Negli ultimi anni, l’evoluzione di questi sistemi ha suscitato intensi dibattiti etici riguardo al loro impiego e fatto sorgere comprensibili preoccupazioni legate alla loro possibile minaccia per l’umanità. D’altronde, numerosi esperti, uno fra tutti Stephen Hawking, hanno sottolineato la necessità di una regolamentazione accurata e di un controllo attento sul futuro dell’Intelligenza Artificiale. Questa cautela è finalizzata a prevenire l’insorgere della cosiddetta “singolarità tecnologica,” un periodo in cui i cambiamenti nella società si verificano così velocemente che le generazioni precedenti faticano a comprenderli appieno.
Recentemente, l’Intelligenza Artificiale ha iniziato a esprimere un contributo piuttosto importante anche nel campo musicale. Oggi, per esempio, si studiano le sue possibili applicazioni nella composizione, nella performance e nell’elaborazione del suono digitale. E sono attualmente disponibili dei software in grado di operare in tutte le manifestazioni musicali sopracitate; ne esistono alcuni in grado di accompagnare un musicista in una perfetta sincronia, altri in grado di elaborare e creare nuova musica in base a dati precisi forniti al sistema, altri ancora in grado di sviluppare raffinate strategie di commercializzazione della musica stessa. Alcuni software prevedono un apprendimento automatico che studia i segreti dei grandi compositori per poi modellare algoritmi capaci di ri-creare musica in quel preciso stile e di quella precisa epoca. Ed effettivamente, il comporre musica implica l’utilizzo del cervello sui più alti livelli di intelligenza, sensibilità, destrezza, fantasia e, soprattutto, unicità e i parametri musicali sono talmente vari e complessi (altezza delle note, timbro, dinamica, forma, ecc.) che da diversi anni molti scienziati si stanno avvicendando nella costruzione di software sempre più complessi e raffinati. Questo sistema di apprendimento automatico è sì, da una parte, un momento per cercare di comprendere che cosa si cela dietro la genialità di alcuni compositori, ma, dall’altra, apre inevitabilmente a scenari in cui l’«utilità» di queste figure potrebbe addirittura essere minata. Un’ulteriore e possibile applicazione dell’Intelligenza Artificiale è quello all’arte della performance musicale ed è bene, con i tempi che corrono, tentare di immaginare le sue possibili applicazioni all’arte di suonare la fisarmonica, uno strumento già di per sé particolarmente complesso dal punto di vista costruttivo, tecnico ed espressivo. Questo strumento, nella forma in cui lo conosciamo oggi, è nato a Castelfidardo, in Italia, alla fine del XIX secolo. Si tratta di uno strumento acustico formato da migliaia di componenti, che, messe insieme in un complesso capolavoro di artigianato e tecnologia, permettono che funzioni ed emetta tutti i suoni che il musicista è in grado di produrre.
Recentemente, al centro di numerose controversie legate alla privacy, ChatGPT è un modello di chatbot online sviluppato da OpenAI basato appunto sull’Intelligenza Artificiale e sull’apprendimento automatico, specializzato nella conversazione con un utente umano. E così, quasi in un gioco di paradossi, ho ritenuto quantomeno interessante appellarmi direttamente a questo sistema automatico per capire, effettivamente, se l’IA possa applicarsi anche alla fisarmonica. Riporto qui di seguito alcuni estratti delle conversazioni avvenute con ChatGPT, che possono poi permettere l’elaborazione di idee, mi si passi il termine, più “umane” sull’argomento e la formulazione di una teoria più pratica e verosimile di questo connubio tra arte e scienza.
