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Gianluca Pica: comporre per liberare la propria energia

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Gianluca Pica - Intervista Strumenti&Musica 2019Gianluca Pica è un fisarmonicista e compositore estremamente versatile, incline a una miriade di generi musicali, poiché, da sempre, mosso da un’impellenza fisiologica di accrescere e approfondire le sue conoscenze. Fresco di nomina come docente di fisarmonica moderna presso il prestigiosissimo Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma, narra la sua storia personale e artistica attraverso questa ricchissima intervista.

Dal 1996 al 2000 ti sei formato musicalmente in Francia, dove, fra le altre esperienze, hai brillantemente conseguito il diploma in fisarmonica classica presso il Conservatorio “Edgard Verëse” di Parigi, conquistando per giunta la medaglia d’oro. Ma hai studiato anche in Spagna e in Serbia. Dal punto di vista della concezione didattica, hai notato differenze sostanziali fra l’Italia e queste nazioni?

«Ho imparato a guardare la musica e lo strumento con gli occhi di un bambino. I bambini si soffermano ad osservare dettagli che un adulto non guarderebbe mai. Dal punto di vista tecnico e musicale ho riscontrato una visione inaspettata, fondata principalmente sulla concezione dello strumento, inteso soprattutto come strumento aerofono, basando lo studio sui principi della colonna d’aria, oltre alla visione di “strumento da tasto”. Da questo tipo di approccio ci si avvicina a una sonorità più ricercata e a una precisione tecnica più immediata e costante nel contesto della performance».

Sempre alla perenne ricerca dell’approfondimento degli studi, ti sei profondamente interessato anche alla musica barocca, all’elettronica, al canto, al pianoforte, al jazz e alla musica cubana. Queste conoscenze, oggi, ti consentono di essere un musicista più completo e particolarmente poliedrico?

«Sin da bambino mi sono sempre interessato a tutto il mondo musicale e a tutti i generi. Questo interesse si è amplificato sin da subito. A 8 anni ho tenuto il mio primo spettacolo in cui sono stato pagato come un musicista di mestiere, e da quel momento ho coltivato interessi correlati al mondo dello spettacolo, visto che mi affascinava sia la musica che guadagnarci qualcosa. La mia prima tastiera, a soli 5 anni, è stata una Bontempi, mentre a 8 i miei genitori mi hanno regalato un organo GEM a due manuali, con pedaliera, che possiedo ancora oggi. Successivamente ho iniziato ad acquistare strumenti musicali elettronici, impianti audio e tutto ciò che riguardasse l’attrezzatura adatta di quel tempo (inizio anni Ottanta), per rendere al meglio durante le serate e le varie manifestazioni. In un secondo tempo ho iniziato a creare basi musicali con il vecchio Commodore Amiga 500 e Atari 1040 ST utilizzando Cubase 1.0. Da qui ho incominciato ad appassionarmi all’informatica musicale, poi sviluppata con vari docenti, tra i quali, Umberto Scipione. Inoltre mi sono dedicato al canto, perché sono sempre stato un appassionato di questa disciplina. Dal 1994, avendo fondato l’Accademia Musicale A.P.M. Music Center dedicata a tutti gli strumenti e discipline musicali, ero spesso circondato da noti insegnanti di canto che invitavo, fra cui Luca Pitteri, con i quali in contemporanea agli stage che tenevo nella mia accademia, coglievo l’occasione per studiare. Lo stesso per i corsi di Dj con il famoso Dj di RDS Maurizio Rocca. Quanto ai corsi di musica barocca, jazz, musica contemporanea, tecnica Alexander e altro, oltre a sfruttare l’opportunità di apprendere nel contesto accademico da me creato, mi alternavo frequentando stage in varie scuole europee. Sono sicuro che conoscere svariati generi musicali e diverse facoltà aiuti artisticamente e didatticamente a ragionare a 360 gradi e a creare esempi e similitudini giustificate e veritiere».

Nel 2004 hai ricevuto il “Premio Internazionale Bonifacio VIII”, “Roma Città Eterna” e la nomina di Cavaliere dell’Ordine Teutonico Dinastico di Svevia. Puoi raccontare i momenti più significativi legati a queste tre esperienze?

