Un uomo profondo – Nazzareno Carini: una vita per la fisarmonica (2° parte)

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Nella vita di Nazzareno Carini, e nel racconto che lui stesso ne fa, ci sono poche pause, ma sono tutte molto significative. Nella sua esistenza si tratta di pause di riflessione, che Nazzareno ha fatto per cercare di compiere le scelte più giuste, professionali e familiari; nella narrazione sono pause fatte di sorrisi o di sguardi bassi, per schermirsi, per cercare riparo dalle domande ostinate dell’intervistatore. Che chiede, vuole sapere, conoscere. Per esempio, che cosa accadde, nel 1950, al ritorno a Castelfidardo.

“Quando siamo tornati in Italia dalla Francia, abbiamo ripreso l’attività della costruzione delle fisarmoniche. Inizialmente, ne facevamo solo quattro al mese. Il marchio era rimasto sempre in piedi, ma mio padre ha ricominciato da puro artigiano, non avevamo operai. C’era mio padre e c’eravamo noi, la famiglia”.Nazzareno Carini: una vita per la fisarmonica - seconda parte (foto 2) Le quattro fisarmoniche al mese che i Carini riescono a produrre a quel tempo sono le più grandi che esistono, “fisarmoniche giganti; molti, oggi, non le conoscono più”. Sono strumenti diretti al mercato francese e belga, fatti per un importatore italo-belga che si chiama Pescante. Nazzareno, con la sua memoria «imbarazzante», ne ricorda ancora l’indirizzo di Bruxelles. A mano a mano i Carini riescono ad aumentare la produzione, tanto che decidono di espandersi sul mercato: “Avevo un fratello più piccolo di me, Sergio, classe 1935, che decidemmo di mandare in America.Nazzareno Carini: una vita per la fisarmonica - seconda parte (foto 3) La sua fu proprio un’avventura”. Alla parola “avventura” le orecchie dell’intervistatore si drizzano, tutti i sensi si fanno più ricettivi, la stessa telecamera di cui si serve sembra aguzzare l’occhio… pardon, l’obiettivo. “Mio fratello andò prima in Venezuela, poi si trasferì nel Canada, dove conobbe una ragazza che studiava belle arti. Era una giovane colombiana, molto benestante. Lo zio di questa ragazza è stato presidente della Repubblica. Qualche anno dopo, quella che ormai era diventata mia cognata ha portato l’invito al Papa Paolo VI per visitare la Colombia”. La ragazza si chiama Martha Gutierrez Forero, la sua è una famiglia di proprietari terrieri molto in vista a Bogotà.Nazzareno Carini: una vita per la fisarmonica - seconda parte (foto 4) Purtroppo, morirà giovanissima e Sergio sposerà in seconde nozze la cugina di Martha, Costanza. Prima che tutto ciò accada, però, in Canada Sergio conosce De Florio, un bravissimo fisarmonicista di origine italiana, abruzzese, che suona in TV e gli propone di vendere i prodotti della ditta Carini. Il musicista è interessato, ma tentenna. Sarebbe felice di farlo, ma non ha i soldi per poter importare le fisarmoniche. Buon sangue (di imprenditore) non mente: “Mio fratello aveva capito che in quel paese era difficile introdursi senza un personaggio conosciuto”. E allora, Sergio lancia l’offerta: “Io ti faccio avere le fisarmoniche e tu me le paghi dopo che le avrai vendute”. Affare fatto! Quel signore è diventato uno dei più grandi importatori del Canada ed è conosciuto da tutti a Castelfidardo. “Oltre ai rapporti di affari, con lui abbiamo anche una profonda amicizia” racconta Nazzareno, e si percepisce che questa è la componente della relazione che gli sta più a cuore, “tant’è vero che una volta che l’abbiamo invitato qui in Italia – c’è stato 2 o 3 volte – si è ammalato d’influenza e ha dormito nel letto di mio padre, addirittura!”.Nazzareno Carini: una vita per la fisarmonica - seconda parte (foto 5) In Canada, la famiglia Carini spedisce oltre cento fisarmoniche al mese, ma Nazzareno non è uno che si accontenta facilmente e, soprattutto, è uno che va al fondo delle cose: “Io fin da piccolo ero abituato a studiare i costi della produzione e l’utile che si poteva ricavare, e mi piaceva anche farlo”. Qui l’imbarazzo di Nazzareno si fa quasi palpabile. “Il Canada è un paese particolare perché il ciclo di lavorazione delle fisarmoniche, allora, richiedeva due mesi. Le spedizioni necessitavano di un tempo molto lungo perché tutte le merci percorrevano i grandi laghi di San Lorenzo. E i laghi, per sei mesi l’anno, erano gelati. Era un momento che le banche speculavano moltissimo; quando i soldi erano arrivati non te lo dicevano subito e li trattenevano per parecchio tempo. Quindi, dal momento che investivi i soldi al momento che arrivavano gli incassi succedevano tante cose e il materiale aumentava di prezzo”. A Castelfidardo, tutti i costruttori di fisarmoniche sono alla ricerca di un’alternativa. Nel 1969, questa alternativa la trova Nazzareno: “Fu per puro caso. Una ditta, che produceva un materiale essenziale a ricoprire i mantici, cessò l’attività. Era l’ultima ditta che lo produceva ed era un materiale un po’ difficoltoso da fare. Ma era anche un materiale indispensabile e noi tutti ci ritrovammo senza”. Nazzareno, da grande conoscitore del mestiere non si dà pace e comincia a cercare qualcosa di nuovo, che possa ugualmente andar bene: “Sono riuscito a trovare un materiale che oltre ad essere buono, veniva a costare molto molto meno di quello precedente. Mi misi a produrlo e riuscii a venderne una quantità enorme, anche alle grandi fabbriche. E questo è stato l’inizio. Poi m’hanno detto: visto che sei stato molto bravo a trovare questo, guarda se riesci a trovare qualche altra cosa che può costare meno”.Nazzareno Carini: una vita per la fisarmonica - seconda parte (foto 6) Nonostante la sua innata modestia, Nazzareno non riesce a nascondere una punta d’orgoglio. Più che legittima. La sua seconda ricerca per risparmiare sui cicli di produzione si orienta, stavolta, su un piccolo particolare, ma tutt’altro che insignificante: i rombi in pelle sottilissima che vengono applicati al mantice. In ogni fisarmonica ce ne vanno 70/72. La pelle è quella che si usa per i guanti, una pelle morbidissima, di agnello, molto malleabile. “Tutti questi rombi venivano da Napoli dove c’erano le conce per fare questo tipo di pelle. E venivano tagliate a mano con le forbici una ciascuna. Io, a un bel momento, mi sono chiesto: ma perché questo sistema? È una domanda che mi faccio anche quando smonto una fisarmonica e mi dico: ma perché hanno usato questo sistema quando si può fare in un altro modo e per di più migliore?”. Nazzareno pensa che prendendo non una sola pelle, ma 15/20 sovrapposte l’una all’altra e facendo uno stampo con delle impronte – 20, 30 o 50 impronte in una volta –  con una pressa se ne sarebbero potute tranciare 500 in un colpo. Quindi il prezzo della lavorazione sarebbe diminuito drasticamente. Ma non basta. Nazzareno pensa bene a non sprecare gli scarti della pelle e incarica un paio delle sue operaie di recuperarli e di tagliarli a mano come facevano nelle concerie di Napoli. “Appresso a questo sono venute tante altre cose”. Nazzareno, infatti, cerca – e trova – sempre nuove soluzioni: dalla standardizzazione di viti, bottoni ed altre componenti della fisarmonica al lancio di nuovi materiali che si affermeranno nel tempo dopo aver incontrato, inizialmente, la diffidenza dei costruttori più conservatori. “Oggi, se non ci fossero quei materiali sarebbe un disastro. Materiali che diminuiscono i costi e i tempi di lavorazione”. E quel risparmio permette alla famiglia Carini di realizzare un grande magazzino conosciuto in ogni dove: “Io lavoravo con 32 paesi del mondo: fornivamo tutte le grandi fabbriche in Austria, Germania, Svizzera Francia, e anche i grandi magazzini e tutti i riparatori”.Nazzareno Carini: una vita per la fisarmonica - seconda parte (foto 7)

