La centralità dell’organetto

Intervista a Nicola Odorizzi degli Abies alba

Per questa intervista, siamo andati in Trentino dagli Abies alba. La realtà Abies alba nasce già nella seconda metà degli anni Settanta, assumendo, però, gradualmente, una nuova veste in termini di formazione e repertorio, fino ad arrivare ai primi anni Novanta, che sanciscono l’attuale identità del gruppo. Ringrazio infinitamente Nicola Odorizzi (organetto, ocarina, percussioni, chitarra e voce) per averci concesso questa intervista, in cui ci offre una panoramica della storia e dell’attività del gruppo e ci rende partecipi di com’è nata la passione per uno degli strumenti cardine della musica popolare e del gruppo stesso: l’organetto diatonico. Non manca una riflessione sulla condizione della musica popolare nel nostro Paese, oggi, e sulla difficoltà di poter contare su un ricambio generazionale per garantirne il futuro. Buona lettura.

Chi sono e come nascono gli Abies alba?

Abies alba vede i suoi albori nel 1977, in una forma molto diversa da quella che conosciamo oggi. Un gruppo di amici, inizialmente appassionati di musica irlandese, si trova a suonare nella cantina di Sandro (Alessandro Franchini, il fondatore) a Bolbeno, nelle valli Giudicarie del Trentino occidentale. Come gruppo musicale, Abies alba, per oltre un decennio (1977-1990) è sinonimo di musica celtica, con qualche eccezione verso la riproposta di alcune danze del carnevale di Bagolino e Ponte Caffaro. In quegli anni, viene fondata l’associazione culturale “Abies alba” (oggi, adeguandosi alle normative del terzo settore, la denominazione è diventata “Abies alba – musica e tradizioni APS”), ma iniziano anche i primi cambiamenti legati al repertorio e alla formazione del gruppo, che, gradualmente, matura la consapevolezza di dover integrare il repertorio per lavorare sulla tradizione trentina. Inizialmente, entrano a far parte del nuovo materiale musicale gran parte dei brani della raccolta Sonnleithner Sammlung: Antonio Carlini, storico della musica e ricercatore, scopre a Vienna questa grande raccolta di musica popolare risalente al 1819, e i nostri arrangiamenti di quei brani rappresentano certamente una prima importante spinta in questa direzione di rinnovamento del repertorio.

Il nuovo repertorio viene presentato pubblicamente per la prima volta nel 1991 in una serata del Festival Itinerari Folk di Trento. Si completa quella svolta verso la ricerca di un’identità trentina che era in qualche misura insita nello stesso nome del gruppo, l’abete bianco.

Il vostro nome, infatti, si rifà al termine botanico che indica l’ abete bianco, e questo denota un certo legame con la vostra regione, ricca di questo tipo di flora…

Assolutamente sì, l’area geografica in cui nasce il gruppo è ancora oggi fortemente caratterizzata dalla presenza di questa conifera e, per noi, rappresenta un simbolo importante perché è da questi legni che nascono gli strumenti musicali che suoniamo: basti pensare alle tavole armoniche degli strumenti ad arco costruite proprio con il legno selezionato degli “abeti di risonanza”. Con il nostro lavoro discografico del 2006, abbiamo anche reso omaggio al mondo del legno e della natura pubblicando un CD con un booklet interamente dedicato all’abete bianco in Trentino, alla ricerca degli abeti monumentali e all’utilizzo di questo pregiato materiale naturale in diversi ambiti.

C’è un filo conduttore che collega il vostro repertorio? Quali sono gli elementi caratterizzanti dei canti e delle tradizioni trentine?

Il repertorio di oggi è rappresentato ancora da una parte di materiale d’archivio e bibliografico, da alcuni tra i brani per noi più significativi dei cori alpini e dei gruppi folkloristici con cui abbiamo anche collaborato, e dal frutto della ricerca sul campo condotta principalmente da Mauro Odorizzi, che ha conosciuto e coltivato i contatti con gli ultimi anziani suonatori ancora attivi: questo ci ha permesso di raccogliere canti e danze provenienti da varie zone della nostra Regione. Accanto a questi repertori cerchiamo di dare spazio sempre più consistente anche alle nostre composizioni originali di matrice tradizionale. Insomma, un vero filo conduttore non credo ci sia, ma se devo identificarne uno credo sia assolutamente la tradizione: si raccontano le storie di protagonisti minori della cultura popolare, come sono stati, senza dubbio, i suonatori delle orchestrine presenti quasi in ogni paese, e aspetti del costume e dell’identità trentina più autentica. In definitiva, tre sono gli aspetti fondamentali che caratterizzano il lavoro di Abies alba:

– il recupero di balli che animavano il tempo libero in tutte le valli del Trentino, come le quadriglie, le manfrine o le prime danze di coppia, come la pàris, forme di danza precedenti all’avvento di valzer, polche e mazurche, e che ormai in pochi ricordano e sanno danzare;

– una modalità libera di eseguire canti e ballate che ci riporta alla spontaneità del ritrovarsi nelle feste o in altre ricorrenze sociali e al piacere di raccontare storie attingendo a repertori drammatici, ma sovente anche scanzonati e irriverenti per animare la vita delle osterie;

– l’utilizzo di strumenti come l’organetto diatonico, strumento a mantice che i nostri vecchi chiamavano la rèta e che vanta una significativa storia di artigianato industriale in provincia, la piva o cornamusa delle Alpi e altri fiati popolari, strumenti a corda di vario tipo e, da ultimo, anche la ghironda, le cui origini sono ancora più antiche. Raffigurazioni di questi strumenti popolari sono presenti a Trento in pitture e affreschi, al Castello del Buonconsiglio e sulle facciate delle “Case Rella” in piazza Duomo.

Cos’è che ha tenuto, e continua a tenere, unito da più di trent’anni questo gruppo?

Quello che in questi anni ha tenuto vivo e unito il gruppo è sicuramente l’interesse comune verso la musica che suoniamo e che ci appassiona: possiamo dire che suoniamo la musica che ci rappresenta e ci caratterizza. Si tratta di una proposta unica nel suo genere per il nostro territorio e credo che ormai siamo consapevoli dell’importanza culturale che anche la nostra operazione di recupero e conservazione delle tradizioni musicali ha rappresentato e rappresenta per il Trentino. Questa esperienza di reinterpretazione e divulgazione della musica popolare trentina è certamente un interessante contributo alla conoscenza delle tradizioni musicali del Trentino, delle quali il gruppo è diventato per certi versi testimone, custode e ambasciatore, tanto da essere stato spesso invitato a rappresentare la musica popolare trentina in concerti e rassegne italiane e internazionali.

Nel 1997 esce l’album Nel Paese di Armonia, dedicato ai bambini e alla scuola. L’obiettivo è stato, in qualche modo, quello di avvicinare anche le generazioni più giovani alla musica e alla cultura tradizionale?

A dire il vero, quello che hai identificato è solo un obiettivo indiretto perché, di fatto, il cofanetto Nel Paese di Armonia è una doppia musicassetta, di cui una contiene le basi strumentali sulle quali è possibile cantare e suonare gli strumenti Orff, per i quali abbiamo scritto anche alcune linee melodiche e ritmiche con intento didattico: questo lavoro è stato molto apprezzato nel mondo della scuola dell’infanzia e della scuola primaria.

In questo caso, il repertorio è costituito da una raccolta di dieci canzoni originali (testi e musiche di Mauro), ciascuna delle quali è stata la colonna sonora di un’edizione dei campi estivi rivolti a bambini e famiglie (gestiti dall’associazione Universal Education Italia), in cui Mauro e io abbiamo partecipato come animatori e promotori.

Far avvicinare i bambini a un tipo di cultura che affonda le sue radici nel passato non sembra essere un compito così facile: qual è, secondo te, il miglior modo per fare conoscere, e magari far apprezzare, anche ai giovanissimi un tipo di musica e degli strumenti molto distanti da quelli elettrificati che predominano il panorama musicale attuale?