«All’inizio degli anni 2000 ho avuto la fortuna, con la fisarmonica classica, di entrare in un contesto concertistico che seguiva le tappe di Mauro Cutrufo. Nell’ambito di questo tour erano presenti tre artisti: la cantante Eleonora Falchi, il comico romano Andrea Perroni e io. Questi spettacoli, inoltre, vedevano la presenza alternata di altri personaggi, fra i quali ricordo Mariella Nava. Il “Premio Internazionale Bonifacio VIII” mi è stato conferito nella famosissima città dei Papi, ossia Anagni, all’interno della manifestazione annuale organizzata dal Dott. Sante De Angelis. In occasione dell’evento sono state premiate numerose personalità a livello europeo dell’ambito sportivo, televisivo e dello spettacolo. Probabilmente, il mio ruolo di musicista in quegli anni già ventennale, ha spinto l’organizzazione a farmi attribuire questo premio. Per le stesse ragioni sono stato onorato in capitale del premio “Roma Città Eterna”, e nel castello della storica città di Fumone, trovandomi sovente in situazioni di alto valore costituzionale, sono stato insignito della carica di Cavaliere di Malta».

Oltre che da fisarmonicista, sei molto prolifico in veste di compositore, tanto che alcune tue composizioni sono state eseguite in Rai e Mediaset. Quali sono i tratti distintivi dei tuoi brani originali?

«Se non potessi comporre e produrre la mia musica sarei vivo a metà. Per me è una valvola di sfogo fondamentale, e molte volte l’adrenalina che la composizione mi fa rilasciare corrisponde a una corsa di 20 chilometri o a un rapporto sessuale. Con la musica puoi dire e fare tutto. Non si è mai andati in galera per aver composto qualcosa che non si potesse fare. Con essa puoi descrivere ciò che hai nella mente, nel cuore, puoi riassumere il resoconto di ascolto di una vita, da Bach a Wagner, ai Pooh, con dei segnali melodici e armonici subliminali che, fondendo il tutto in un’opera originale, regalano gioia e successo, toccando sensazioni crossover e funzionali. Parlo di contaminazione di ascolto a 360 gradi e, ovviamente, non di plagio. Puoi fare quello che nessuno ha mai fatto, partendo dal rumore di un bicchiere che cade (anche se nella musica concreta e atonale tutto è già accaduto), e puoi far arrivare un messaggio, ad esempio romantico, a chi vuoi tu, senza scrivere il destinatario, ma quest’ultimo capirà. La forza della composizione è infinita, ed è una delle poche cose che può far venire i brividi e liberare la tua energia. Potrei continuare all’infinito su ciò che rappresenta per me quest’arte, ma preferisco esternare ciò a cui mi rifaccio musicalmente e a cosa vorrei diffondere. Sono un appassionato di musica da film, nei generi specialmente d’azione e romantici. Il mio compositore preferito è Bach, ma amo anche la musica di Pat Metheny. Mi affascina la musica dance, e in quella acustica, strumentale, amo molto i tempi dispari, come il 5/8, il 7/8 e la ritmica 3-3-2. Nel mio spirito compositivo vince indubbiamente la scrittura tonale, ed il tutto si basa  sui seguenti elementi: inserire armonie moderne pur se in componimenti classici, anche se accordi di nona, undicesima, tredicesima, sus, power chord, sono sempre stati presenti nei vari compositori dal periodo barocco in poi, ma senza la nomenclatura e nemmeno siglati in chiave moderna. Dare energia con i ritmi succitati dispari e non, lavorando su linee melodiche orecchiabili (o non relative al momento), frasi in stile romantico, minimali, pattern inerenti a film d’azione, creando un’unità emozionale nella giovane generazione che si muove su parametri di ascolto nettamente differenti rispetto a quelli di cinquanta o cento anni fa. Basti pensare che una volta esistevano valori musicali larghi come la breve (ancora oggi utilizzata in qualche caso), la massima e la longa, ma si viaggiava a piedi, con i somari, in carrozza, con i cavalli. Quindi erano parametri di movimento, azione e ascolto del tutto diversi rispetto ai giorni nostri, in cui si viaggia con aerei e treni che a Shanghai arrivano a 430 chilometri orari. Nella musica pop si dice che “dopo un minuto deve partire il ritornello”. Sui video che si vedono sui social la soglia di attenzione è molto bassa (6 secondi circa), per cui con il tempo è consigliabile ridurre le durate. Tutto ciò potrebbe essere opinabile se si riuscisse a mantenere l’unità emozionale dell’ascoltatore, e per questo credo sia fondamentale tener presente l’atteggiamento ed il feedback per mantenere alta l’attenzione e divulgare il nostro strumento. Rispettiamo lo stile, la forma, l’operato compositivo dei geni del passato, ma riflettiamo anche su ciò che ci circonda, trovando la nostra chiave che possa attirare in modo naturale e diffondere le potenzialità del nostro strumento».

