A questo punto cerchiamo di comprendere qual è il comportamento del modulo di elasticità al variare degli sforzi alla quale è soggetta l’ancia durante il suo funzionamento.
– Il modulo di elasticità E – fisicamente parlando – misura la rigidezza (elasticità) del materiale, ovverosia la capacità del materiale di opporsi agli sforzi: E = σ/ε
Il modulo di elasticità E varia da materiale a materiale; per gli acciai il valore si attesta all’incirca a 206.000 MPa (206.000 N/mm²), mentre, ad esempio per l’ottone, materiale con il quale vengono costruite le ance degli armonium e/o delle armoniche (in passato qualche volta anche delle fisarmoniche), il valore di E è di circa 100.000 Mpa; nel caso, infine, dell’alluminio, E assume il valore di circa 70.000 Mpa. Il modulo di elasticità si determina sottoponendo dei provini unificati a prove di trazione/compressione per mezzo di apposite macchine. Sottoponendo un campione di materiale alle suddette sollecitazioni si ottiene una curva detta CURVA SFORZO – DEFORMAZIONE che, generalmente, viene rappresentata nel piano σ – ε dove σ costituiscono gli sforzi unitari (σ = F/A) e ε le deformazioni unitarie (ε = ΔL/L). Il modulo di Young che si utilizza in ingegneria rappresenta la tangente alla curva sforzo – deformazione nell’origine degli assi. Nel caso degli acciai – quello che ci interessa – dato che oramai le ance per fisarmonica vengono costruite solo e soltanto in acciaio armonico – la curva sforzo deformazione è una curva monotona crescente caratterizzata da diversi tratti e diversi punti caratteristici. Limiteremo la nostra attenzione ai primi due tratti della curva, ovverosia al comportamento elastico del materiale.
La prova a trazione/compressione è una prova che, pur nella sua semplicità, consente di caratterizzare molto bene il comportamento dei vari materiali soggetti a sforzi e riveste un’importanza fondamentale in tutta l’ingegneria strutturale (figura 1). Nel primo tratto, la curva ha un andamento rettilineo e il comportamento del materiale è perfettamente elastico lineare, cioè non solo alla rimozione del carico il provino riprende esattamente la sua dimensione/lunghezza iniziale restituendo tutta l’energia accumulata in precedenza, ma esiste proporzionalità diretta tra sforzi e deformazioni; quindi, se lo sforzo raddoppia, anche la deformazione unitaria raddoppia, ecc. e in questo tratto della curva il modulo di elasticità rimane costante. Il punto sino al quale il materiale si comporta nella maniera appena descritta prende il nome di LIMITE di PROPORZIONALITÀ. Continuando ad incrementare la forza che sollecita il provino vediamo che la curva sforzo deformazione perde di linearità “inclinandosi” verso destra pur essendo il comportamento del materiale ancora perfettamente elastico; in altre parole, rimuovendo il carico, il provino riprende esattamente la sua lunghezza iniziale restituendo tutta l’energia elastica accumulata. Tuttavia, in questo secondo tratto della curva, non esistendo più proporzionalità diretta tra sforzi e deformazioni applicati, il materiale non ha più un comportamento che segue la legge di Hooke, dato che il modulo di elasticità non rimane costante, ma varia e, in particolare, tende a diminuire. Tale comportamento del materiale si mantiene sino al raggiungimento del secondo punto caratteristico, detto LIMITE di ELASTICITÀ. Oltre tale punto e sino al LIMITE di SNERVAMENTO, rimuovendo il carico che sollecita il provino, lo stesso presenterà una deformazione residua permanente che risulta comunque di “piccola” entità. Il LIMITE di SNERVAMENTO è, per definizione, quel limite che corrisponde a una deformazione residua permanente dello 0,2%. La zona della curva σ – ε, compresa tra il limite elastico e il limite di snervamento, viene detta zona delle piccole deformazioni; oltrepassando il limite di snervamento si entra nel campo delle grandi deformazioni, l’entità finale delle quali dipende dal tipo di comportamento del materiale: duttile o fragile; chiaramente, se il materiale con cui è costruita l’ancia durante il funzionamento della stessa dovesse superare il limite di snervamento, la deformazione dell’ancia diventerebbe permanente e l’ancia stessa, a quel punto, sarebbe inutilizzabile.
- Fig. 1 – Diagramma sforzo deformazione di un acciaio a medio tenore di carbonio (C45)
Una volta descritto, seppur per sommi capi, il comportamento del materiale (acciaio) soggetto a sforzi – riprendiamo in esame la formula (3). Da tale formula vediamo che, quando l’ancia viene sollecitata, il modulo di elasticità E varia – tratto della curva oltre il limite di proporzionalità – la frequenza propria di vibrazione dell’ancia libera varia, perciò, sollecitando un’ancia oltre il limite di proporzionalità, cambia l’accordatura/intonazione della stessa (da notare che il comportamento del materiale è sempre di tipo elastico).
