“COME MARE SQUARCIATO D’ESTATE”
Il futurismo musicale
(quinta parte)
Darius Milhaud, Alfredo Casella, Igor Stravinsky, Arthur Honegger, Manuel de Falla, Maurice Ravel, Sergej Djaghilev, Piet Mondrian. Un parterre d’eccezione per un concerto davvero fuori dall’ordinario: quello per strumenti tradizionali e ventisette intonarumori di Luigi Russolo, diretto dal fratello Antonio al Théâtre des Champs-Élysées a Parigi, nel giugno del 1921.
La presenza di Arthur Honegger (1892 – 1955) e di Darius Milhaud (1892 – 1974) non stupisca. L’amore del primo per le macchine, le locomotive prima di ogni altra, è noto e dichiarato: “Ho sempre amato le locomotive passionalmente. Per me sono creature viventi e le amo come altri amano le donne o i cavalli”. Una poetica, la sua, che sembra ricondurre a quella futurista e che ben manifesterà qualche anno dopo (1923) nel poema sinfonico Pacific 231 nel quale l’orchestra traduce un’impressione visiva in una costruzione musicale: il respiro della locomotiva a riposo, l’avviamento spossante, l’accelerazione graduale. Poi, trecento tonnellate di ferro scaraventate nella notte all’incredibile (per allora) velocità di centoventi chilometri orari. Darius Milhaud è membro, assieme a Honegger, Poulenc, Tailleferre, Auric e Durey del Gruppo dei Sei, che asserisce che l’artista deve trovare l’ispirazione nella quotidianità e nella tecnologia. Nel 1924, compone la partitura (purtroppo perduta) per il film L’Inhumaine di Marcel L’Herbier, il cui titolo italiano è, tutt’altro che inappropriatamente, Futurismo, e nel quale la fanno da protagonisti un dispositivo precursore della televisione, un avveniristico laboratorio, scenografie ispirate al cubismo (nella versione «industriale» di Fernand Léger) e al futurismo, e una folle corsa in automobile (“un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia”, aveva scritto Marinetti nel Manifesto del Futurismo del 1909). Maurice Ravel (1875 – 1937) trova, sicuramente, qualcosa d’interessante nel Futurismo, se, già nel 1917, aveva accolto di buon grado la proposta che fosse il poeta Francesco Cangiullo, membro di quel movimento, ad occuparsi del libretto di un suo balletto prodotto da Sergej Djaghilev, al quale scrive: “[…] In accordo con la nostra conversazione di ieri, accetto di comporre il balletto di cui mi avete esposto il libretto, e il cui autore è il poeta italiano Cangiullo. Questo lavoro dovrà essere terminato alla fine dell’anno 1917, per quel che riguarda lo spartito per pianoforte, e il 1° aprile 1918 per quel che riguarda la partitura d’orchestra […]”. Il progetto non avrà seguito, ma Ravel, stando alle parole di Russolo, manifesta, comunque, le proprie simpatie nei confronti del Futurismo: “Ai miei concerti si svolgevano autentiche battaglie. L’incomprensione contro cui si scontravano i seri principi sottesi alla mia musica, di fronte al pubblico e alla critica, era esasperante. Solo pochi musicisti di grande statura – tra cui Ravel e Stravinsky – comprendevano il valore delle mie innovazioni, per ora solo in parte realizzate”.
Alfredo Casella (1883 – 1947) è un altro spettatore di riguardo di quel concerto. Oltre che compositore, pianista e direttore d’orchestra, è un acuto osservatore di quanto si muove sullo scenario musicale contemporaneo italiano e internazionale. Nel 1923, fonda, con Gian Francesco Malipiero e con la «benedizione» di Gabriele D’Annunzio, la Corporazione delle nuove musiche, che diventerà presto la sezione italiana della Società internazionale per la musica contemporanea. Del Futurismo, ispiratore, in qualche misura, della sua opera La donna serpente, dice che si tratta di uno dei “tentativi maggiori dell’ultimo quarto di secolo per sprovincializzare la nostra arte”.
