Renzo Ruggieri: improvvisare liberamente con estrema naturalezza

215

Renzo RuggieriPunta di diamante della fisarmonica italiana (e non solo), Renzo Ruggieri è un artista stimato a tutte le latitudini. Il suo bagaglio tecnico e comunicativo è inesauribile. In possesso di un’eccellente padronanza strumentale, Ruggieri è un improvvisatore dotato di sorprendente creatività, vivido estro armonico e sensibilità espressiva. Compositore erudito e assai raffinato, fresco di nomina in veste di direttore artistico del prestigiosissimo PIF 2018 (quarantatreesima edizione del Premio Internazionale della Fisarmonica “Città di Castelfidardo”), attraverso questa amena conversazione narra gli episodi più significativi legati alla sua attività musicale.

Sei considerato, unanimemente, uno fra i migliori esponenti della fisarmonica jazz. Hai tenuto oltre 2000 concerti in tutto il mondo, come solista e con svariate formazioni. Dal tuo punto di vista, quali sono le maggiori peculiarità che ti hanno consentito di accedere nell’empireo dei grandi musicisti?

Diciamo che la volontà fa miracoli e naturalmente non basta. Dirò un’ovvietà, ma è necessario mettersi in discussione e tentare di rimanere al passo con i tempi senza perdere l’identità. Mi definisci un fisarmonicista jazz (giustamente lo faccio anche io per avere un settore di riferimento), ma oggi non mi sento più tale. Sono un artista che inserisce improvvisazioni nella propria musica.

Sei stato il primo fisarmonicista a realizzare dischi totalmente improvvisati. Qual è il fil rouge di queste tue produzioni discografiche?

Quando completai il corso di Pianoforte Jazz con Franco D’Andrea mi ritrovai ad avere le nozioni necessarie per diventare un jazzista moderno con il mio strumento. Come riferimenti avevo la tradizione con Art Van Damme, lo stile con Peppino Principe, la nuova fisarmonica con Richard Galliano. L’unica cosa che sapevo era che non avrei mai voluto imitarli. Decisi di partire alla ricerca di una sonorità, di uno stile originale e la “free improvisation” era ciò di cui avevo bisogno per cercarli. Improvvisare liberamente, per me, è stato sempre naturale. Ed è da lì che sono partito. Registrai senza alcuna preparazione il primo CD intitolato Improvvisazioni Guidate (VAP100, 1998), al quale seguì Storie di Fisarmonica Vissuta (VAP101, 2005), dove affrontavo l’argomento ispirandomi a storie scritte. Recentemente ho chiuso il trittico con Live Improvisations (VAP109, 2016), che riprende materiale registrato in quel periodo dal vivo. Ho trovato ciò che cercavo.

Nell’arco della tua brillante carriera hai collezionato una pletora di premi prestigiosi a livello mondiale. Uno, in particolare, quello conferito al Festival Internazionale di Castelfidardo: La Voce d’Oro. Si tratta di un riconoscimento straordinariamente importante, assegnato in precedenza a un’icona sacra della fisarmonica come Richard Galliano. A caldo, quali sono state le prime sensazioni provate appena hai conquistato questo premio?

Era inaspettato. Ero sul palco del Teatro Astra di Castelfidardo, con la mia big band. Durante il concerto salì sul palco Paolo Picchio, storico direttore artistico dell’evento. Mi consegnarono il premio. Mi commossi.

Oltre che da concertista, sei particolarmente attivo nelle vesti di compositore, anche in ambito teatrale, per il quale hai scritto alcune musiche di scena. In che modo ti interfacci con un mondo così fascinoso come quello del teatro?

Il teatro, e tutto ciò che gira intorno, mi offre stimoli che non trovo altrove. Lì si parla continuamente di arte tout court. Ognuno, nel proprio ambito, cerca il bello. E questo è di una forza straordinariamente creativa. Però, ho scelto di non scrivere professionalmente musica per teatro, perché essa ha un ruolo troppo subordinato al testo. Ma l’interesse nel raccontare storie in musica non è finito. Infatti, ho realizzato un ulteriore trittico con una formula che chiamo Jazz Musical Story (Opera? nel 2011, Valentino è Tango nel 2015 e Canto Di Natale nel 2015), dove il testo diventa funzionale alla musica. Si tratta di veri e propri concerti, organizzati in scene, in cui una storia funge da ispiratrice al genere musicale che si comporrà e si eseguirà. Inserisco la “free improvisation” durante la performance degli attori, a cui seguono momenti solo strumentali. Ogni volta che compongo ho bisogno di un racconto.

Parte della tua vita artistica è incentrata sulla didattica. Quali sono le caratteristiche relative al tuo metodo d’insegnamento?

L’insegnamento è un artigianato. Il troppo e il troppo poco non funzionano. Non credo agli insegnamenti strumentali collettivi, all’irregolarità degli incontri e nemmeno agli insegnanti che antepongono se stessi dimenticando lo studente. Ogni allievo è un mondo a parte che va compreso, sostenuto e preparato in maniera personalizzata. Un bravo didatta lo vedi su studenti mediocri. Comunque, il consiglio migliore l’ho appreso da Papa Giovanni Paolo II, che diceva: “Non si educa senza amore”.

Renzo RuggieriSotto il profilo musicale e umano, quali sono i primi consigli che elargisci ai tuoi allievi?