Se avessimo la ricetta magica, probabilmente oggi ci sarebbero numerosissimi giovani musicisti pronti ad avvicendarsi e a costituire nuove formazioni e, invece, nelle nostre realtà locali non è ancora così. Anche per noi il ricambio generazionale non è per niente facile e scontato. Per i giovani non manca l’offerta di didattica strumentale, ma le scuole musicali non hanno ancora la sensibilità necessaria ad aprirsi al mondo della musica tradizionale acustica e alla cultura popolare: si dimostrano davvero impermeabili anche alle proposte di collaborazione meno impegnative. In questi anni abbiamo comunque partecipato a numerose iniziative didattiche che prevedevano lezioni concerto nelle classi delle scuole primarie e, nel 2000, abbiamo anche fondato i “Laboratori di musica popolare” che ancora oggi sopravvivono, anche se solo per la classe di organetto diatonico. Probabilmente sarà un processo lungo e tortuoso, ma almeno possiamo dire di aver provato a gettare un seme recuperando quel poco che sul nostro territorio era sopravvissuto alla tendenza di omologazione dei cori e delle bande, realtà invece tuttora molto vive qui da noi.

Cos’è World Vibes? Si parla di “ricambio generazionale… verso nuove sensibilità e prospettive”, a cosa si deve questa dichiarazione di intenti?

“World Vibes” è il logo di una rassegna nata nel 2021, con la Società Filarmonica di Trento, nel tentativo di far rivivere l’esperienza ultratrentennale di Itinerari folk. L’ultima edizione degli Itinerari, molto amati dal pubblico trentino, si era tenuta nel 2019, ma poi il Centro S. Chiara, senza una motivazione, ne ha decretato la chiusura. D’intesa con la Società Filarmonica, l’associazione Abies alba ha ottenuto di poter proseguire con la nuova rassegna, ma purtroppo senza risorse: un ritorno a quarant’anni fa quando partimmo con delle piccole associazioni culturali a organizzare eventi con artisti di tutto il mondo.

Oggi, quindi, mentre la musica commerciale in provincia viene sostenuta con ingenti risorse pubbliche, le musiche tradizionali e del mondo rischiano di sparire dalla circolazione, diversamente che da altre parti d’Europa e, allo stesso modo, le associazioni come la nostra, che si sono ricostituite come enti del terzo settore, devono trovare un ricambio generazionale. Si tratta di un tema attuale in vari ambiti, ma soprattutto in quello culturale dove, tra le nuove generazioni, la partecipazione legata al proprio territorio non è ai primi posti di interesse e il passaggio di competenze spesso è in crisi, rispetto alle modalità virtuali di informazione e di fruizione della musica. Eppure, la cultura e la musica dal vivo rimangono una modalità unica per rivitalizzare la socialità in qualunque contesto, ma le dinamiche e le forme di domani non sappiamo dove ci porteranno.

Per quanto riguarda te, è nata prima la passione per l’organetto, o il fatto di suonare questo strumento è la conseguenza di una passione per la musica popolare? A proposito, sei anche docente nei laboratori di organetto diatonico…

Sicuramente, per me, nasce prima la passione e l’interesse per la musica tradizionale: l’organetto non è arrivato subito, neanche lo conoscevo questo strumento. Ho iniziato la mia formazione musicale studiando chitarra classica, poi è nata l’associazione Carolan’s Welcome di cui mio fratello Mauro è stato co-fondatore e nella quale, inevitabilmente, mi sono trovato a collaborare per l’organizzazione dei primi concerti di musica folk a Trento. Le occasioni di vedere i musicisti dal vivo, di ascoltare i repertori e vivere da vicino il movimento del folk revival hanno certamente giocato un ruolo fondamentale. Ricordo che sono passato presto dalla chitarra classica all’acustica, su cui inizialmente mi dedicavo al fingerstyle emulando i miei miti di allora che erano musicisti del calibro di John Renbourn, Stefan Grossman, Pierre Bensusan. Con mio fratello ogni giorno c’era l’occasione di suonare un po’ insieme: lui mandolino e violino e io chitarra, thin whistle e bodhran. Abbiamo consumato chilometri di nastri magnetici per imparare, dall’ascolto, le melodie e gli arrangiamenti dei nostri repertori preferiti. Fu in occasione di un concerto della Bothy Band (gruppo irlandese) che vidi per la prima volta dal vivo un organetto diatonico e, qualche tempo dopo, grazie ai consigli di Riccardo Tesi, ho potuto orientarmi per acquistare il mio primo strumento. A quel tempo, non esistevano corsi, stage, manuali, tutorial e neanche “maestri” disponibili nelle vicinanze. Inizialmente, ho imparato tutto da autodidatta e “a orecchio”: un esercizio che però, tuttora, si rivela spesso prezioso.

