Fisarmonica: architettura del futuro (1  ͣ parte)

Progettare o sognare?

Nella vita di una storica associazione culturale che si occupa di attività a largo raggio di interesse, qual è il Nuovo C.D.M.I., è essenziale che la progettazione sia fondata su una visione ampia e su una riflessione rigorosa: eccomi quindi a proporre ai lettori di “Strumenti&Musica Magazine” alcuni aspetti della mia visione professionale e artistica (contenuti nel mio saggio scritto per il Pif 2020) che condivido con i colleghi del Nuovo C.D.M.I.

In un momento storico in cui i confini della realtà si ridisegnano continuamente, con un grado di trasformazione del possibile sempre più elevato e, per certi versi, imprevedibile e sconcertante, è ancora ragionevole od opportuno parlare al futuro? O pensare il futuro?

Se puoi sognarlo, puoi farlo, scriveva Walt Disney, ed è proprio qui la prima questione: nell’atto stesso del pensare, immaginare, sognare, progettare e nelle sottili e profonde differenze tra queste parole, in questi termini. Allora, pensare e scrivere per progettare o per sognare? Scrivere un saggio sui colori che verranno, tema argutamente e forse poeticamente proposto da Renzo Ruggieri, direttore artistico del Pif 2020, che promuove ed edita la raccolta che include questo lavoro, già comprende ogni termine che voglia considerare una dimensione di futuro a tutto tondo, soprattutto se il suo fulcro è la fisarmonica, strumento che, nel segnare la sua storia in progress, ci vede protagonisti e spettatori.

Oggi è il futuro di ieri e il passato di domani. Se mai ci fosse dato di disegnare scientificamente un’architettura dell’avvenire della fisarmonica, dovremmo ricordare che il futuro si costruisce a cominciare dalle radici e dalla qualità del presente, un presente oggi già disegnato in ambiti differenti: costruttivo, compositivo, musicologico, esecutivo, pedagogico, divulgativo, professionale. Senza voler procedere qui ad un’analisi dello sviluppo della fisarmonica, ne osserviamo l’evoluzione organologica, la diffusione in generi musicali differenti, il riconoscimento accademico, il riconoscimento delle sale da concerto, tutti ambiti che registrano conquiste, criticità, orizzonti da ridisegnare e obiettivi da raggiungere.

Impossibile prevedere le infinite risorse dell’umanità creativa, soprattutto nell’interazione con dinamiche culturali ed economiche globali. Ma in quanto musicisti sappiamo che non è la molteplicità dei percorsi o la loro diversificazione, né la dispersione di tempo o le difficoltà operative, che possono spaventarci. Piuttosto il vuoto motivazionale, l’omologazione e, innanzi tutto, la rinuncia alla memoria storica: una generazione che non ha memoria non può avere identità e quindi non avrà futuro; la memoria regala bisogno di conoscenza, di pensiero, di onestà intellettuale e anche di una certa “poesia” esistenziale.

È forte l’esigenza di consolidare identità strumentale, musicale, artistica, pedagogica e culturale; di un ancoraggio ai temi della cultura e della cultura musicale; di una consapevolezza storica e di una riconquista a largo raggio dell’Idea stessa di Pensiero, quell’Idea che ha guidato i Maestri dei Maestri di ogni tempo e di ogni cultura. È di un Pensiero capace di generare una moltitudine di Pensieri, che abbiamo bisogno, di un Pensiero collettivo che apra la motivazione e avvicini la condivisione nel rispetto delle singole originalità, di un Pensiero capace di risuonare e di fecondare la creatività artistica, sempre dialogando con la Storia della Musica.

Ecco allora la configurazione di un concept della fisarmonica, con una chiara consapevolezza della materia grezza che essa offre a compositori e interpreti, e la creazione di un impianto didattico di base rigoroso e scientificamente fondato. Una visione dello strumento (e quindi dello strumentista), delle sue identità tecniche, musicali e linguistiche, delle sue funzioni culturali e sociali, oltre che artistiche.

Ma quale fisarmonica? Prima di procedere oltre con la nostra architettura sarà bene chiarire che in questa sede interessa la fisarmonica nella varietà delle sue “corporeità”, più come famiglia di strumenti che come esemplare ideale e quindi univocamente definito. Ciò che interessa (e che desideriamo nei colori del presente e del futuro) è la completezza tecnica ed espressiva, indipendentemente dai sistemi di tastatura, unita alla qualità del suono (che sempre dovrà rispondere con immediatezza al gesto esecutivo e sempre dovrà permettere l’amalgama con il suono di altri strumenti), nella consapevolezza che lo strumento migliore sarà quello che meglio saprà tecnicamente esprimere la natura di strumento polifonico sintesi dei modi espressivi di fiati, archi, tastiere e che meglio si adatterà alle potenzialità fisiche e musicali dell’esecutore.

