El Barrio… il respiro del Tango
Per suonare il tango non basta leggere una partitura. Occorre imprimere il suono di quella malinconia argentina così diversa dalla saudade brasiliana. E neanche basterebbe se non fosse presente quel respiro tanghero che ne rappresenta un elemento quasi biologico di sensuale vitalità e nello stesso tempo di senso virtuale di ritmo intriso di nostalgia del presente che ti parla di passato.
Da Piazzolla a seguire il tango ha riscoperto di essere una forma frequentabile dal jazz e dai jazzisti. In effetti, assieme alla componente autoctona (indios, musica popolare) ed a quella euromelodica latina c’è un elemento africano (che parte dalla lontana habanera) che incide anche sulla frammentazione particellare della cadenza binaria (come nella milonga).
Il quartetto dei Sertango, con Virginio Aiello all’organo hammond e al piano, Ivano Biscardi alla fisarmonica, Bruno Aloise alla chitarra e Corrado Aloise alla batteria, nell’album parla quell’idioma, ne riprende l’afflato emotivo, addirittura ne sceneggia, nel brano che dà il titolo al disco, sequenze e ne fotografa luoghi della memoria.
I musicisti, di estrazione classica, e di propensione jazz, interpretano i classici, ma presentano anche inediti, come Fugato, movimenti bachiani e improvvisazioni a spirale, o l’introspettiva e toccante Goon e la passionale Zarathustra con arrangiamenti elaborati in cui gli strumenti dialogano in maniera lieve ed intensa attraverso sonorità oniriche ed originali. Poi è la volta di Por una Cabeza, Oblivion e, naturalmente, Libertango che Piazzolla, nella sua rivoluzione tanghera, ha trasformato in inni di struggimento dalla terra dei “nostri” Piazzolla, Pugliese, e di Cadicamo, origini arbereshe, che diede testo poetico alla musica di Gardel.
Amedeo Furfaro
Riviste principali di riferimento: Musica News, Corriere del Sud, Redazione Unical
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