Da didatta, tieni numerosi seminari in scuole internazionali. Qual è il tuo approccio umano ed educativo con gli allievi?

«Sono del parere che se si vuole bene alla musica, allo strumento e a noi stessi, bisogna creare un qualcosa attorno a noi che ci faccia star bene, che ci dia stimolo nel fare questo lavoro e che produca dei risultati. Una frase che condivido è: “Non insegnare perché non hai alternative di lavoro”. La didattica è una cosa seria, importante e delicata. È necessario capire chi si ha davanti e correlare la docenza alla situazione. C’è una bellissima massima che recita così: “Se non imparo nel modo in cui tu insegni, insegnami nel modo in cui io imparo”. Alla base di un percorso didattico ci sono sempre molti fattori da modellare e ordinare che vanno oltre la musica, ma devono essere subito tenuti in considerazione. Uno di questi è l’eliminazione dell’ansia e della paura. Inoltre bisogna essere capaci, soprattutto se ci troviamo di fronte a dei bambini, di capire cosa fare o evitare per non annoiare, ma entusiasmare. Qui entrano in gioco diversi fattori psicologici, fra i quali l’arte del Public Speaking e il parlare un linguaggio a loro vicino. Perciò, non esiste uno standard e alla base di tutto, dal mio punto di vista, ci sono anche nozioni di carattere vitale da tener presente. Se i giovani studenti fossero posizionati con lo strumento di fronte a un muro alla distanza di un metro, un metro e mezzo, quindi con mancanza di spazio visivo e riduzione di aria, tenderebbero a distrarsi e annoiarsi in breve tempo. Oppure, se un allievo non respira in modo naturale durante un’esecuzione, andando spesso in apnea, cadrebbe molto più facilmente in vuoti di memoria ed errori. Anche dal suono emesso senza guardare lo studente mi accorgerei immediatamente della mancata respirazione. Elemento fondamentale è il lavoro sull’impostazione in relazione tra corpo e strumento, da dove si genererà il tutto. Un fattore per me importantissimo è quello di fare esempi non solo a parole, ma con lo strumento stesso. Le cose belle della musica non si leggeranno mai su uno spartito, e il suono che vorremmo non potrà mai essere raccontato. Durante le mie lezioni non esistono frasi del tipo “qui c’è scritto piano e qui forte”. Sarà la logica del discorso musicale a darne atto e a dirigerti. Per quanto mi riguarda è indispensabile comprendere che il musicista è anche un attore, e l’arte scenica è un parallelismo della musica. La didattica è sempre stata la mia passione, e ho dato vita alle prime esperienze d’insegnamento all’età di 15 anni, mentre contemporaneamente studiavo. Realizzavo dei tutorial con le audiocassette che spedivo in tutta Italia. Se un giorno dovessi scegliere fra la strada del concertista e la didattica sceglierei proprio l’insegnamento. Questo grande amore oggi mi premia, poiché alle fine del 2018 sono stato nominato docente per il corso di fisarmonica moderna presso il Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma, il quale già da questo primo anno prevedrà la frequenza di un gran numero di iscritti provenienti da tutta Italia».

Nel 2010, dopo una selezione, sei diventato il fisarmonicista di uno fra i migliori attori italiani degli ultimi 40 anni: Enrico Montesano. Quali sono i retroscena e gli aneddoti inerenti a questo importante momento della tua carriera?