In un già avviato processo di scoperta che si muove sia sul piano dell’immediatezza comunicativa che su quello linguistico, la fisarmonica si riconosce oggi in identità molteplici e in generi musicali differenti, alcuni dei quali godono di una più ampia divulgazione a cura dei mass media; allo stesso tempo, la configurazione dell’identità della fisarmonica come arnese della musica classica è frutto dell’intuizione e del pensiero di poche personalità musicali che oggi riconosciamo come i primi Maestri – Concertisti, che regalarono ampi spazi di una ricerca oggi più che mai aperta e ricca di orizzonti, spazi in cui si sta materializzando un crogiuolo di attività in una sinergia di tante forze differenti, un tempo solo sognato e che chiama e costruisce un futuro di autentico compimento.

La fisarmonica irrompe nella storia della cosidetta musica colta con almeno milleottocentoventinove anni di ritardo, quando linguaggi, pensieri, esperienze, teorie e capolavori avevano già preso vita senza di lei, e ancora molto tempo dovrà impiegare prima di poter instaurare un dialogo alla pari. Nella sua molteplice identità di strumento sintesi dei modi espressivi di tastiere, archi, fiati, voce, la fisarmonica si offre già – e sempre più potrà farlo nel nostro progetto architettonico – ad una ricerca linguistica ed esecutiva, non più anacronisticamente ai margini della storia della musica, ma come protagonista: non tanto come imitatore, quanto come ri-lettore, ri-scrittore, re-interprete della musica di tutti i tempi, ma soprattutto come creatore, a pieno titolo, di un’originale contemporaneità.

La nostra architettura progetta quindi un repertorio concertistico fondato su una scrittura che riveli ed espanda un’individualità musicale fondata su un suono funzionale di qualità e non più omologato nella univoca immagine evocante il lirismo popolare; una fisarmonica non solo in veste solistica, non solo come strumento dialogante con altri strumenti, ma anche come alchemico elemento determinante l’amalgama sonora degli ensemble.

Nel suono della fisarmonica tradizionale trova spazio la sua natura “rampante”, ricca di inconfondibile e brulicante vitalità, che continua ad esprimersi attraverso le varie forme della melodia accompagnata, tra lirismo melodico e zampata ritmica, in generi musicali diversi. Pur auspicando un sempre più originale e vasto uso della fisarmonica in questo senso, è importante non sottovalutare il rischio di cristallizzare immagine, scrittura, competenze e qualità esecutiva in una dimensione di sicura comunicazione, ma estremamente limitante una ricchezza “altra”, evidentemente irrinunciabile. Il rischio è che la ricerca si fermi e la sfida è in fondo quella di reinventare lo strumento senza tradire la sua natura, superando anche l’uso “funambolico” di certi (ormai tradizionali) effetti timbrici. Certo l’immaginario musicale non è sempre pronto ad accogliere altri linguaggi, altri suoni e l’apertura al nuovo è difficilmente fenomeno di massa. Il cammino personale di ogni esecutore si incrocia col cammino dello strumento nella storia della musica: se e come prendervi parte è la questione che in definitiva si pone. Ecco il prospettarsi, ancora una volta, di un repertorio grazie al quale nuove e più vie professionali possano aprirsi agli esecutori, un repertorio che nasca e viva di pari passo alla ricerca esecutiva, verso livelli di differenziazione sempre più alti offerti tanto alla musica quanto agli ascoltatori, in quella ricchezza percettiva che risuona la profondità dell’essere e del sentire. Ancora una visione, quindi, che pone la questione del linguaggio, in grado di alzare la linea di un orizzonte che sia parte preziosa e integrante degli ambienti professionali della musica e non più chiuso nei circuiti concertistici riservati dall’esclusivo mondo fisarmonicistico.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

————————————————————————————

 

Accordion: architecture of the future (Part 1)

Planning or dreaming?

 

In the life of a cultural association that deals with wide-ranging activities, such as  Nuovo C.D.M.I., each design has to focus on a broad vision and a rigorous thought.  Below you can read my article (written for Pif 2020) on some aspects of my professional and artistic vision that I share with colleagues from Nuovo C.D.M.I.

In a historical moment in which the boundaries of reality are constantly redesigned, with a degree of transformation of the possible ever higher and, in some ways, unpredictable and disconcerting:  is it still reasonable or appropriate to talk to the future? Or think about the future?

If you can dream it, you can dream it, Walt Disney wrote, and it’s right here the first question: in the very act of thinking, imagining, dreaming, designing and in the subtle and profound differences between these words, in these terms. So, do we want to think and write to design or to dream?

Write an essay about the colors that will come, theme wittily and perhaps poetically proposed by Renzo Ruggieri, artistic director of PIF 2020 that promotes and publishes the collection that includes this work, already includes any term that wants to consider a dimension of an all -around  future, especially if its fulcrum is the accordion, an instrument that, in marking its history in progress, sees us protagonists and spectators.

Today is the future of yesterday and the past of tomorrow. If ever we were allowed to scientifically design an architecture of the future of the accordion, we should remember that the future is built starting from the roots and the quality of the present, a present today already designed in different fields: constructive, compositional, musicological, musical performance, pedagogical, professional. Without proceeding here to the analysis of the accordion, we observe the evolution of organology, the diffusion in different musical genres, the academic recognition and the concert halls recognition,  all areas that show achievements, criticality, horizons to redesign and goals to achieve.

