Patrizia Angeloni: Musica – Vita – Trasformazione (seconda parte)

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PATRIZIA ANGELONI

Musica – Vita – Trasformazione (2° parte)

di Filippo Consales

 

Patrizia Angeloni e Ingrid SchorscherChe insegnante è Patrizia Angeloni?

Dovrebbe chiederlo ai miei studenti… Vede, qualcuno ha detto che si insegna ciò che si è e non ciò che si sa… Il mio personale lavoro consiste in una ricerca continua basata sulla rielaborazione dei fondamenti delle differenti “Scuole” che sono alla base della mia formazione, la cui intuizione ha segnato la via per l’individuazione della fisarmonica da concerto, una individuazione che passa da un suono ”altro” e da una scrittura fondata sulla ricerca linguistica. Oggi non potrei identificarmi nella idea strumentale di nessuno dei miei Maestri. Il cammino personale, nutrito da altri studi, altri insegnanti, altre esperienze, ha trasformato il pensiero, l’orecchio, le competenze tecnico/musicali, le risorse… come è ovvio che sia. Molti sono stati, e sono ancora, i miei Maestri, diretti ed indiretti, non tutti fisarmonicisti e non tutti musicisti, ma tutti così importanti. Non si smette di cercare, quando così si è cresciuti. Salvatore di Gesualdo è stato il mio Maestro “diretto”, ma di essenziale, assoluta rilevanza è stato anche l’incontro con Hugo Noth e, su piani diversi, con Maria Ida Tosto e Giuseppe Pepicelli. Nessuna definizione può rendere giustizia a di Gesualdo e Noth: estremamente differenti l’uno dall’altro, il loro regalo più grande è stata la testimonianza di un Pensiero, l’Idea stessa di Pensiero; la loro visione così originale e illuminante della musica e dell’Essere musicista; il rispetto per la Musica e per la dignità dell’Arte; la testimonianza di un percorso di ricerca che prima di essere professione è identità, là dove arte e vita si identificano; il rigore del pensiero e dello studio, il coraggio di non sottrarsi al Dubbio, anzi l’assunzione del Dubbio come principio di ricerca… la umiltà profonda accanto ad una fiera ed indomita consapevolezza di Valori incrollabili (spesso confusi da occhi esterni con supponenza), una vocazione alla Libertà incondizionata e trasgressiva… e, in questa ricerca, la Visione della identità della fisarmonica, quando questa era ancora un oggetto non ben identificato. Come spesso accade, i Maestri hanno dato forma, parola e orizzonte a ciò che inconsapevolmente attende di esplicitarsi. Così sono cresciuta, come persona (perché anche nella mia famiglia si respirava la stessa aria) e come musicista. Ho portato con me tutto questo, riconoscendolo non come insegnamento imposto, ma come ciò che mi appartiene profondamente, rielaborato nella mia personale “via” fino a dimenticarlo per poi ritrovarne gli incrollabili fondamenti. Sarà pesante incontrare una tale insegnante? Non per chi sia curioso e desideri cercare. Credo che per ognuno di noi, individuare la figura che possa insegnarci ciò di cui abbiamo bisogno, sia la cosa più importante, e prima ancora individuare ciò di cui abbiamo bisogno… il più delle volte non ci è dato saperlo, allora più che di “cose” da sapere, abbiamo bisogno di esperienze e percorsi che ci avvicinino e forniscano strumenti alla nostra natura profonda, specialmente quando siamo musicisti. In ogni caso la vita mi ha insegnato, anche piuttosto duramente, a lavorare con gli allievi “in punta di piedi” quando necessario… a volte si intuisce un bisogno profondo nella crescita dell’allievo, ma si rende necessario aspettare che sia pronto a lavorare in quella direzione, spesso la consapevolezza arriva dopo l’intuizione delle possibilità di sviluppo…

Per quanto attiene alla formazione strumentale, lavoro affinché i miei studenti acquisiscano la padronanza dello strumento nella sua totalità, in modo da costruire una capacità di studiare e di muoversi agevolmente in ogni tipo di repertorio. Con un pensiero musicale ed un orecchio in grado di andare “oltre” la fisarmonica. Ogni strumento è solo uno strumento e il suono di ognuno cela la molteplicità del suono e del gesto esecutivo – e quindi del pensiero – di tutti gli altri strumenti. Così si aprono mondi percettivi e possibilità tecniche ed interpretative sempre più ricche e sottili, soprattutto per la fisarmonica che è già una sintesi di strumenti diversi.

