Il violinista Enrique Jorrin compone il primo Chachacha della storia

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Enrique Jorrin“Dance is the poetry of the foot (Ballare è la poesia dei piedi).

Così amava definire il ballo John Dryden, grande letterato inglese, poeta e drammaturgo, vissuto nel 1600 in Inghilterra. Questo per dire che la cultura del ballo è sicuramente parallela, se non integrata, nella letteratura dei popoli ed anch’esso, ispirazione poetica e stimolo di sentimenti fortemente legati all’evoluzione umana. Ovviamente, quando parliamo di ballo, parliamo contemporaneamente di musica, pura espressione poetica, stimolatrice di passioni, ideali ed amore. Oggi, per la passione che mi lega a tutto quello che è arte e comunicazione, voglio occuparmi di uno dei balli latino-americani, più recenti in ordine di tempo, ma che ha avuto evoluzione veloce, essendo immediatamente stato recepito soprattutto dai giovani, nel mondo: il Chachacha. Il popolo Cubano nei primi anni 50, viveva il dominio del dittatore Fulgencio Batista, che si macchiò dei più efferati crimini verso la sua gente,  trasformò l’isola in un casinò a cielo aperto, con il tentativo di attrarre ricchi turisti americani, per rimpinguare le sue tasche. Questo però, necessitava di altre attrattive a complemento del gioco d’azzardo. Cosa, se non la musica ed il ballo accompagnano il divertimento? Fu così che la richiesta di nuovi ritmi innovativi crebbe, solleticando l’inventiva dei musicisti di tutta l’area latina. Fra questi il violinista e direttore dell’Orchestra America Enrique Jorrin, compose il brano “la Enganadore”, considerato il primo chachacha della storia di questo ritmo. Inizialmente, il maestro lo battezzò: mambo-rumba, e successivamente coniò il termine chachacha, che richiamava in modo onomatopeico, il suono prodotto dai ballerini, con i piedi che strusciando, davano vita ai quattro passi base del nuovo ballo. I vecchi musicisti cubani asseriscono che il ritmo del chachacha esisteva già nei primi anni del novecento, ma allora nessuno faceva caso alle innovazioni: si ballava e basta! Già i ballerini dell’epoca erano inventori di nuovi passi che si integravano con le varie musiche ed ognuno era maestro di se stesso e del proprio gruppo musicale. Le più famose orchestre di Cuba, dell’epoca, si attivarono per meglio definire la nuova tendenza, in particolare L’Aragòn de Cenfuegos e quella di José Fajardo y sus Estrellas. Da questa invenzione scaturirono grandi capolavori musicali come: “Perfidia, Rico Vacilòn, El pollo de Carlitos, Yo tengo una muneca e molti altri. Questi brani divenuti apripista per il nuovo fenomeno musicale, ancora oggi ci fanno ballare, quasi inconsapevolmente allorquando ne ascoltiamo il ritmo. Negli Stati Uniti il successo del chachacha fu merito dei musicisti portoricani Tito Puente, Tito Rodriguez, Perez Prado e Xavier Cugat, che seppero coinvolgere la loro generazione, decretandolo uno dei balli preferiti a tutti i livelli. Proprio negli Stati Uniti, che da sempre hanno saputo sfruttare tutto ciò che è innovazione, si crearono gruppi di ballo, specializzati di oltre 16 elementi. l’Italia conobbe questo fenomeno musicale all’inizio degli anni 70, quando, la procace e famosa soubrette dell’epoca: Abbe Lane con l’orchestra di Xavier Cugat, allora suo compagno di vita, fece impazzire tutti gli italiani: Abbe Lane, con le sue movenze e Xavier Cugat con i suoi ritmi coinvolgenti. C’è da dire che la televisione italiana, che a quell’epoca attraversava un periodo d’oro, sfruttò al massimo questo filone di spettacolo, decretandone il successo e da allora, anche con l’avvento di altre mode, il chachacha, è rimasto il gaio ballo per eccellenza. Chi non ricorda, Renato Carosone con Torero? O “Tea for two”, eseguito da tutte le orchestre americane, diffusosi in tutto il mondo con variegate interpretazioni e variazioni? Gli anni 70 hanno potuto godere le geniali esecuzioni di Carlos Santana, chitarrista di origine messicana, che fondendo il rock ed il chachacha, ha regalato al mondo: “Black magic woman, Corazon espinado e Oye como va” un pezzo, che in origine fu eseguito da Tito Puente, ma portato nell’Olimpo della musica latina proprio da Santana. C’è anche da dire, che i maestri di ballo, utilizzano il chachacha per far cogliere ai propri allievi la vera essenza del ritmo, essendo questo ballo stimolo psicologico che dispone al movimento ritmato per eccellenza. In tutto questo, l’Orchestra, nella disposizione strumentale, assume una funzione basilare. Infatti, la struttura di base è il Son, che prevede l’uso del contrabbasso, che in origine era sostituito dalla botija, contenitore di liquidi in terracotta, molto usato in Spagna per esportare il suo olio. Agiva, soffiandovi all’interno emettendo un suono sordo e profondo come quello del contrabbasso. Il tres, chitarra cubana  con tre corde, il bongo, formato da due tamburi, percossi dal musicista, situati fra le sue gambe, maracas e claves, che con i loro suoni accompagnavano tutti i ritmi latini e fra gli altri il guiro ricavato da una zucca, svuotata dai semi e dalla polpa, fatta essiccare e sfregata da una bacchetta, emetteva un suono caratteristico. Oggi, che le ben note vicende migratorie, tanto irritano le popolazioni occidentali, mi chiedo: cosa ne sarebbe stato della nostra cultura musicale, senza l’apporto determinante del genio musicale di questi popoli?

Renato Catania