Oltre agli studi accademici, passando dal pianoforte al violino, per poi dedicarti alla fisarmonica, hai partecipato a svariate masterclass di alto perfezionamento dirette da docenti di caratura internazionale come Grayson Masefield, Alexander Rustevich, Gorka Hermosa, Francesco Palazzo, Vojn Vasovich, Salvatore Crisafulli, Alexander Selivanov, Eugenia Cherkazova. C’è un didatta fra questi menzionati che più ti ha colpito dal punto di vista umano e artistico?
Credo che gli studi accademici siano una esperienza fondamentale nella vita professionale di un musicista: ti formano, ti temprano, ti insegnano la disciplina. E così, anche le masterclass sono importanti come momento di formazione e arricchimento. I seminari tenuti dai docenti che hai menzionato sono stati un’opportunità di crescita professionale e umana, in quanto ognuno di loro ha caratteristiche specifiche, peculiarità legate alla nazione di provenienza e al contesto musicale nel quale ha sviluppato la propria sensibilità. Contribuisce anche la scelta dello strumento, il repertorio affrontato e il percorso formativo che si ha alle spalle. Essere diversi è la vera ricchezza! Dalla diversità nasce il confronto, lo scambio, la voglia di mettersi in gioco. Essere uniformi non crea le condizioni per migliorarsi. Sono esperienze da portare avanti come occasione di crescita dalle quali fare tesoro. Queste mie riflessioni sono frutto di questi incontri, e oggi, in particolare, il mio pensiero va a Eugenia Cherkazova, costretta a lasciare il suo Paese, l’Ucraina, in questo momento storico così delicato e difficile. Davanti a una guerra di questa portata non possiamo fare molto, ma solo restare in silenzio e lasciare che sia sempre la musica a raccontare l’inesprimibile.
Nel corso della tua prolifica attività, sia da solista che in formazioni cameristiche, ti sei esibito anche oltre l’Italia, ad esempio in Germania e Svizzera. Sotto l’aspetto dell’interesse per la fisarmonica e sul piano dell’educazione all’ascolto, qual è la differenza fra queste tre nazioni?
I concerti tenuti in queste nazioni mi portano a descrivere esperienze diverse sotto molteplici punti di vista. In Italia l’età media dei fruitori dei concerti di musica classica è più alta rispetto a quella di Svizzera e Germania e, probabilmente, questo è dovuto al fatto che l’importanza data lì alla musica negli ambienti scolastici è più ampia, mentre nel nostro Paese essa viene valorizzata solamente in parte. In generale, ho l’impressione che molto sia lasciato all’iniziativa dei singoli soggetti e poco venga curato e programmato dalle istituzioni. Però, Italia, Germania e Svizzera hanno un interessante aspetto in comune: la mancanza di conoscenza della fisarmonica come strumento “colto” con il quale eseguire pagine di Bach, Scarlatti, Vivaldi e di altri grandi autori del repertorio classico. Questo mi fa molto riflettere sul grande lavoro di diffusione e divulgazione a cui siamo chiamati. Purtroppo, con dispiacere, ritengo che molti operatori del settore fisarmonicistico non abbiano ancora del tutto consapevolezza delle difficoltà di diffusione del nostro strumento tra i giovanissimi, poiché la loro attenzione è più focalizzata su quale sia il sistema migliore (pianoforte o per terze minori) da adottare su uno strumento o se sia più giusto chiamare appunto uno strumento classico fisarmonica, Bayan o in qualsiasi altro modo. È necessario concentrarsi su ciò che è possibile realizzare affinché la fisarmonica conquisti la dignità di strumento di studio. Bisogna lasciare da parte inutili polemiche e porsi sempre nuovi obiettivi.
A proposito di esperienze di una certa importanza, sei stato ospite in televisione esattamente al programma “Seconda Serata Estate” su Rai 3 e a “Uno Mattina-Vita Bella”, sempre in onda su Rai 1. Per un musicista, ma soprattutto per un fisarmonicista, la visibilità data dal piccolo schermo può davvero rappresentare un trampolino di lancio oppure è soltanto una grande esperienza a livello di risonanza mediatica?
Posso dire che il detto “Tutto fa brodo”, nel corso della mia vita professionale, credo abbia avuto una certa importanza. Ogni esperienza rappresenta sempre un traguardo, un punto da cui ripartire per rimodulare la propria vita. Nello specifico, l’esperienza televisiva mi ha dato una visibilità che sotto l’aspetto lavorativo mi ha aiutato molto, ma ritengo che oggi ci siano altre forme più immediate attraverso le quali accrescere la notorietà. Mi riferisco alla rete web, ai social come YouTube, Facebook, Instagram, Tik Tok, che, se usati nel modo giusto, possono diventare un’interessante forma di gratificazione.
La tua brillante carriera concertistica è affiancata da quella didattica. Come approcci e in che modo interagisci con i tuoi allievi?