Oltre il livello minimo di acquisizioni, c’è poi quello della ricerca: disponibilità a creare, scoprire, spingersi “oltre”, non fermarsi al già visto, al già fatto, al già sentito, ma sperimentare, intuire, immaginare capacità di lavorare, battere sentieri non battuti. In questa dimensione è impostato il lavoro didattico sin dall’approccio, attraverso l’improvvisazione, proseguendo in tanti ambiti diversi che hanno in questi anni portato, ad esempio, alla creazione e ricreazione di repertori per organici cameristici differenti, ad una puntuale e forse nuova prassi esecutiva della musica antica e ad una buona familiarità con i linguaggi della Musica Nuova.

Qual è il tratto distintivo dei suoi studenti?

Sono tutti differenti l’uno dall’altro e tutti “sono” nella musica con una solida preparazione musicale ed una autentica ed originale presenza. Io lavoro per “produrre” (per usare un termine di moda) “pezzi unici”, per l’originalità e l’indipendenza del pensiero musicale, dell’orecchio, del gesto, del suono, del “sentire”, per la capacità di autoformazione. In questo lavoro verso l’apertura di orizzonti, credo sia importante che lavorino anche con insegnanti differenti, possibilmente in luoghi differenti.

Vediamo bene come una  moltitudine di docenti lavori per standardizzare personalità, espressione corporea, gesto strumentale e postura, per separare il suono dall’essere umano, lasciare il proprio marchio nella mente, nel suono e nella musica degli allievi, utilizzando la competizione come strumento didattico e sorvegliando che le abilità dell’allievo non superino mai quelle dell’insegnante. Talvolta riconosciamo questi giovani musicisti dai repertori, da corpi che, all’insegna della più totale ignoranza della relazione tra il funzionamento del sistema nervoso e l’organizzazione del movimento, non si muovono più o si muovono in una gestualità organizzata uniformemente e precisamente riconoscibile, dal corpo che si stacca dalla persona con un suono privo di materia e di vita; da dinamiche e articolazioni standardizzate, da un pensiero musicale che asfalta strutture e funzioni musicali fino a non distinguere più Scarlatti da Kusyakov. Certo essere dei pezzi unici non è semplice, spesso vuol dire essere aggrediti dal branco e spesso Libertà di essere vuol dire solitudine, perché implica a priori la rinuncia all’approvazione di qualcuno, frequentemente di molti, spesso di tutti.

Ma la nostra realtà biologica e psichica è quella di pezzi unici, anche se il nostro sistema nervoso, fatto per creare, può essere magistralmente addestrato a riprodurre. Possiamo scegliere! Un allievo non ha scelta, almeno fino ad un certo punto della sua Vita, e questo mi indigna non poco. Il cucciolo d’Uomo è l’unico che ha bisogno di un Maestro Esteriore, un educatore per imparare a relazionarsi col mondo e con se stesso… e quella di manipolare, forgiare, gestire la mente e l’anima di qualcun altro sembra essere da sempre una tentazione molto forte, spesso irresistibile…