Prima conversazione con ChatGPT: “In teoria, è possibile integrare l’intelligenza artificiale in una fisarmonica. Tuttavia, ci sono alcuni fattori da considerare. In primo luogo, la fisarmonica è uno strumento acustico che richiede l’uso delle mani per suonare. L’intelligenza artificiale può essere utilizzata per il controllo e l’automazione di alcuni aspetti della fisarmonica come, per esempio, la modifica del suono o la generazione di effetti sonori, ma non può sostituire l’abilità del musicista nell’esecuzione manuale. In secondo luogo, l’integrazione dell’intelligenza artificiale richiederebbe l’installazione di sensori e dispositivi di rilevamento sullo strumento, il che potrebbe influire sulla qualità del suono. Inoltre, l’aggiunta di componenti elettronici potrebbe rendere la fisarmonica più complessa e difficile da gestire. In conclusione, l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per migliorare alcune funzionalità della fisarmonica, ma non può sostituire il talento e l’abilità del musicista nel suonare lo strumento”.
Seconda conversazione con ChatGPT: “L’intelligenza artificiale (IA) è un campo dell’informatica che ha reso possibile la creazione di programmi e sistemi in grado di eseguire attività che richiedono l’intelligenza umana. L’IA è stata applicata con successo in molte aree tra cui la medicina, l’automazione industriale, l’agricoltura, il marketing e molti altri settori. Tuttavia, l’IA può anche essere utilizzata in ambiti creativi come la musica e, in particolare, la fisarmonica.
Apparentemente, sembrerebbe che l’Intelligenza Artificiale abbia già la capacità di concepire come potrebbe essere implementata nel mondo della fisarmonica. Tuttavia, è solo attraverso un’esperienza diretta con questo strumento che si possono sviluppare teorie pratiche e realistiche per la sua applicazione. Ricordiamo che alcune delle prime applicazioni del mondo digitale sulla fisarmonica risalgono già agli anni Sessanta con la Farfisa Transicord, la Cordovox e poi con la Elkavox, per poi arrivare alle più recenti Roland o Bugari Evo (costruita a Castelfidardo). Recentemente, anche Beltuna Accordions (anch’essa di Castelfidardo), attraverso l’utilizzo di una tecnologia avanzatissima, che crea un connubio con il funzionamento meccanico di una normale fisarmonica, ha creato “Matrix”, uno strumento sorprendente e, forse, nuovo punto di partenza nel panorama internazionale. Sono anche comparsi di tanto in tanto dei robot programmabili in grado di digitare i tasti e i bottoni in fisarmoniche acustiche e in tutti questi esperimenti possiamo chiaramente vedere come una fisarmonica possa essere fisicamente “suonata” da un corpo che non sia umano. Tuttavia, esaminando la questione più approfonditamente e con uno sguardo critico, senza idealizzazioni, diventa evidente che anche la fisarmonica digitale, che potrebbe rappresentare un terreno più fertile per tali applicazioni, presenta delle significative limitazioni. Queste limitazioni si concentrano soprattutto sul mantice, il cuore pulsante dello strumento, e sulla sua capacità espressiva. Nell’ambito di una performance artistica, infatti, il mantice non dovrebbe essere soltanto uno strumento per attivare la modulazione “digitale” delle voci, ma dovrebbe essere in grado di aprire le porte a una ricca gamma di sfumature artistiche, qualcosa di intrinsecamente difficile da replicare nel mondo digitale. D’altronde, in questa fisarmonica il mantice non produce vera aria che influisce sulle voci (perché le voci non ci sono), ma è solo un “sensore” che permette di regolare il volume e alcuni altri aspetti delle dinamiche musicali. Si potrebbe affermare, in sostanza, che mentre l’Intelligenza Artificiale potrebbe trovare una maggiore applicabilità nella fisarmonica digitale, la sua implementazione nella fisarmonica acustica comporterebbe notevoli sfide e limitazioni. È in questo contesto che emerge chiaramente la sua probabile inefficacia e un’alta dose di fallibilità. Una performance generata artificialmente rischierebbe di rimanere distante da un risultato che possa soddisfare sia dal punto di vista artistico che estetico, lasciando un vuoto in termini di autenticità e coinvolgimento umano. In questo strumento, infatti, oltre alla sequenza delle note, la forza con cui si suonano, il fraseggio, il tocco più o meno legato o articolato c’è un elemento che l’Intelligenza Artificiale non può mai replicare pienamente, anche se si ponesse l’obiettivo di farlo: l’imprevedibilità.