It is impossible to predict the infinite resources of a creative humanity, especially in interaction with global cultural and economic dynamics. But as musicians we know that it is not the multiplicity of paths or their diversification, nor the dispersion of time or operational difficulties that can frighten us. Rather, the motivational void, the homologation and, first of all, the renunciation of historical memory: a generation that has no memory cannot have identity and therefore will have no future; memory gives a need for knowledge, thought, intellectual honesty and a certain existential “poetry”.

There is a strong need to consolidate instrumental, musical, artistic, pedagogical and cultural identity; an anchorage to the themes of culture and to musical culture; a historical awareness and a wide-ranging reconquest of the Idea of Thought itself: the Idea that guided the Masters of the Masters of every time and every culture. We need a Thought capable of generating a multitude of Thoughts, a collective Thought that opens the motivation and brings a collective sharing respecting individual originality; we need a Thought capable of resonating and fecundating artistic creativity, always in dialogue with the History of Music.

Here is the configuration of a concept of the accordion, with a clear awareness of the raw material that it offers to composers and performers, and the creation of a basic educational system rigorous and scientifically founded. A vision of the instrument (and therefore of the player), and its technical,  musical and linguistic identities; an overviewof its cultural and social functions, as well as artistic.

But which accordion? Before proceeding with our architecture it will be good to clarify that here we are interested in the accordion as instrument observed in the variety of its “corporeality”, more as part of a family of instruments than an ideal model and therefore uniquely defined. The greater interest is here turned to the technical and expressive completeness (regardless of keyboards systems), combined with the quality of sound (which will always have to respond with immediacy to the executive gesture, and must always allow the amalgam with the sound of other instruments). We can include these wishes in the desired colors of the present and the future, because of the awareness that the best instrument will be the one that best technically will be able to express the nature of polyphonic instrument synthesis of the expressive modes of wind, strings, keyboards and that will best adapt to the physical and musical potential of the performer.

In a discovery process already under way that moves both on the level of communicative immediacy and on the linguistic field, the accordion is recognized today in multiple identities and in different musical genres, some of which are more widely disseminated by the media. At the same time the configuration of the accordion identity as a tool of classical music is the result of the intuition and thought of a few musical personalities that today we recognize as the first Masters –  Concert performers, who gave ample space for a research. Now, more than ever, a research open and rich in horizons, as well as spaces in which a melting pot of activities is materializing, thanks to a synergy of so many different forces, in a past time only dreamed and that calls and builds a future of authentic fulfillment.

The accordion breaks into the history of so-called cultured music with at least one thousand eight hundred and twenty-nine years of delay, when languages, thoughts, experiences, theories and masterpieces had already come to life without her, and it will be a long time before we can establish an equal dialogue. In its multiple identity as an instrument synthesis of the expressive modes of keyboards, strings, winds, voice, the accordion already offers itself – and increasingly will be able to do so in our architectural project to a linguistic and executive research, no longer anachronistically on the margins of the history of music, but as a protagonist: not so much as an imitator, but as a re-reader, re-writer, re-interpreter of music of all time, but above all as creator, in its own right, of an original contemporaneity.

Our architecture therefore designs a concert repertoire based on a writing that reveals and expands a musical individuality based on a functional, quality sound and no longer standardized in the unique image evoking popular lyricism; an accordion not only as a soloist, not only as an instrument dialoguing with other instruments but also as an alchemical, determining element of the musical amalgam of the ensembles.

In the sound of the traditional accordion  is possible hear its “rampant” nature, rich in unmistakable and teeming vitality, which continues to express itself through the various forms of the accompanied melody, between melodic lyricism and rhythmic paw, in different musical genres. While hoping for an increasingly original and extensive use of the accordion in this sense, it is important not to underestimate the risk of crystallizing image, writing, skills and executive quality, in a dimension of secure communication, but extremely limiting a different wealth, obviously indispensable. The risk is that the research stops and the challenge is basically that of reinventing the instrument without betraying its nature, even overcoming the “tightrope-walking” use of certain (now traditional) timbral effects. Certainly the musical imagination is not always ready to welcome other languages, other sounds and the openness to the new is hardly a mass phenomenon. The personal journey of every performer crosses the path of the instrument in the history of music: if and how to take part, it is the question that ultimately arises. Once again a repertoire is coming through which new and more professional ways can be opened to performers, a repertoire that is born and lives hand in hand with executive research, towards higher and higher levels of differentiation offered to both music and listeners, in a richness of perception that resonates the depth of being and feeling. So a vision that puts the question of language first, able to raise the line of a horizon that is a precious and integral part of the professional environments of music and no longer imprisoned in concert circuits created by the exclusive world of accordion.

© ALL RIGHTS RESERVED

accordionfisarmonicaNuovo CDMIPatrizia AngeloniRenzo Ruggeri