E non è mai piacevole vedere come spesso, a qualunque età, non sia possibile sottrarsi all’ipnosi del Mito, con cuore, mente e coscienza atrofizzati nella ricerca di un potere mediatico che brucia in un lampo le immagini di facciata e deforma sapientemente ogni rimasuglio di contenuto. Interroghiamoci sulla strumentalizzazione che menti neanche troppo argute operano quotidianamente in maniera direi quasi scientifica… Mi consola vedere però che non tutto è perduto, che non sono poi così pochi i colleghi che lavorano magnificamente e che le persone giovani – veramente giovani – la cui natura indipendente e costruttiva, capace di profondità, chiede di pensare, cercare, agire… con una esigenza chiara di risonanza e di possibilità di condivisione costruttiva… Peccato che volgendo lo sguardo verso l’esterno trovino una organizzazione sociale, politica e ormai anche culturale che deforma tutto verso le idee fondamentali di potere, uso e condizionamento… e ancora una volta la responsabilità del singolo individuo sta nel rispetto della propria autenticità, nel coraggio di testimoniarla e nella intelligenza di condividere percorsi collettivi, in modo da creare quella risonanza indispensabile al procedere della vita… Vede come è curioso? Sono i termini musicali a segnare la dimensione esistenziale più profonda…

Per esempio?
Ascolto, risonanza, polifonia, poliritmia, armonia, funzionalità delle tensioni armoniche…

Patrizia AngeloniQuale futuro per i giovani che studiano musica?

Quale futuro per tutti noi!?!

Il futuro di ognuno non è legato soltanto alle vicende personali, ma alla possibilità di dialogare ed interagire con i diversi contesti socio-culturali ed economici.

La nostra contemporaneità è così difficile e a volte così galleggiante nel buio e nella deformazione, tanto da oscurare ogni possibile visione del futuro. Ormai il concetto di futuro vede ridefinire continuamente i suoi termini, fino a scomparire… ma continuo ad essere convinta che il futuro si costruisca con il pensiero e con il lavoro a cominciare dalla qualità del presente. Credo invece profondamente in un futuro professionale di qualità, a condizione che la professionalità non si discosti mai dall’onestà intellettuale, che sia fondata su una preparazione solida, rigorosa e molto ampia, in modo da potersi reinventare continuamente su più dimensioni, tanto artistiche quanto operative, senza rinunciare mai alla personale, creativa originalità. Non si tratta più di fiducia nel futuro, a ben guardare, ma di recuperare o conquistare la dimensione artistica di ognuno, nel senso di identificare e compiere la profonda autenticità con quel genere di coraggio che nasce non da atto eroico, ma dalla autenticità del cammino interiore che trova strumento nella operatività sociale. Forse si tratta di centrare o ricollocare sul piano etico-artistico il sistema di valori intorno al quale muoversi, implicito in ogni scelta, spesso inconsapevole. E allora abbiamo bisogno di intelligenza, creatività, coraggio di osare, di non piegarsi alla disillusione… la Luce della conoscenza è tale non per la quantità delle informazioni acquisite, ma per ciò che si mette in atto nella mente e nella vita interiore della persona che cerca. E alla Vita che cerca, la Vita risponde. Anche se è molto difficile crederci e non avere paura. Per i fisarmonicisti credo sia poi importante comprendere che bisogna realmente svincolarsi dalla confortante grettezza stagnante del “ghetto”, anacronistica e antistorica, che gira su se stessa e ferma la crescita.

Cosa pensa dei concorsi?

Non amo i concorsi che lanciano le mode e creano interessi “mercantili”; in generale non amo le competizioni e non credo che l’essere umano dia il meglio del sé “poetico” in una competizione. Tuttavia credo sia importante sperimentare l’esecuzione musicale nel contesto di un concorso, come “allenamento” a coltivare strenuamente la autenticità del sentire. Come dire: partecipare ad una competizione esteriore sottraendosi alla competizione interiore. In ogni caso i miei allievi sono liberi di scegliere se e quando partecipare ad un concorso.

Che vuol dire fare il musicista? E l’esperienza del concertismo, oltre la tecnica?

