Sulla varietà espressiva della fisarmonica. Intervista a Zoltan Orosz

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OroszZoltan Orosz ha iniziato i suoi studi nel 1977 al conservatorio Bela Bartok di Budapest, per poi continuare al Franz Liszt College. Nel 1992, con il chitarrista Gabor Ursu, ha fondato il “Podium Duo”, formazione con la quale propone un repertorio molto vario, che spazia dalla french musette a brani della tradizione italiana, tedesca, russa e spagnola, fino al tango, al ragtime e alcuni brani della tradizione americana. Nel 1996 ha vinto a Parigi il premio “Best Foreign Performers” insieme al cantante Attila Bardoczy.

Dal 1993 fa parte del “Budapest Accordion Trio”, una formazione unica nel suo genere, molto famosa in Ungheria e in Europa.

Quando e perché ha iniziato a suonare la fisarmonica?

Avevo circa tre anni, quando mio padre mi ha suonato la fisarmonica per la prima volta. Mio padre era un vero maestro di questo strumento e io ero così divertito dal suono di questo strumento che, per il mio quarto compleanno, ho chiesto una fisarmonica. Così è iniziato il mio amore per la fisarmonica. Anche se mi sono poi specializzato in pianoforte e organo, sento che la fisarmonica è lo strumento che mi accompagnerà per il resto della mia vita. Quando, all’età di quattro anni, ho realizzato quanto fosse bello il suono di questo strumento nelle mani di mio padre, gli ho chiesto quale fosse il segreto per farlo suonare allo stesso modo anche nelle mie mani. Lui mi disse che dentro la fisarmonica ci sono sia i suoni buoni che quelli cattivi e ciò che si deve fare è cercare di far uscire solo i primi. Così quando gli ho chiesto che cosa avrei dovuto fare per far uscire i suoni migliori, lui mi rispose semplicemente così: “Si deve vivere così…”. Ho dovuto affrontare un duro lavoro quel giorno e, da allora, mi sono messo alla ricerca.

Come è percepito questo strumento nel suo paese?

In Ungheria la fisarmonica era famosa soprattutto negli anni Cinquanta. In seguito, con la diffusione degli strumenti elettronici, ha iniziato a perdere terreno. Dagli anni Novanta, però, qualcosa ha ricominciato a muoversi. I compositori, soprattutto, hanno compreso fino in fondo quanto questo strumento fosse universale e hanno così cominciato a impiegarlo nelle colonne sonore e negli studi di registrazione. Ho realizzato il mio primo CD nel 1991 e il mio intento era di mostrare quanto la fisarmonica fosse articolata e versatile. Questo è il motivo per cui quel disco racchiude così tanti stili musicali. Fu un grande successo e al disco seguirono numerosi concerti, durante i quali gli spettatori compresero finalmente che la fisarmonica poteva essere impiegata in molti altri modi, e non solo nelle feste di matrimonio. All’inizio degli anni Novanta, in Ungheria, nessuno, a parte me, teneva concerti per fisarmonica. Questo, al tempo, era un rischio e un’operazione pionieristica, ma credo di poter dire, con molta modestia, di aver contribuito alla rinascita della fisarmonica in Ungheria.

Lei si è espresso attraverso differenti generi musicali. Si è trattato di una scelta legata alla possibilità di raggiungere un ampio spettro di pubblico, oppure di un tentativo di valicare i limiti dello strumento?

“Variety rejoices”. Dal momento che la fisarmonica è uno strumento altamente espressivo, ha la possibilità di restituire al pubblico, attraverso la musica, diverse sfumature della vita. Questo è possible, ovviamente, quando lo strumento è nelle mani di un musicista sensibile. Per un musicista sarebbe impossibile esprimere le esperienze della sua vita attraverso un solo genere musicale. Per questo nei miei concerti propongo tutti i generi musicali possibili, a partire dalla French Chanson fino alla musica balcanica e al tango di Piazzolla. Alcuni credono che non sia positivo proporre al pubblico una così ampia varietà di generi. Ma io sono fermamente convinto che se proposta nel modo giusto, la varietà non è percepita come incoerenza. Fortunatamente la vita mi ha dato ragione. Da Singapore alla Siberia, dall’India all’America, il pubblico reagisce sempre positivamente.

Qual’è la sua esperienza con altre formazioni?

Sono interessato a tutte le forme musicali e a tutte le esperienze, dalla performance solistica alla big band. Sopra ogni altra cosa, comunque, preferisco eseguire musica da camera con piccole formazioni, anche se la mia ultima esperienza è un progetto con un’orchestra sinfonica. Un progetto che mi ha veramente emozionato, perchè l’empatia tra una fisarmonica e una grande orchestra crea delle dinamiche incredibili. Per non parlare di tutti i toni “vivi” che si possono ascoltare attraverso l’interazione tra i tanti strumenti acustici. Quando, alcuni anni fa, ho suonato per la prima volta con un’orchestra sinfonica, ero inizialmente preoccupato, perchè, da quando ho quattro anni, suono la fisarmonica ad occhi chiusi. E questo, evidentemente, non facilita le cose quando si ha a che fare con un conduttore. Per fortuna ho potuto lavorare con musicisti e conduttori eccezionali, con i quali abbiamo instaurato un grande feeling. Non è stato un problema neanche con le grandi orchestre, come anticipato, e presto il pubblico potrà ascoltare alcune mie nuove produzioni in questa forma.

