Concertista (fisarmonica e bandoneón), docente, compositore: Maestro, quanto tempo e quanta attenzione dedica a ciascuno di questi tre modi di essere musicista?
Penso che il musicista di questo secolo debba coltivare la passione per la musica attraverso tutte le opportunità che essa offre avendo rispetto e dedizione profonda. Sono dell’idea che bisogna lasciare qualcosa alle generazioni future e quindi cerco di fare del mio meglio nell’insegnamento e provo a produrre un nuovo repertorio per il nostro strumento. Per quanto riguarda i concerti invece, è l’unica materia delle tre che vive il presente e cerco di farne più che posso con entrambi gli strumenti e in varie formazioni.
Se dovesse citare un Maestro per ciascuna di queste sue attività?
Indubbiamente, Mogens Ellegaard per la didattica e Fridrich Lips per il concertismo; invece, come compositori adoro Brahms e Bach, ma anche Mozart, Beethoven. Compositori per fisarmonica, invece, credo che Zolotaryov e Kusjakov abbiano lasciato pagine di musica incredibilmente belle.
In rete ho letto qualche nota biografica, i suoi primi approcci alla “seconda arte” attraverso la musica popolare e, poi, la decisione di studiare “seriamente”: il Conservatorio, insomma. Come avvenne questo passaggio?
Ho iniziato a otto anni lo studio della musica popolare e a tredici mio padre mi chiese se volevo fare musica seriamente, ma non pensavo che esistesse una fisarmonica classica. Andai in una scuola di musica importante, l’Accademia Musicale Pescarese, con l’intento di studiare organo e con mia sorpresa scoprii che esisteva anche la classe di fisarmonica del Maestro Claudio Calista. I primi mesi furono terribili, avevo timore della severità del maestro; poi, iniziai a studiare davvero seriamente e mi appassionai molto alla musica.
Indubbiamente, Piazzolla e il tango argentino sono i punti di riferimento fondamentali nella sua musica. Ho percepito, però, nei brani non – o non del tutto – attinenti al tango, anche altre ascendenze. Mi sbaglio affermando che, in particolare in In nomine Terrae, si può leggere un approccio, diciamo così… musicalmente “sincretistico”? Nel primo movimento, nell’orchestra d’archi mi è sembrato di cogliere qualche riferimento a Vivaldi; nell’inizio del secondo, un tocco di minimalismo (Steve Reich, Philip Glass). E in Trac per tromba in si bemolle e fisarmonica una qualche eco di Stravinsky. Tutti compositori, tra l’altro, che, a dir poco, venero.
In nomine Terrae è stato un brano scritto in un anno. Continui ripensamenti e la durata (quasi 30 minuti) mi hanno portato a prolungare i tempi di stesura. Ricordo che il secondo movimento è stato il più tribolato, volevo qualcosa di fortemente melodico, ma allo stesso momento semplice. Diciamo che questo concerto ha richiami chiari al barocco ma anche al minimalismo. Volevo un brano nel quale ci fossero elementi noti ma con una scrittura nuova e personale. Il terzo movimento è un po’ bartokiano. Trac è molto Stravinsky e mi piace molto l’accostamento tromba e fisarmonica.
In Nomine Terrae voleva essere un appello alla tutela dell’ambiente e della magnifica natura che ci circonda. È un’opera del 2017, in quel periodo terremoti ed eventi atmosferici catastrofici mi fecero pensare che la natura si stesse ribellando ad anni di soprusi da parte dell’uomo. Ecco il Lacrimosa, ossia la sofferenza da parte della natura e il pianto dell’uomo per gli eventi naturali. Infatti, nel brano ci sono due temi che alla fine del brano si sovrappongo, Uomo e Natura sono entrambi sofferenti.
Tromba, archi, orchestra sinfonica, ma, anche, nelle sue partiture, ulteriori, felici incontri della fisarmonica con altri strumenti: la chitarra, prima di tutti, e, poi, arpa, vibrafono, clarinetto, fagotto. Da quali esigenze creative nascono questi dialoghi? Per dirla con due grandi scrittori (Gadda e de Laclos), si tratta di Accoppiamenti giudiziosi o di Relazioni pericolose?
Mi piace accostare la fisarmonica a strumenti dalle sonorità più complicate. Non esistono molti brani originali per fisarmonica e arpa, così come per tromba e fisarmonica. Credo nella fisarmonica come strumento da camera, sebbene bisogna essere intelligenti per trovare i suoni giusti per “legare” bene con le sonorità del partner musicale. La musica da camera è la salvezza dei fisarmonicisti e il repertorio è ancora troppo ridotto.
