Riconducibile ancora all’approccio psicanalitico, ma, soprattutto, portatore anche di un’analisi musicologica inedita, è, tra le altre, l’incipit del terzo capitolo, in cui Zignani sostiene, navigando senza dubbio controcorrente, che il notissimo scandalo sollevato dal Sacre fu sempre erroneamente considerato l’atto di nascita della Contemporaneità. Per l’autore si trattò, invece, di un colossale malinteso, tanto da considerarlo un lavoro tutt’altro che contemporaneo, in cui convergono esclusivamente elementi tradizionali (“tutto ciò che Igor’ stava rimuovendo della sua infanzia russa”), a partire dall’assolo iniziale di fagotto, da non ritenersi affatto originale. Su quest’ultima affermazione mi permetto di dissentire, soprattutto per la scelta dello strumento, condividendo in pieno, invece, un’osservazione di Andrea Corsi (ex primo fagotto dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai), che in una mia intervista del 2022 ha sottolineato come a uno strumento fondamentalmente basso, Stravinskij abbia affidato un solo molto acuto affinché si sentisse lo sforzo dello strumento stesso, sottraendolo, pionieristicamente, al tradizionale ruolo buffo o grottesco a cui era stato relegato fino ad allora.
Alessandro Zignani è coraggioso nel fare affermazioni nitide e taglienti e le lancia “sul tavolo” come fossero i dadi nella mano di un accanito giocatore. Ma qui nulla è lasciato al caso. Le parole, prima di essere scagliate, sono state accuratamente soppesate nelle intenzioni e negli effetti che produrranno, senza temere eventuali reazioni contrarie dei colleghi, della critica, del lettore più o meno esperto. Ne potrei citare a dozzine, ma invito il lettore a scovarle, limitandomi a osservare che in questo dissotterra – inconsciamente, beninteso – alcuni stilemi di Giulio Carlo Argan. Al contrario del suo illustre predecessore (nel campo, però, delle arti visive), Zignani è provvisto di senso dell’umorismo e, con le sue battute fulminanti, non risparmia alcuna figura. Due esempi fra tutti (tanti): Ansermet per essere “un direttore, era fin troppo intelligente”; “Vedere in Craft il traghettatore del Maestro verso il serialismo è come prendere per Fidia una guida turistica in servizio sul Partenone”.
In conclusione, sebbene io creda di essere stato chiaro a tal proposito, voglio ribadirlo: il libro non affronta la vita e le opere di Stravinskij con un approccio divulgativo. Per quello esistono già in commercio ottimi (e pessimi) testi. Alessandro Zignani esamina la complessità con concetti e parole altrettanto complessi, ma non per questo meno godibili. Anzi. E a certi musicofili da social, sedicenti musicologi, non leoni, ma pecore da tastiera, non resta che arrendersi all’evidenza della misura dei propri limiti… (ogni riferimento a certuni, sgarbati quanto incompetenti detrattori di Alessandro Zignani non è affatto casuale).
Alessandro Zignani è nato a Rimini nel 1961. È scrittore, musicologo e germanista, e insegna Storia della Musica al Conservatorio di Como. Ha pubblicato romanzi, monografie e saggi musicologici, vinto numerosi premi letterari e fondato la compagnia “Il Teatro delle Ombre” con la quale ha messo in scena testi dedicati a grandi compositori. Ha tradotto Nietzsche, Schopenhauer, Trakl, e i poeti del Nibelungslied.
Alessandro Zignani, Igor’ Stravinskij. Le maschere del genio. Vita e opere
Editore: Zecchini, Varese
Anno di edizione: 2024
Pagine: VIII – 216, ill. brossura, € 33,00