standard non sono concepite per suonare strumenti grandi e pesanti, ma per appendere strumenti molto leggeri alle spalle o al collo.

Ho sperimentato tutti i sistemi possibili ed immaginabili e finalmente ho progettato un sistema di cinghie ergonomico che fornisce un maggiore vantaggio meccanico, liberando l’interprete da molte costrizioni.

Come le imbracature per gli strumenti a fiato di grandi dimensioni, anche le cinghie ergonomiche per fisarmonica hanno un raccordo che fa presa sulla schiena. Questo permette un’adeguata distribuzione del peso e dello sforzo, lasciando il collo, le spalle e le braccia libere. Esse prevengono gli effetti dannosi che spesso si presentano con le cinghie tradizionali: spalle girate in avanti e verso il basso, torace compresso, costole fluttuanti costrette, compressione dei fianchi, stress e compressione lombare.

Le cinghie ergonomiche tengono molto fermo lo strumento, senza che spalle, braccia e mani siano coinvolte nel posizionamento e nel controllo dello stesso.

Tuttavia, è necessario conoscere i principi della Tecnica Alexander per usare correttamente queste cinghie. Altrimenti ad un primo approccio ci si può sentire a disagio, perché impediscono al torace di piegarsi in avanti e sui fianchi e l’uso delle mentoniere sembra essere complicato.

I tuoi impegni si dividono tra masterclass e concerti in giro per il mondo. C’è uno di questi due lati che ti rispecchia di più?

Non direi, sono due cose che si complementano, anzi si alimentano, così come trascrivere, arrangiare, studiare e comporre. Mi piace suonare (sopratutto insieme ad altri musicisti o artisti) per l’indescrivibile sensazione di giocare con l’intangibile e per la risonanza che ne rimane dopo tanta preparazione e lavoro. Quando insegno ho a che fare con individui che bisogna capire profondamente per potergli trasmettere qualcosa di veramente utile e costruttivo; molto spesso mi accorgo di essere io ad imparare un sacco di cose da loro. In questo caso si ha una grande soddisfazione nel vedere crescere i ragazzi.

Avendo un intensa attività sei costantemente in contatto con musicisti e studenti di varie culture. Com’è vissuta e interpretata la musica e l’arte in generale rispetto all’Italia?

Di tutti i paesi che ho frequentato, nessuno come l’Italia mostra una tale indifferenza e noncuranza nei confronti della musica. Qualunque paese investe nella cultura, nella musica, nei giovani ed è qualcosa di cui vanno fieri.

Ad esempio i colleghi polacchi, olandesi, spagnoli, tedeschi, francesi, finlandesi e danesi hanno ancora molte risorse (anche se hanno subito grandi tagli): borse di studio, fondi statali e di fondazioni che finanziano progetti, festival, produzioni, accessibili veramente a tutti. Basta leggere la biografia dello studente medio di Varsavia o di Copenhagen per rendersene conto…

Da noi, mentre tutto sprofonda, il merito è scomparso ed il poco che rimane viene gestito dai soliti per realizzare la solita minestra.

La mia indignazione sta nel vedere il nostro potenziale storico, culturale, artigianale e artistico – spesso invidiato da altri paesi – assolutamente sottovalutato e maltrattato.

Come i Conservatori dovrebbero assistere e formare i propri futuri musicisti? Allo stato attuale sono in grado di garantire insegnanti di qualità e dunque un’istruzione adeguata per affrontare un mondo difficile come quello musicale?

È paradossale, ma io non credo affatto che sia la scuola a formare i musicisti, in nessuna parte del mondo. L’esperienza insegnante-allievo è importantissima proprio perché è fondata sul rapporto umano. Se oltre ad essere preparato ed esperto l’insegnante sa guidare, incoraggiare l’allievo e sa trasmettergli la curiosità e la voglia di imparare, l’allievo farà molto di più che seguire un percorso didattico guidato da esami, piani studio e concorsi, intraprenderà infatti un suo percorso individuale. Credo che l’attitudine dell’autodidatta stia alla base dell’educazione (musicale).

Oggi abbiamo decine e decine di studenti diplomati con lo stesso identico background e la stessa preparazione che non riescono a trovare il modo di diventare musicisti. Purtroppo o per fortuna la passione per la musica non nasce in Conservatorio. Chi coltiva un proprio interesse e viaggia attraverso esperienze diverse (comprese quelle di studiare in qualche istituzione se necessario) trova una via personale e riesce a destreggiarsi nel mondo dell’arte.