«Ricordo quell’estate come un momento storico. Nel 2010 Enrico Montesano volle ideare un nuovo spettacolo per un tour estivo. Nei suoi monologhi avrebbe voluto farsi affiancare da un corpo di ballo, da cantanti, pianisti, fisarmonicisti, strumentisti in generale, cabarettisti e così via, ma senza avere le idee chiare sul da farsi. Venni a sapere che presso lo studio di registrazione “Diapason” di Roma stavano organizzando una selezione nazionale inerente a tutte le discipline per la scelta dell’organico o dell’artista che potesse entrare nel contesto dello spettacolo di Enrico Montesano. Portai con me due fisarmoniche, a piano e bottoni. E nel primo pomeriggio, entrando in studio, fui sommerso da una folla di artisti, molti dei quali li avevo visti in TV. Entrai nella location dell’audizione e vidi un bellissimo pianoforte a coda. Iniziai il provino suonando il piano, dallo stile classico al pop, fino a cantare una mia canzone. Poi, giunse il momento delle fisarmoniche, così incominciai a suonare un repertorio dal classico al varieté. Mi accorsi immediatamente di un grande interesse da parte dello stesso Montesano e dei vari produttori e manager. A un certo punto ricordo che, mentre mi ascoltavano, parlavano tra loro; e una volta terminato uno dei brani notai che stavano dicendo che, nonostante la mia performance lunga e impegnativa, non avevo una sudorazione eccessiva e antiestetica sotto i riflettori. Questo, per loro, fra i tanti, era un elemento imprescindibile al fine di salvaguardare la compostezza e la sobrietà del viso dell’artista durante lo spettacolo. Dopo qualche giorno chiamai l’agenzia per avere informazioni in merito, perché non seppi più nulla ed avevo quasi perso le speranze che potessi interessargli. Mi risposero che Montesano era indeciso fra una cantante e pianista di Firenze (di bellissima presenza) e me, ma ci sarebbe voluto qualche altro giorno per decidere. Pensai subito che risposero così per non farmi rimanere male, e sinceramente presi quella risposta come un elegante “no”. Un bel giorno, mentre stavo facendo lezione nel mio studio e ormai non pensavo neanche più alla bella esperienza del provino, il mio cellulare squillò con un numero sconosciuto. Risposi, ed era Enrico Montesano in persona! In genere non telefona mail il VIP, ma l’agenzia. Quel giorno non fu così, e testuali parole mi rimasero impresse: «Pronto, è il maestro Gianluca Pica? Sono Enrico Montesano, e avrei deciso di coinvolgerti nel mio tour». Mi prese letteralmente un colpo! Ricordo che una mia studentessa, durante la lezione, per informare la madre tramite SMS di questa splendida notizia, sbagliò destinatario e inviò il messaggio a me. Non si capiva chi fosse più emozionato fra me e lei. Montesano mi diede la possibilità di creare un ensemble di fisarmoniche, dunque portai con me altri quattro studenti e amici provenienti da varie regioni d’Italia, i quali, dopo una successiva conoscenza e selezione da parte dell’attore, entrarono a far parte del cast in cui io ero direttore del quintetto. L’intensità dei boati, degli applausi e delle urla durante i primo concerti li ricordo ancora oggi, uniti alla pelle d’oca e a un’intensa emozione che mi hanno aiutato a capire un nuovo mondo, amplificando in modo positivo la mia opinione riguardo l’arte e lo spettacolo».

Gianluca Pica - Intervista Strumenti&Musica 2019Invece, dal 2013, sei fisarmonicista, tastierista e corista dell’”Orchestra Italiana” di Renzo Arbore. Come è nata questa preziosa collaborazione con un personaggio così autorevole come Arbore?