Non penso si possa “fare” il musicista. Lo sei o non lo sei. Se lo “fai”, forse non lo sei. La Musica è una dimensione dell’Essere. Il che porta a pensare non in termini di produzione, ma di compimento. La produzione è conseguente. Così la disposizione ad immaginare ciò che cela il mistero dell’invisibile o intangibile… così chiedersi non cosa fa e cosa produce, ma chi è e come cerca e cosa ha da dire il “musicista”.

L’esperienza del concertismo? Così complessa e sfaccettata, diversa in tanti momenti diversi… come si fa a raccontarla in una intervista? Qualche impressione, senza pretese, oltre la tecnica: dimensione sensibile e interiore che si apre, immagine interiore e mondo percettivo che si trasformano e non saranno mai più gli stessi dopo aver lavorato un pezzo… dimensioni del pensiero e del sentire che si aprono e devono restare aperte fino a che non si compiono, e chiedono uno spazio e un tempo tutti particolari, dettano il ritmo del quotidiano e pretendono attenzione e cura e molto spesso silenzio, continuando a cercare anche – forse soprattutto – quando lo strumento non è più in braccio… e ancor prima dimensione poetica che necessita di essere nutrita, ben oltre il “pezzo” da studiare… poi disponibilità ad ascoltare, a cambiare, a buttare tutto e ricominciare. A riconoscere che ciò che è compiuto non sia più riproducibile e cristallizzabile, ma solo rimesso, a suo tempo, in un processo nuovo… disponibilità ad accettare di attraversare crisi, frequenti, profonde, senza confini, che scuotono le radici della consapevolezza e ridisegnano scenari interiori e dimensioni del pensiero spesso così nuove da essere quasi inaccettabili… e allora la sfida di accogliere l’inimmaginabile, il mai immaginato… Ma anche rigore, volontà, autodisciplina (forse la più grande forma di libertà)… ma anche gioia, e pienezza…

Sintesi operativa di un percorso?

Sentire, cercare, studiare. Compiere.

Un percorso accidentato?

Come già sappiamo, il percorso di un fisarmonicista della mia generazione non avrebbe potuto essere semplice. A proposito del mio, con banale ironia, direi piuttosto: “incidentato”. Lo studio non si è mai fermato, la presenza sul palcoscenico è stata intermittente a causa delle conseguenze di due incidenti con la frattura delle vertebre che hanno regalato un cammino difficile e molto doloroso… la diagnosi comportava l’impossibilità assoluta di suonare. Non potrei descrivere come si vive lottando con l’impossibilità di muoversi e la minaccia di una immobilità permanente, senza risposte su “come” risolvere… e nessuno che possa risolvere. Un periodo terribile, ma anche occasione preziosa che ha aperto una dimensione nuova di ricerca e consapevolezza, estesa dal piano fisico a quello umano e anche  professionale. Non la annoierò con vicende troppo personali, ma penso valga la pena condividere: una esperienza che ha svelato risorse personali per cui oggi vivo, sorrido, cammino e suono, e condotto ad acquisizioni  “tecnico – scientifiche” relative alla organizzazione del movimento. Ricostruire di nuovo tutti gli schemi di movimento, soprattutto con lo strumento, si è rivelato preziosissimo processo per rivedere e studiare scientificamente ciò che gli strumentisti chiamano “tecnica e postura” (inventando spesso – specie i fisarmonicisti – tecniche e soluzioni a dir poco fantasiose), processo che continuo ad approfondire e che si rivela utilissimo non solo per me, ma anche per i miei allievi. Anche qui, ancora una volta, il tema è – era – quello dell’andare oltre un limite apparentemente oggettivo, ascoltare – intuire – cercare una dimensione possibile celata dall’impossibile, e le risorse misteriose implicite in questa dimensione altra. A ben guardare è il tema del reinventare una qualunque fase della vita… o uno strumento popolare in cui si nasconde uno strumento da concerto…

E il palcoscenico?