Lei suona una fisarmonica Serenellini. Quali sono i motivi di questa scelta? In cosa differisce dagli altri strumenti?

Ho provato la mia prima Serenellini al Musikmesse di Francoforte, circa dieci anni fa. Mi ha fin da subito colpito il suono e subito mi sono innamorato. Non l’ho comprata in quel momento, perchè a casa avevo nove fisarmoniche di altissima qualità. Ma la Serenellini che avevo provato aveva il suono giusto. Grazie a una serie di coincidenze, un anno dopo, lo stesso strumetno che avevo provato a Francoforte era di nuovo nelle mie mani. E in quell’occasione, l’ho riposta nella custodia e l’ho portato a casa. Anche se avevo sempre avuto strumenti di ottima qualità, il suono di quella Serenelli Imperator, la dinamica del clarinetto, mi ha incantato e ancora oggi non riesco a farne a meno. In seguito, con alcune piccole modifiche, è stato possibile ottenere un suono più adeguato alle mie necessità, provando, ad esempio, diversi tipi di whistles e applicando un microfono interno. Negli ultimi dieci anni mi sono esibito in numerosi concerti, ho realizzato dischi e registrazioni in studio, e ho sempre portato con me questo strumento, cercando di trattarlo nel migliore dei modi. Perché la qualità dello strumento, a fronte di un uso così continuativo, può essere garantita solo da un’estrema cura e attenzione. Con mia grande soddisfazione, una collaborazione tra me e la Serenellini ha portato, quest’anno, alla realizzazione di un nuovo modello di Serenellini Imperator. Sono molto contento e soddisfatto e, allo stesso tempo, sono un po’ “arrabbiato” con Luciano Serenellini, perché ho due strumenti di cui ormai non posso più fare a meno! Inoltre, quando ci lavoro, accade anche che il tempo passa senza sosta. Lo strumento è tutto per un musicista, e con una fisarmonica il contatto fisico è strettissimo: lo strumento si muove con il corpo e, per questo, è molto importante che ci sia un coordinamento. Un buono strumento è una continuazione del corpo del musicista, praticamente una parte del corpo. In alcuni casi, come accade a me con la Serenellini Imperator, non è solo una parte del corpo, ma anche una parte dell’anima.

Può parlarci del suo ultimo album?

“Csak játék.. Its only a game…” è il titolo del mio ultimo album, pubblicato lo scorso aprile. Si tratta di un lavoro caratterizzato da contenuti molto differenziati, all’interno del quale si possono trovare brani di musica balcanica, di Piazzola, fino a musiche folk ungheresi. Ho lavorato molto anche sui suoni. Ad esempio un brano tradizionale ungherese è eseguito con clarinetto basso, udu (tamburo tradizionale nigeriano), chitarra basso e fisarmonica.

Sono anche molto soddisfatto di essere riuscito a coinvolgere, nell’album, grandi musicisti, come Bela Lattman – che ha suonato, tra gli altri, con Tooth Thielemans e Tony Campbell -, Mihaly Borbely – il quale ha collaborato con artisti del calibro di Boban Markovic, Georges Moustaki e Ferus Mustafov, accompagnandoli in tournée in Europa, USA, Messico e Australia -, Kornel Horvath, uno dei percussionisti più originali al mondo, Gyorgy Ferenczy all’armonica. Inoltre Zoltan Sipeki, vincitore del Fonogram Award, si è occupato della direzione musicale. Vi è poi la partecipazione di Antal Kovacs, chitarrista gypsy famoso in tutto il mondo, e Zoltan Balogh, un maestro della musica balcanica e virtuoso chitarrista.

All’album è seguita una lunga serie di concerti ancora in corso che il pubblico sta apprezzando molto. Abbiamo inoltre ricevuto molti inviti e speriamo che confidiamo che presto potremo venire anche in Italia.

Sta lavorando a un nuovo progetto discografico? Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Mi sento innanzitutto molto fortunato per aver la possibilità di condividere il palco con grandi musicisti.

Sono molto concentrato sulla ricerca sonora: sto lavorando a un nuovo album con il duo “Flying hands…”, che ho formato insieme al percussionista Kornel Horvath, il quale può vantare, tra le altre collaborazioni, la partecipazione a un album di Al Di Meola.

Uno dei progetti che più mi esaltano è la realizzazione di un DVD nel quale sarò protagonista con l’orchestra sinfonica. Inoltre stiamo organizzando il concerto per il nuovo anno, che si terrà a Budapest il tre gennaio. Tutti i partecipanti sono musicisti famosi e apprezzati virtuosi, ma la vera star sarà il violinista Roby Lakatos, con il quale stiamo preparando una sorpresa speciale.