«Nel luglio del 2013 fui contattato dalla stessa agenzia che mi comunicò del provino di Montesano, perché a seguito di questa esperienza conoscevano già il mio operato». L’inizio di questa prestigiosa collaborazione nacque con lo scopo di sostituire il loro fisarmonicista, Claudio Catalli, per motivi di salute. In caso di sostituzioni (molto rare nel corso dei 27 anni di storia dell’”Orchestra Italiana”) Arbore ha sempre organizzato provini e selezioni in tutta Italia anche della durata di mesi, proprio per trovare personaggi musicalmente e artisticamente preparatissimi, di bella presenza, con solide esperienze professionali e capaci di interagire umanamente  andando oltre la musica. In uno degli ultimi avvicendamenti temporeggiò per circa quattro mesi, setacciando tutta Italia per trovare uno dei nostri nuovi musicisti. All’inizio mi alternai con il loro storico e talentuosissimo fisarmonicista Catalli. Ma in seguito, a causa della sua triste e prematura scomparsa, incominciai a lavorare con l’”Orchestra Italiana” in veste ufficiale. Con essa sono entrato in una dimensione che credevo soltanto di poter sognare. Oltre ad avermi concesso l’opportunità di conoscere di persona tantissimi VIP, dei quali da bambino ne ero un ammiratore dall’altra parte dello schermo, oggi ci lavoro costantemente insieme, incontrandoli sia in programmi televisivi che nei tanti tour. In una delle ultime trasmissioni RAI, ad esempio, abbiamo accompagnato Stefano Bollani, Gigi Proietti, Tullio De Piscopo e molti altri. Da marzo 2019 ripartiremo con il tour da Catania, in concomitanza di un programma TV della RAI, per poi proseguire nei mesi successivi con un concerto per l’ONU e un tour negli Stati Uniti».

Attualmente, quale marchio di fisarmonica stai utilizzando nei tuoi concerti e in studio di registrazione?

«Un marchio tutto italiano, per la precisione Euphonia, rappresentante la ditta Tiranti Fisarmoniche di Castelfidardo. Dal 2018 sono influencer e partner ufficiale di quest’azienda. La maestria collettiva del leader Marco Tiranti ha un passato molto significativo, poiché per anni ha lavorato al servizio di importanti marchi di fisarmoniche fidardensi, fra cui Pigini e Bugari. Dal connubio di queste nobili esperienze, dieci anni fa, nacque giustappunto Euphonia. Di questi strumenti mi ha colpito sin da subito il calore del suono, l’elegante design, la tenuta di mantice e la scrupolosa cura dei dettagli. La costruzione parte dagli strumenti a bassi tradizionali fino ad arrivare ai modelli bayan classici. L’entusiasmo della collaborazione con il marchio Euphonia mi spinge a interagire per l’ideazione e la creazione di nuovi modelli di fisarmoniche, da me firmati, con particolari caratteristiche, che usciranno come modello “Style”. Dallo scorso mese di gennaio abbiamo iniziato la presentazione dello strumento su tutto il territorio nazionale».

Ormai da un mese abbondante abbiamo dato il benvenuto al 2019. Ebbene, in questo nuovo anno, ci sarà spazio per un tuo nuovo progetto discografico?

«Ultimamente ho dedicato il mio tempo alla produzione di singoli, perché molto spesso sono correlati a videoclip di diverso stile in cui, alcune volte, coinvolgo amici e studenti. Ho un mio sito internet (www.gianlucapica.com) sul quale carico sempre le mie produzioni destinate alla vendita e in pacchetti di: spartito, play e, qualora non si trattasse di musica classica, anche di basi musicali. Questo sistema lavorativo, partendo da sponsorizzazioni Instagram, Facebook, YouTube e gruppi Facebook come per esempio Accordion Planet, un gruppo di fisarmonicisti da me creato, come gli altri gruppi, ci dà la possibilità di far conoscere il nostro operato. Questa forma di mercato mi regala molte soddisfazioni, sia in Italia che all’estero. Invito i colleghi, qualora non l’avessero ancora fatto, a creare una loro startup e a sperimentare, in questo caso pensando in musica, a un commercio globale. Il mio ultimo disco fisico risale a 14 anni fa e si intitola Tour 2005. Il motivo per cui al momento non sono invogliato a una nuova produzione discografica che rispecchi un’identità di stile è perché attualmente non sento e non voglio identificarmi in un unico stilema, questo perché il successivo potrebbe fuorviare le aspettative».

 

(Foto di Nicholas Tiranti)

 

http://www.gianlucapica.com/index.html

Autore: Stefano Dentice

Stefano Dentice ha scritto 221 articoli.

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