Nel 1992, gli Abies alba, a cui mio fratello si era unito da poco, mi regalano un organetto diatonico. Nessuno, fino a quel momento, era riuscito a suonarci qualcosa e, in cambio del regalo, mi strappano la promessa che avrei provato a mettere il naso fuori dalla mia stanza per suonare qualcosa con loro in pubblico: ho accettato l’invito, mantenuto la promessa e, ormai, sono passati più di trent’ anni in compagnia di questo magnifico strumento. Ricordo il mio debutto con Abies alba al folk club “Gli Zanni” di Ranica (BG) per aprire il concerto di Andy Irvine. Dal 2000, insegno organetto diatonico nell’ambito dei “Laboratori di musica popolare” a Trento. Anche questa è un’iniziativa ideata e gestita da Abies alba: si tratta di un’offerta formativa laboratoriale, aperta a tutti gli appassionati, che inizialmente vedeva coinvolti numerosi docenti e altrettante classi di strumenti tradizionali (mandolino, tamburi a cornice, violino, flauti, cornamuse…), mentre oggi resta attiva solo la classe di organetto diatonico con una decina di allievi ogni anno. Per questa attività ho prodotto negli anni parecchi materiali didattici e i tempi sono maturi per pensare a un progetto editoriale rivolto agli appassionati di organetto. Sto lavorando, infatti, alla pubblicazione di una selezione di brani di mia composizione, scritti con partitura tradizionale e tablatura.

Negli oltre trent’anni di attività del gruppo, in che modo si sono evolute le sonorità? Qual è stato e qual è il ruolo dell’organetto nei vostri brani?

Nel corso degli anni Novanta, accanto a Sandro Franchini (violino), Maurizio Failoni (chitarre), Sandrò Diprè (basso elettrico), Adriano Bondi (tastiere e bouzouki) e Franco Susini (flauti), entrano nuove energie, strumenti e proposte musicali: Mauro Odorizzi (voce, violino, mandolino e ghironda), Nicola Odorizzi (organetti diatonici, ocarina, chitarra, percussioni, voce), Maurizio Tomasi (chitarra) e Irene Fornasa (contrabbasso e bassetto). Nuovi compagni di viaggio, ma anche nuove sonorità grazie all’introduzione, dal 1993, di quello che è tuttora il mio strumento principale, l’organetto diatonico, e al contributo musicale di mio fratello Mauro con ghironda e mandolino, ma anche all’arrivo delle cornamuse di Franco Susini. Sì, i suoni sono un po’ cambiati e sono arrivate nuove timbriche e rinnovata attenzione stilistica ma, soprattutto, l’intero apparato arrangiativo ha iniziato sempre più a dipendere proprio dall’organetto. Da più di quindici anni, mi occupo di curare gli arrangiamenti dei brani in repertorio e il ruolo del mio strumento è diventato sempre più centrale, perché sostiene la melodia ma mantiene sempre, al contempo, una decisa funzione ritmica. Anche la maggior parte delle nuove composizioni arrivano proprio dall’organetto, probabilmente perché è uno strumento che, nonostante alcuni limiti di tonalità, è sufficientemente completo (parlando squisitamente in ambito tradizionale) da consentire di avere un’idea del brano anche sentendolo suonare da solo.

Lasciaci un messaggio per i lettori, se ti va.

Per il gruppo Abies alba è arrivato il momento di tornare a pensare a una nuova registrazione che fotografi alcuni dei repertori suonati in questi ultimi anni, insieme, magari, a qualche novità assoluta. Speriamo che il 2025 sia un anno ricco di musica e concerti tanto da consentirci di raggiungere questo nuovo obiettivo. Per il momento, c’è la possibilità di ascoltare la nostra musica in formato digitale sui i principali servizi di streaming online: Spotify, iTunes, YouTube Music ecc.

 

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DISCOGRAFIA

In punto alla mezzanotte (MMS RECORDS, 1994)

Nel Paese di Armonia (MMS RECORDS, 1997)

Oggi non si lavora (MMS RECORDS, 2000)

Abies alba (Musiche e canti dal Trentino) (Associazione culturale Abies alba, 2006)

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