Quando invece uno studente segue la routine, si affida all’istituto musicale della propria città, studia con i docenti dell’organico, supera tutti gli esami, si perfeziona, segue corsi di primo, secondo livello, abilitazioni, certificati, insomma frequenta le scuole fino a quasi 30 anni, quando esce non avrà alcuna esperienza e si troverà perciò al punto di partenza.

Recentemente hai pubblicato libri, con la collaborazione dei più illustri fisarmonicisti, in cui si parla delle problematiche dello strumento e del suo repertorio e viene stilato un “indice” dei nuovi lavori prodotti per fisarmonica. Quali sono oggi le problematiche che affliggono il nostro mondo? Di che tipo di rinnovamento abbiamo bisogno?

Claudio Jacomucci - MAPMentre la pedagogia, la letteratura, la qualità degli strumenti hanno raggiunto livelli altissimi, c’è ancora una porzione importante della comunità fisarmonicistica che non è ancora uscita dalla nicchia: questo piccolo mondo fatto di associazioni, club, confederazioni, associazioni a circuito chiuso, campionati, coppe, trofei sembra non seguire il progresso e lo sviluppo che invece è in atto. Questo provincialismo culturale è molto limitante, non solo per l’evoluzione della fisarmonica, ma perché molti giovani studenti sono intrappolati in un modo di pensare molto ristretto ed antiquato. Molti giovani sono attaccati al vecchio circolo della fisarmonica, vivono una condizione di ermetismo culturale, senza consapevolezza estetica, artistica ed ignorando cosa succede nel mondo reale della musica.

Mastering Accordion TechniquePer questo motivo ho invitato la gran parte dei concertisti ed insegnanti di fisarmonica di tutto il mondo a riflettere su queste considerazioni ed è nata una iniziativa chiamata “Modern Accordion Perspectives” (www.modernaccordionperspectives.com) che pubblica periodicamente articoli, saggi su questi argomenti. L’ultima pubblicazione che ho curato propone una selezione di composizioni per/con fisarmonica scritte tra il 1990 ed il 2010, poiché un altro dei problemi della fisarmonica è che oggi c’è un abisso tra la letteratura estremamente ricca composta per il nostro strumento negli ultimi 20 anni e i programmi anacronistici e parziali delle accademie, dei concorsi e tra la grande varietà di progetti innovativi che circolano sulla scena concertistica e la mancanza di visione e di creatività del fisarmonicista medio.

Molte delle tue performance vengono effettuate insieme alla danzatrice Kathleen Delaney. L’arte è dunque la fusione delle diverse discipline? Come si può interagire tra esse?

Claudio Jacomucci / PiscesAnche se le singole discipline (la danza, la musica o la poesia) possono tranquillamente esprimere se stesse, la loro fusione da vita ad un’opera (come nel teatro greco) che viene percepita con più sensi. La composizione interdisciplinare è molto interessante e molto complessa poiché i diversi linguaggi non possono viaggiare su binari separati. Ci sono approcci diversi per evitare di suonare musica per balletto e non comporre coreografie su un pezzo di musica.

All’inizio, Kathleen ed io, ci siamo cimentati in un brano di John Zorn’s Roadrunner usando delle immagini di J.M. Basquiat associate a delle scene coreografiche della danzatrice e del fisarmonicista. Poi abbiamo presentato una versione di teatro-danza musicale del Petrushka di Stravinsky e della Terra Desolata di T.S. Eliot. In seguito abbiamo sentito il bisogno di scrivere le nostre proprie composizioni fin dall’inizio del processo creativo, creando composizioni sincretiche in cui musica, danza, video, elettronica hanno un ruolo interdipendente.

I nostri principali progetti sono: Infernal Circles (un lavoro ispirato al mito di Orfeo ed Euridice, presentato in prima al Pozzo di San Patrizio di Orvieto, 60 metri sottoterra), Cool Memories (un omaggio al filosofo e sociologo francese Jean Baudrillard), Aracne (ispirato all’antico rito di possessione del tarantismo, in cui abbiamo utilizzato anche il materiale video originale del film di Gianfranco Mingozzi ed Ernesto De Martino), Tensegrity (un pezzo in cui 4 danzatori “suonano” letteralmente un ensemble di 8 fisarmoniche disposte lungo il perimetro dello spazio scenico che reagiscono ai movimenti dei danzatori eseguento moduli procomposti variandone i parametri (dinamica, altezza, velocità, durata).

Penso che la fisarmonica e la danza abbiano una relazione complementare, può essere un rapporto molto primitivo e allo stesso tempo molto contemporaneo.

Nella trasmissione “C’è musica e musica” condotta da Luciano Berio, lo stesso chiedeva ai suoi colleghi “Perché la musica?”. Perché, dunque, la musica?