Anche Piet Mondrian (1872 – 1944) è lì, quella sera di giugno del 1921, seduto nella platea del Théâtre des Champs-Élysées. Pittore, fondatore della rivista “De Stijl”, attorno alla quale si organizza il movimento del Neoplasticismo, volto alla ricerca di una forma nuova e assoluta per mezzo dell’astrazione, Mondrian, dopo il concerto, scrive un articolo intitolato Il neoplasticismo nella musica e i “bruiteurs futuristes italiens” nel quale, pur non disprezzando affatto quanto ascoltato, ne prende le distanze, non ritenendo la musica futurista e i suoi strumenti sufficientemente discordanti dal “vecchio tipo di espressione” e inadeguati, quindi, a farsi propulsori della “nuova musica”: “[…] La concezione del «bello» e dell’«arte» è relativa. La bellezza in sé è così grande, così profonda, così inesauribile che può rivelarsi in forma sempre nuova, con una forza sempre più intensa. La superiorità dell’arte del futuro deriva proprio da ciò. Essa dipende unicamente dalla superiorità della concezione. […] La bellezza e l’arte non sono più per l’uomo del futuro quello che erano per l’uomo del passato. (…) La fusione e la ripetizione sono i caratteri principali del naturale. I rumori in natura risultano da una fusione simultanea e persistente. La vecchia musica, distruggendo in parte questa fusione e la persistenza, trasse dal rumore dei suoni e li ordinò in una determinata armonia. Così facendo non si sollevò però al di sopra del naturale. Per lo spirito nuovo questo grado di determinazione è insufficiente. La «scala musicale» e la «composizione» rivelano un movimento all’indietro verso il rumore, verso la fusione e verso la ripetizione. Al fine di pervenire a un’espressione plastica più universale, la nuova musica deve osare un nuovo ordinamento dei suoni e dei non-suoni (determinati rumori). […] Luigi Russolo dice che con i suoi intonarumori si possono realizzare melodie diatoniche e cromatiche in tutti i toni possibili della scala e in ogni ritmo. Ma in tal modo si conserva il vecchio tipo di espressione e ciò rende impossibile la nuova musica, poiché questa richiede al contrario una costante abolizione, ossia un annientamento della ripetizione. […] Nella composizione «il mezzo plastico universale» dev’essere portato a espressione in una pluralità costantemente variabile (non in una ripetizione «al modo della natura»). Senza formare simmetrie, tutto dev’essere però dominato dall’equilibrio. […] perché l’espressione plastica risiede nei rapporti estetici. Ciò nondimeno il movimento interiore che essa provoca persiste, anche se non è uguale a quello della vecchia musica. […] Il jazz-band […] si libera già in modo più deciso dell’armonia tradizionale, probabilmente perché non si sente tenuto a fare «arte». Pur non possedendo i vantaggi meccanici dei rumoristi, il jazz-band si eleva al di sopra di essi grazie alla libertà lasciata all’intuizione nella possibilità di intervenire liberamente. […] Dopo che la scoperta della fotografia ebbe inferto un ‘colpo mortale’ (secondo André Breton) al vecchio modo di espressione, salutiamo un altro di tali colpi nell’invenzione degli intonarumori. Questi portarono infatti in luce il naturalismo e l’individualismo che rimanevano celati nella musica. […] Si credeva di dare alla musica un’espressione plastica più universale introducendo in essa la realtà ma, mentre si fissava lo sguardo sulla realtà, si aprivano al contrario tutte le porte a ogni forma di individualismo. […] I rumoristi ce lo hanno indicato chiaramente. I loro rumori sono imitazioni di suoni naturali. […]
Nel 1929, Russolo torna sulla scena parigina per la mostra Peintres futuristes italiens. È la Galerie 23 ad ospitarla e, una sera, accanto ai quadri, i visitatori trovano anche un rumorharmonium e un arco enarmonico pronti a suonare. L’esibizione è presentata da Edgard Varèse, che ha già avviato una ricerca metodica sulle tensioni fisico-acustiche della materia sonora in movimento e che, proprio nel 1929, inizia la composizione di Ionisation (per tredici esecutori, con quarantuno strumenti a percussione e un pianoforte usato con modalità percussive) nella quale compie il superamento della distinzione tra suono e rumore. Tutt’altro che impermeabile alla lezione di Russolo, sarà lui stesso a riconoscere il pittore/musicista futurista tra gli artefici della propria formazione e crescita musicale.
PER APPROFONDIRE
BIBLIOGRAFIA
CASELLA, Alfredo, I segreti della Giara, Milano, Il Saggiatore, 2016.
LISTA, Giovanni, Luigi Russolo e la musica futurista, Milano, Mudima, 2009.
MANCO, Maria Chiara, La provocazione della semplicità. Erik Satie, Jean Cocteau e il Gruppo dei Sei, Bari, Wip Edizioni, 2020.
MONDRIAN, Piet, Ritmi universali, Roma, Castelvecchi, 2014.
RAVEL, Maurice, Lettere, Torino, EDT 1998.
LINK AUDIOVISIVI
https://youtu.be/svFA-m62iks
https://youtu.be/POSi7DLQ0OE
https://www.youtube.com/watch?v=D2aRCP7WG_w
https://www.youtube.com/watch?v=wClwaBuFOJA