Nazzareno aveva promesso alla moglie, Ardina, che quando avessero raggiunto una certa età avrebbe abbandonato il lavoro. Quel momento arriva, ma Nazzareno si rende conto di essere ancora indispensabile all’azienda: “Mio fratello sul lavoro è una macchina, ma da solo non ce l’avrebbe fatta. Cominciai anche a lavorare di più e a coinvolgere tutta la mia famiglia”. La sig.ra Ardina si licenzia e va lavorare con lui, lo stesso fa il cognato e anche le figlie, che si occupano della contabilità e della corrispondenza. “Ho comprato anche una fabbrica di bottoni per le fisarmoniche e ho assunto altri 15 operai. Lì ho rivoluzionato tutto e dalla lavorazione manuale sono passato alla meccanizzazione. Siamo – ora però se ne occupa solo mio fratello – l’unica ditta al mondo che produce tutti i tipi di bottoni sia per il manuale destro sia per il sinistro della fisarmonica. Riuscivo a fare concorrenza alle grandi officine meccaniche perché lo stampo di quella parte lo producevo io, poi lo davo anche alla stessa officina meccanica che produceva quella parti, però gli dicevo: tu non mi stampi 100 pezzi, ma 10.000, una cosa che loro se la sognavano, gli ci voleva una vita intera per avere un consumo del genere. Ho sempre giocato su aumento produzione/diminuzione costi per battere la concorrenza”.

Gli anni passano, però, e il lavoro si fa sempre più duro. La giornata lavorativa di Nazzareno termina a mezzanotte tra chiusura dei conti, risposte alle richieste più incredibili e, a volte, provenendo dall’estero, indecifrabili perché ogni lingua ha le proprie parole per chiamare le componenti della fisarmonica. “Alla fine, mi resi conto che se fossi andato avanti così, sarei stato perduto” L’occasione per smettere gliela la offre la figlia maggiore che dà ai genitori il grande annuncio: è incinta di 2 gemellini e ha bisogno dell’aiuto dei genitori. Lei e il marito, da soli, non ce la fanno. “È la cosa più bella del mondo!” esclama Nazzareno raccontandomi l’episodio. Ed è ancora commosso. La decisione è presa all’istante, senza bisogno di una pausa di riflessione. Lascia l’azienda al fratello Demitrio, classe 1938, e ai suoi figli. Ma l’attività di Nazzareno non si arresta. Fa il nonno, sì, ma si prodiga ancora per la fisarmonica. E continua ad essere una miniera, pressoché inesauribile, di storie sul quel mondo. Continuerò a raccontarvele per suo conto…