La vita senza la musica sarebbe un errore.

Friedrich Nietzsche

 

 

Si è laureato con lode al Conservatorio di Grenoble (Francia) nel 1992, inoltre, si è anche laureato come insegnante di Tecnica Alexander presso il Alexander Technique Centre di Amsterdam 2000. Ha studiato musica del sud – India (carnatic) al Conservatorio di Sweelinck (Amsterdam).

Vincitore di Concorsi internazionali come Grand Prix International d’Accordéon a St. Etienne (1998), Trofeo Mundial de Acordeon (C.M.A) in Cuenca (1990), Premio Città di Castelfidardo (1990) e Arrasate Hiria (1994).

Ha eseguito molte prime esecuzioni assolute di compositori come Luciano Berio, Franco Donatoni, György Kurtag, Luis De Pablo, Boris Porena, Mario Pagliarani, Lucio Garau, Gabriele Manca, Dimitri Nicolau, Miguel Ruiz Gil, Fernando Mencherini, Giorgio Tedde, Carlo Crivelli, Akemi Naito, Francoise Barriere, Maxim Seloujanov, Oliver Schneller, Paolo Marzocchi, Riccardo Vaglini, Daniel Glaus, Rico Gubler (essendone anche spesso il dedicatario) e anche sue composizioni.

Si è esibito in Europa, USA, Cina, Messico, Russia in molti festival e istituzioni come Cornell University (USA), Berlin Philharmonic, Concertgebouw a Amsterdam, Salle Messiaen (Parigi), Teatro alla Scala (Milano), Gaudeamus Foundation in Amsterdam, Synthese Festival in Bourges (Francia), Nuova Consonanza (Roma), GoG/Teatro Carlo Feilce (Genova), Sala Chavez – Unam (Città del Messico), Sibelius Academy (Helsinki), Beethoven Haus (Bonn) per nominarne alcune…

È impegnato in una intensa attività didattica e nella promozione di un approccio originale nell’insegnamento basato sui principi della Tecnica Alexander.

È il fondatore e insegnante del Accademia Fisarmonicistica Italiana (Urbino) e tiene masterclass in tutto il mondo: Conservatorio di Musica di Parigi, Royal Academy of Music of London, Sibelius Academy Helsinki, Danish Royal Academy of Music di Copenhagen, Chopin University Warsaw, Conservatory of Barcelona, Yoliztli Academy in Messico, Tianjin’s Conservatory (Cina), Conservatorio Santa Cecilia Roma, Conservatory of Enschede, Tilburg and Arnhem (Paesi Bassi).

È stato docente di Fisarmonica presso il Conservatorio “Luisa D’annunzio” di Pescara dal 2011 al 2014.

Ha suonato con partner come with Francesco Dillon, Joel Rubin, Stefano Scodanibbio, Prometeo String Quartet, Michel Godard, David Moss, Terry Riley, Kálmán Balogh, Pierre Favre, AlterEgo and come solista con Orchestra “La Scala” (Milano), Haydn Orchestra Bolzano, Filarmonica Marchigiana, Sinfonietta del Teatro Lirico Cagliari (Italy), Ostrobothnian Chamber Trio (Finland), Romanian Radio Symphony Orchestra.

Dal 2002 lavora con Kathleen Delaney (coreografa e danzatrice) esplorando i diversi aspetti della creazione della musica e della danza: live interactions, musica elettroacustica e video-danza.

I suoi CD sono stati pubblicati da Schott Wergo, W & B Music, Bridge Records, Stradivarius, Rivoalto, StileLibero, Musica & Poesia, Ema Records, Adatto, Blowout Records. Le sue esecuzioni sono state trasmesse da radio come: Radio3 RAI, ORF, DeutschlandRadio, RNE2, Vatican Radio, SFB, RSI, Radio Unam-Mexico, RadioFrance.

Viene regolarmente invitato come giurato in importanti Concorsi fisarmonicisti tra i quali Castelfidardo, Klingenthal, Arrasate e Mosca.

Il suo libro “Tecnica per fisarmonica cromatica” sulla tecnica fisarmonicistica moderna è edito dalla Berben ed è di recente pubblicazione anche il volume Mastering Accordion Technique: un nuovo approccio alla fisarmonica basato sulla Tecnica Alexander scritto a quattro mano con Kathleen Delaney.

È stato editore del libro “Modern Accordion Perspectives” (2013) e “Critical Selection of Accordion Works, 1990-2010” (2014), coordinando un gruppo di fisarmonicisti e insegnanti internazionali.