Tra le diverse registrazioni che documentano la sua ricerca, gli ultimi due dischi sono particolarmente significativi. Si tratta di Bach. Variations Goldberg, pubblicato nel febbraio 2022 dall’etichetta Paraty, e di Turn On, Tune In, Drop Out, pubblicato nel 2021 dall’etichetta Eole.
L’entusiastica accoglienza della critica internazionale verso entrambi i dischi sottolinea la qualità interpretativa di Fanny e, il più delle volte, celebra non senza stupore la fisarmonica da concerto come se essa si rivelasse per la prima volta al mondo. Riceviamo così due segnali molto chiari: è necessario ancora molto lavoro affinché l’immagine della fisarmonica da concerto sia conosciuta e apprezzata sia dal grande pubblico che dagli specialisti, e, soprattutto, è necessaria la diffusione di una certa qualità del lavoro. La configurazione dell’identità della fisarmonica da concerto necessita, infatti, di alcuni imprescindibili “ingredienti”. In primo luogo, la conoscenza musicale e, insieme, l’originalità della sensibilità e dell’intelligenza musicale dell’interprete, oltre alla motivazione a porsi come ricercatore, sempre. In secondo luogo, una concezione dello strumento, ovvero dell’identità sonora che si definisce in alchimia con la musica divenendo tutt’uno con essa. In terzo luogo, ma non ultimo, una competenza strumentale adeguata, quella che il fisarmonicista oggi può apprendere dagli studi, ma che richiede, comunque, un lavoro di ricerca in progress al quale nessuno che voglia lavorare professionalmente si può sottrarre.
Le incisioni di Fanny testimoniano tutto ciò, a partire dalle Variazioni Goldberg, opera con la quale ormai molti fisarmonicisti si confrontano. Al primo ascolto, si riconoscono bellezza, poesia e rigore allo stesso tempo, e un uso dello strumento che esprime la ricchezza dell’identità sonora e musicale della fisarmonica. Una lettura intima, per una generosa condivisione senza veli di un autentico sentire, lontano dall’esibizione di abilità tecniche che pure (e ancor di più) risultano evidenti; un sentire che non indugia mai in quella commozione esasperata e autocompiaciuta, troppo lontana dalla coerenza della scrittura, così imperante in altre offerte discografiche. L’interpretazione di Fanny sembra “ubbidire” alla scrittura con un pensiero musicale lucido, fluente e incessante, in cui il concetto di espressività si chiarisce in tutta la sua complessità.
I mezzi tecnici sono utilizzati nella loro pienezza e tanto integrati nel pensiero musicale da far dimenticare lo strumento: mantice funzionale, articolazioni differenziate, scelta dei registri che ottimizza la resa fonica dello strumento e si sposa perfettamente con articolazioni, dinamiche e caratteri. Le mille voci della tessitura bachiana vivono tutte di una propria identità e allo stesso tempo si nutrono l’un l’altra di senso e suono, in una dimensione cameristica e talvolta orchestrale: le due tastiere sembrano gestite da una terza mano (o meglio da un terzo orecchio), quello del direttore d’orchestra.
Colpisce la concezione del suono, materico grazie ad un gesto fondato su corporeità, sensorialità e intimo sentire, mai artificioso, estremamente ricco nella complessità delle componenti che lo costruiscono, restituito da una registrazione rispettosa della natura vivente e vibrante dello strumento (anche se talvolta manca quella crudezza in taluni casi inevitabile nel suono naturale) e offerto in una doppia dimensione: quella di una ideale risonanza acustica esterna e quella dell’ascolto interno, come a offrire da vicino la vibrazione percepita dallo strumentista.
Il secondo disco, come una seconda veste della stessa anima musicale di Fanny Vicens, presenta la stessa qualità nell’interpretazione di un repertorio interamente contemporaneo. Ecco, quindi, una collezione di lavori di sette compositori: Aurelio Elder-Copes (Cantiga, 2006); Pierre Jodlowski (Something out of Apocalypse, 2012); Mayu Hirano (Instant suspendu, 2014); Carlos de Castellarnau (Natura morta, 2014); Jérôme Combier (KI.KA.POU, 2016); Nuria Gimenez-Comas (De l’intérieur, 2021); Alexander Vert (Turn on, Tune in, Drop out, 2017). La raccolta racconta un ampio lavoro di ricerca, generato in contesti differenti, e vari aspetti di un inedito rapporto della fisarmonica e della fisarmonica microtonale XAMP con l’elettronica.
Il suono è vivo, non è mai asettico né artificioso, mai destinato esclusivamente alle meraviglie dell’analisi timbrica fine a sé stessa: il disco è permeato di quella che potremmo definire, forse, una sensorialità poetica che sembra andare oltre le possibilità del mezzo elettronico. Il suono della fisarmonica non è negato, ma potenziato, risuonato e amplificato senza essere snaturato, anzi: aspetti infinitesimali (talvolta evidenti solo alla consapevolezza dell’esecutore) vengono qui chiariti ed espansi, come a dare visibilità uditiva a potenzialità strumentali nascoste. La scrittura non solo lascia spazio al gesto esecutivo ma, rispettandolo, crea nuova materia sonora attraverso una speciale compenetrazione di componenti acustiche e digitali, in cui il gesto strumentale umano sembra trascinare con sé tutti gli altri elementi.
Grazie, quindi, al pregio dell’esecuzione, ma, prima, evidentemente, alla concezione dello strumento che l’interprete propone ai compositori, perché, nonostante le sostanziali differenze di scrittura, una caratteristica identitaria comune scorre trasversalmente in tutti i pezzi. Ritroviamo qui una Fanny poetica, lucida, presente, arcana, con il mistero di un suono che sembra arrivare da lontano e materializzarsi, qui e ora, attraverso i linguaggi della contemporaneità. Su tutto, evidente il senso di un pensiero respirante, di un ascolto profondo, risonante, spirituale e sensoriale allo stesso tempo.
Fanny Vicens, Bach. Variations Goldberg
Etichetta discografica: Paraty
Anno di produzione: 2022
Fanny Vicens, Turn On, Tune In, Drop Out
Etichetta discografica: Eole
Anno di produzione: 2021