Il talento mal utilizzato è la principale fonte di frustrazione per gli esseri umani. Esso necessita di spirito di sacrificio. Parlo sempre con tatto, ma con sincerità, in modo da instaurare immediatamente un rapporto di fiducia. Gli allievi, oltre ai pregi, debbono conoscere i propri difetti per curarli bene. Molto importante, inoltre, è la questione degli obiettivi: senza la giusta motivazione non si arriva a nulla e questo vale anche per il docente. Un insegnate mediocre, ma motivato, ottiene più risultati di un bravo maestro “stanco”. Un altro fondamentale compito del didatta consiste nel non rovinare il talento dei propri studenti.

Sei fresco di nomina, in qualità di direttore artistico, del PIF 2018, quarantatreesima edizione del celeberrimo Premio Internazionale della Fisarmonica Città di Castelfidardo. Come hai accolto questa graditissima notizia?

Onorato, ma consapevole delle difficoltà alle quali vado incontro. Essere direttore artistico, per me, non significa personalizzare un evento, non vuol dire comandare, ma dirigere con una visione artistica. Come un direttore d’orchestra ha bisogno di competenza, esperienza e fiducia nei propri musicisti, ha anche necessità di eseguire uno spartito. Così il direttore artistico deve mostrare la propria personalità con il materiale a disposizione. Castelfidardo è una piazza molto complessa, che conosco bene. In questa straordinaria cittadina ci sono tante piccole realtà (basti pensare che nessuna azienda operante in ambito fisarmonicistico supera i cento dipendenti, ma la maggior parte è sotto i dieci) che funzionano perfettamente, ma sono poco legate fra loro. Il PIF ha le stesse dinamiche interne. Quindi, il mio compito sarà quello di lavorare sulla fiducia reciproca e di far capire che non cerco rivoluzioni, ma soltanto di far funzionare meglio il tutto. Perciò, sarà indispensabile porre al primo posto l’immagine della fisarmonica che, si spera, possa produrre più risonanza, più vendite, più maestri, allievi e un maggior numero di concerti. Poi, siamo italiani e ognuno di noi crede di essere il migliore nel proprio orto. Bene, cercherò di accordarmi per piantare rose.

Apporterai modifiche sostanziali alla rassegna oppure proseguirai nel solco della tradizione?

Da didatta, so che stravolgere un concorso con un grande passato è disastroso. I ragazzi e i loro insegnanti lavorano anni per arrivare alle competizioni internazionali e il PIF è l’evento fisarmonicistico per eccellenza. Come tale, non posso né rivoluzionare né slegarmi da altri prestigiosi concorsi. Questo, per agevolare i candidati alla partecipazione in più contesti e viceversa. In sintesi, ho intenzione di lavorare a stretto contatto con le scuole internazionali (ho già sentito decine di colleghi che hanno fatto interessanti osservazioni) per mettere a punto il regolamento. Poi mi occuperò delle iniziative parallele ascoltando la voce dei costruttori e degli operatori locali. Infine, con i disponibilissimi Roberto Ascani (sindaco di Castelfidardo) e Ruben Cittadini (assessore alla cultura) cercheremo di ottimizzare le risorse per realizzare un festival che possa essere prestigioso e originale. Ringrazio i direttori artistici passati che mi hanno molto agevolato, consegnandomi un evento ben avviato. Qualche anticipazione posso darla, però, attualmente, le audizioni sono seguite solo da maestri, giurie e candidati. Ecco, riporterò le prove finali composte di soli tre partecipanti (il podio per intenderci) al serale, in modo che operatori e pubblico possano appassionarsi e comprendere la straordinaria qualità raggiunta dalla fisarmonica nei vari settori. Spero, per il festival, di non creare una passerella di artisti, che non arricchirebbe di certo il mondo fisarmonicistico. Cercherò di stimolare la nascita di progetti ex novo, strada che ho sempre percorso in tutte le direzioni artistiche intraprese. Ma Castelfidardo non è una piazza semplice e le imposizioni o il pragmatismo non funzionano. Un passo alla volta, per il tempo che mi verrà concesso, lavorerò con un solo obiettivo: la fisarmonica.

Pensi che il jazz possa essere protagonista assoluto nella prossima edizione da te diretta?

No, non lo sarà. Il jazz è essenzialmente un genere di nicchia. Tranne in casi sporadici, non esiste un bacino generoso di giovani che se ne occupano. Le competizioni jazz non avranno mai un grande numero di iscritti. Il mio impegno sarà profuso in egual misura per ogni genere musicale, provando a rendere il più godibile possibile la permanenza di coloro che vorranno venire a trovarci.

Tornando al tuo lavoro da concertista e compositore, hai in serbo nuovi progetti per l’imminente futuro?

In questo momento mi sento ad una svolta. So cosa non sono e so cosa non voglio diventare. Mentalmente ho già cancellato la definizione “fisarmonica jazz” dal mio CV. Sono sempre più attratto dalla composizione e ho appena iniziato a sperimentare convintamente in questa direzione. Ho bisogno di tempo per maturare, ma il mio cassetto dei sogni è ancora pieno. Sono in programma due dischi, per i quali ho già scritto le melodie principali, ma nel 2018 avrò tanti impegni e dovrò rallentare un po’. Il buon vino va sorseggiato lentamente.