La mia esperienza didattica si è sviluppata in modo trasversale. Ho insegnato presso istituti comprensivi e licei a indirizzo musicale, realizzando progetti PON anche con i bambini della scuola primaria presso accademie e scuole private, per poi approdare negli ultimi anni all’Istituto Musicale” Vincenzo Bellini” di Caltanissetta come docente di fisarmonica. Ho sempre avuto una grande passione per l’insegnamento, perché per me rappresenta un momento che definirei sacro.
Nel dicembre del 1999 hai ottenuto un prestigioso riconoscimento dal “Centro UNESCO Giovanile Siciliano” per meriti nell’arte e nella cultura. Potresti raccontare un aneddoto relativo a questa personale gratificazione professionale?
Ricevere un premio dall‘UNESCO, senza dubbio, mi ha regalato una grande emozione che deriva da un riconoscimento così importante. Ricordo un momento di ilarità che è rimasto indelebile. A conclusione della premiazione ci è stato chiesto di eseguire qualche brano, realizzando un piccolo estratto del concerto. Eseguivo in duo con un altro fisarmonicista un concerto per due clavicembali di Antonio Soler, della durata di circa dodici minuti. Il brano si articola in tre movimenti e, nel passaggio da un movimento all’altro, esattamente dal secondo al terzo movimento, un uomo seduto in prima fila, nell’applaudire fragorosamente, si alzò in piedi rimanendo impigliato con i pantaloni alla poltroncina: il malcapitato rimase in mutande, praticamente. Proseguimmo con il terzo movimento fra le risate incontenibili del pubblico e anche le nostre.
Nel 2021 eri presente al PIF come commissario nella sezione classica. Come hai vissuto la responsabilità e l’assoluto prestigio di un ruolo così delicato e importante?
Aver partecipato come commissario a un premio così prestigioso mi ha riempito di gioia, ma al tempo stesso ho anche compreso quanto sia complesso il compito a cui si è chiamati. Con un voto riconosci il talento, la passione, lo studio, il sacrificio e concedi gloria a un concorrente, dunque ritengo che durante una competizione occorra massima serenità e sia necessario rimanere concentrati. Da questi concorsi così prestigiosi possono venir fuori futuri concertisti o comunque fisarmonicisti di rilievo.
Ti occupi anche dell’organizzazione del “Premio delle Arti” presso il Conservatorio “Vincenzo Bellini” di Caltanissetta. In cosa consiste nello specifico la tua figura?
Il Conservatorio “Vincenzo Bellini” di Caltanissetta, presso il quale sono docente di fisarmonica, nel 2020 è stato designato sede per lo svolgimento del “Premio delle Arti”, “Sezione Fisarmonica”. Abbiamo accolto la designazione con grande entusiasmo, perché per la prima volta un conservatorio siciliano era stato scelto per lo svolgimento del premio. Rammento che il “Premio delle Arti” è un importante concorso bandito dal Ministero, quindi questo è motivo di prestigio. In quell’occasione, essendo docente di fisarmonica, oltre a fare gli onori di casa, ho svolto le funzioni di segretario e coordinatore di tutte le fasi del concorso. Inoltre, ho determinato i brani d’obbligo sui quali i concorrenti si sono dovuti misurare, oltre quelli a libera scelta. Colgo l’occasione per ringraziare la commissione che ha giudicato i candidati, formata da Mirco Patarini, Andreas Neble e Angelo Miele.
Focalizzando l’attenzione sul tuo strumento, che modello di fisarmonica usi in studio di registrazione e dal vivo?
Ho quattordici strumenti di vario genere. Alcuni li utilizzo correntemente per registrazioni e concerti: nello specifico ho tre strumenti a bassi sciolti, due Victoria con sistema pianoforte e bassi sciolti per quinte e una “Galanti” degli anni ’50 con sistema c-griff ad entrambi i manuali. Ci tengo a dire che per quanto riguarda la Victoria, su un modello più recente, ho apportato delle fantasiose stranezze, ovvero ho realizzato dei somieri in modo artigianale e montato ance artigianali a mano. Inoltre, è stato realizzato un lavoro di miglioramento della meccanica e una modifica del fondo del manuale sinistro. Tutto questo per avvicinarmi al concetto di suono che ho in mente. Possiedo anche alcuni strumenti di interesse storico come una Scandalli datata 1937 con tastiera ergonomica, alcune Honer, Paolo Soprani, Crosio, Giulietti e anche qualche fisarmonica digitale della Roland.
Cosa c’è scritto nel calendario dei tuoi prossimi appuntamenti musicali e in particolare concertistici?
L’organizzazione di alcuni concerti di beneficenza e una raccolta fondi per l’Ucraina. In particolare, un concerto vedrà la partecipazione di Eugenia Cherkazova, nota fisarmonicista ucraina. Per quanto riguarda la mia personale attività, concerti a parte, credo che la novità più succulenta sia un progetto discografico dal titolo I Mantici delle Eolie. Spero vivamente che possa vedere la luce prima della fine di questo anno. È un progetto complesso, ambizioso, perché prevede la partecipazione di vari artisti di diversa provenienza. Tutto questo verrà realizzato nell’incantevole scenario delle isole Eolie, nell’abbraccio del mare della nostra città.
(Foto di Antonino “Gap” Gitto)