Mi piacerebbe, in particolare, approfondire il rapporto della fisarmonica con l’arpa e con il vibrafono. I titoli dei brani e i concetti che esprimono.
I due brani per arpa (Enchantèe e Rendez-vous) partono dall’idea di un incontro impossibile tra due strumenti molto legati alla Francia (ecco perché i titoli in francese). Sono due brani molto ritmici nei quali l’arpa si spoglia della visione elegante e “a modo” che ha nell’immaginario collettivo. E la fisarmonica prova a esplorare sonorità raffinate ed eleganti per accostarsi al meglio all’arpa. Il brano per vibrafono è una sfida. Nato nel periodo del mio insegnamento presso il Conservatorio di Parma. Un mio allievo mi chiese un brano per fisarmonica e vibrafono. Guardai i cataloghi di varie edizioni musicali, non trovai nulla. Pensai… forse dovrei colmare questa lacuna.
Nel corso della scrittura, ha avuto la necessità di confrontarsi con concertisti di questi due strumenti?
Ovviamente, sempre. Mi piace il confronto con gli esecutori. La resa dal vivo è sempre troppo differente rispetto al suono immaginato nella scrittura. Anche Brahms si affidò agli esecutori prima di scrivere la versione definitiva dei propri brani.
Quale ruolo attribuisce alla fisarmonica in questi dialoghi? E qual è lo strumento che preferisce affiancarle?
La fisarmonica veste sempre un ruolo di protagonista anche quando, apparentemente, accompagna. Raramente, scrivo semplici accompagnamenti, quasi di sottofondo. La parte fisarmonicistica è sempre molto complessa, ma deve integrarsi perfettamente. In realtà, non ho uno strumento preferito da accostare alla fisarmonica. Mi piace sperimentare sempre e credo che il nostro strumento possa affiancarsi a qualsiasi altro strumento.
Lo scopo è produrre musica di ascolto comprensibile, ma con novità. Attingo dal passato, ma con nuovi elementi. Adoro le melodie (nello stile della cantabilità italiana) su ritmi composti e con armonie apparentemente semplici. Penso che il repertorio fisarmonicistico sia andato troppo nella direzione avanguardistica e credo che ne manchi uno nuovo, ma che prenda elementi del passato. Spesso dicono “questo brano mi ricorda qualcosa…”: obiettivo raggiunto. Il mio scopo è ricordare qualcosa, ma con molte cose nuove: estrapolare elementi del passato, ma portandoli al giorno d’oggi attraverso ritmi e sonorità nuove.
Quali potenzialità espressive della fisarmonica desidera far emergere?
La duttilità del nostro strumento permette di essere ritmici, espressivi, polifonici. Nelle mie composizioni non mancano mai ritmo ed espressività.
Ho già rivolto questa domanda al Maestro Corrado Rojac e mi piacerebbe conoscere anche il suo pensiero e la sua esperienza in proposito: quando compone per fisarmonica pensa sempre e solamente a sé stesso come destinatario dell’interpretazione?
Mai!!! Preferisco non suonare le mie opere, infatti lascio le prime esecuzioni ad altri. Pensi che non scrivo mai sulla fisarmonica (per non lasciarmi influenzare da brani che le mie dita già conoscono). Solo alla fine della stesura provo a suonare le composizioni e spesso è uno shock: diciamo che non è una scrittura convenzionale per i fisarmonicisti.
Una domanda di rito, ma, non per questo, priva d’interesse: i suoi prossimi passi da compositore e quelli da concertista.
Sto scrivendo un doppio concerto per bandoneón, pianoforte e archi, Anxanum Concerto (dedicato alla città di Lanciano, una perla musicale) e il mio terzo concerto per fisarmonica e orchestra (nello stile di Rachmaninoff). Credo che presto ci sarà anche un CD di mie composizioni con un’importante orchestra italiana. E poi vorrei scrivere un concerto per fisarmonica e orchestra sinfonica. Da concertista, avrò diversi appuntamenti in Italia, ma anche in Germania e un tour negli USA con il meraviglioso quartetto d’archi DALI Quartet. Inoltre, ho concerti con il mio amico pianista Marco Colacioppo (Morricone e Rota con mie trascrizioni originali) e con il chitarrista Giampaolo Bandini. E forse nuovi progetti…