Punto di arrivo? Punto di partenza? Autentico Terrore? Autentica Gioia? Unico luogo di totale libertà? Banco di prova? Vetrina? Luogo di comunicazione? Sfida? Rifugio? Luogo di esercizio del potere? Luogo privilegiato di auto analisi? Chi lo sa… è sempre un po’ tutto e sempre un mistero e soprattutto diverso ogni volta per ognuno… Lavoro molto, con i miei studenti, con, sul e per il palcoscenico… La sfida più  grande? Andarci con la Verità profonda di sé, qualunque sia in quel momento, e studiare ogni giorno per questo… anzi… con questo!

Progetti artistici?

Al momento sono impegnata in un programma in duo con la viola di Gianfranco Borrelli e in Resonance, un concerto-performance per fisarmonica, voce e danza – movimento; in preparazione un programma per fisarmonica e gruppo strumentale aperto… poi diverse pubblicazioni che aspettano di essere completate.

Patrizia Angeloni e Ingrid SchorscherChe cos’è Resonance?

Resonance è un concerto – performance che ha origine da uno studio sulle relazioni tra musica e movimento, in un gioco di risonanze in cui tutte le percezioni si incrociano in una sorta di visione – illusione. In due sul palcoscenico, io e Ingrid Schorscher, fisarmonicista e performer qui in veste di danzatrice. La Musica nasce come repertorio concertistico, integrato da spazi improvvisativi, prevalentemente costituito da Musica Nuova in frammenti da un minuto, scritta appositamente da compositori differenti. Il concept della performance è totalmente nostro, è stato un processo creativo lungo, ma estremamente affascinante, che si trasforma in progress: infatti nuove musiche si aggiungono e si sostituiscono a quelle originali, creando uno spettacolo sempre in evoluzione.

Con tutti questi lavori in corso, c’è spazio per progetti futuri?

Per l’unico progetto presente che, magari (incrociando le dita) un giorno dopo l’altro, si farà futuro: vivere… possibilmente con un sorriso!

 

 

Patrizia Angeloni – Da sempre impegnata nella diffusione della fisarmonica da concerto, affiancando all’attività concertistica una intensa attività intorno allo sviluppo della letteratura originale e di trascrizione, con attenzione alla ricerca musicologica ed un costante impegno in ambito didattico ed editoriale.

È docente di Fisarmonica al Conservatorio di Latina.

Tra gli altri, ha tenuto corsi per la Hochschule für Musik di Trossingen e la Akademia Muzyczna di Danzica.

Svolge una apprezzata attività concertistica come solista e in formazioni cameristiche. Fin dagli esordi negli anni ’80, agli albori del concertismo fisarmonicistico, lavora alla ricerca intorno all’impiego della fisarmonica in ambito artistico, proponendo programmi da concerto orientati verso dimensioni non ancora esperite della musica da camera e, più recentemente, delle performance arts.

Collabora, tra gli altri, con: Orchestra Regionale Toscana, Teatro Metastasio di Prato, Teatro Stabile delle Marche, ERT. Ha pubblicato saggi, trascrizioni e opere didattiche per Berben e PHYSA e per riviste specializzate in settori diversi. Studia fisarmonica con Salvatore di Gesualdo; seminari e masterclass con H. Noth e J. Macerollo. Consegue il Diploma di Fisarmonica e successivamente il Diploma Accademico di II livello e il Diploma di Didattica della Musica. Studi umanistici e didattico-musicali integrati in ambiti diversi (composizione, flauto traverso, Funktionale Methode di G. Rohmert, Metodo Feldenkrais, MusicArtherapy).

Si occupa di Progetti di Ricerca nell’ambito della didattica strumentale.

L’attività didattica di Patrizia Angeloni come docente della Scuola di Fisarmonica del Conservatorio di Latina riceve prestigiosi riconoscimenti: Premio Nazionale delle Arti, Sezione Fisarmonica, 2012 e 2013; Premio Abbado 2015 (4° premio). I suoi allievi, sia in veste solistica che in formazioni strumentali miste, sono presenti, già durante il corso degli studi, in diverse stagioni concertistiche e, con prime esecuzioni,  in alcuni Festival dedicati alla Nuova Musica.