In definitiva, il materiale con cui dev’essere realizzata un’ancia libera non solo deve avere un comportamento elastico (p.e. esempio la gomma, che è il materiale elastico per eccellenza, ha un comportamento caratterizzato da una spiccata non linearità), ma deve avere una zona a comportamento elastico perfettamente lineare la più ampia possibile, in modo tale che il modulo di elasticità non vari quando sollecitiamo l’ancia; in aggiunta, è necessario che tale limite sia il più possibile vicino al limite di snervamento e prossimo a quello di rottura del materiale in modo da sfruttare al meglio le caratteristiche resistenziali del materiale, dato che, se durante il funzionamento dell’ancia si dovesse superare il limite di snervamento del materiale, l’ancia stessa diventerebbe – come detto – inutilizzabile in quanto si deformerebbe in modo permanente.
Tra tutti gli acciai e non solo tra gli acciai, i materiali che soddisfano nel miglior modo le caratteristiche sopracitate sono proprio gli ACCIAI al SILICIO, detti anche ACCIAI ARMONICI (acciai ad alto tenore di carbonio contenenti silicio). Essi hanno, infatti, proprio le caratteristiche prima elencate e cioè un limite elastico molto elevato – in certi casi, tale limite raggiunge e supera i 1.200/1.800 MPa (1.200/1.800 N/mm²). Generalmente, questo coincide praticamente con il limite di proporzionalità ed entrambi questi limiti sono molto prossimi sia al limite di snervamento, sia a quello di rottura del materiale. Pertanto, un’ancia libera costruita in ACCIAIO ARMONICO, quando è sollecitata, presenta in tutto il suo campo di funzionamento un modulo di elasticità costante e, di conseguenza, è in grado di mantenere la stessa frequenza propria di vibrazione e, quindi, in definitiva, la stessa accordatura/intonazione (figura 2).
Da notare che quasi tutti i materiali metallici hanno, almeno nella fase iniziale di applicazione del carico, un comportamento elastico, ma in pochi hanno un comportamento elastico perfettamente lineare (p.e. l’alluminio si comporta per un certo tratto iniziale della curva σ – ε in modo elastico, ma non elastico lineare). Se pertanto costruissimo un’ancia di alluminio, dato che il proprio modulo di elasticità varia al variare dello sforzo praticamente già dall’origine del diagramma σ – ε, essa varierebbe la sua frequenza propria di vibrazione e quindi la sua intonazione/accordatura.
Conclusione: il materiale utilizzato per costruire un’ancia libera deve avere non solo un valore elevato del limite di elasticità, ma, soprattutto, deve essere caratterizzato da un elevato valore del limite di proporzionalità; cioè deve avere una curva sforzo deformazione (legame costitutivo) con un tratto lineare il più ampio possibile, in modo tale che il modulo di elasticità E si mantenga costante e con esso l’accordatura/intonazione.
– Quanto detto sino ad ora non esaurisce – ovviamente – la questione del perché le ance delle voci per fisarmonica debbano essere costruite in acciaio armonico. Oltre a quella appena esaminata vi sono altri motivi di carattere meccanico e tecnologico che fanno preferire nettamente questo tipo di materiale rispetto ad altri, ragioni che sono affrontate ed analizzate in dettaglio nel FASCICOLO 3 di prossima pubblicazione.
- Fig. 2 – Confronto tra il diagramma sforzo deformazione di un acciaio a medio tenore di carbonio (C45) ed un acciaio al silicio (armonico). Notare sia la differenza tra le due curve, sia i differenti valori del limite di proporzionalità che, nel caso dell’acciaio armonico, risulta essere molto maggiore rispetto a quello del C45.
Ricapitolando:
1 – nel caso di un’ancia libera avente sezione in pianta e trasversali rettangolari, la frequenza propria di oscillazione non dipende dalla larghezza dell’ancia e questo perché il raggio giratore di inerzia della sezione non dipende dalla larghezza;
2 – abbiamo detto che la frequenza è proporzionale allo spessore dell’ancia e inversamente proporzionale al quadrato della sua lunghezza: questo costituisce senz’altro un grosso vantaggio per l’accordatura dell’ancia perché consente di intervenire sul suo spessore in maniera più agevole rispetto al caso in cui la dipendenza dallo spessore fosse stata anch’essa di tipo quadratico, in altre parole l’ancia è più “sensibile” alle variazioni di lunghezza che di spessore;
3 – per quanto riguarda l’influenza delle variazioni di E (ρ) sulla frequenza propria di oscillazione dell’ancia libera (e quindi sulla sua accordatura), essendo tale termine sotto radice (esponente ½), l’influenza di esso risulta “mitigata”; pertanto, piccole variazioni di E (dovute p.e. ai processi tecnologici di costruzione dell’acciaio) non si ripercuotono significativamente sull’accordatura/intonazione dell’ancia.
4 – dato che le dimensioni delle ance sono contenute (al massimo una decina di centimetri di lunghezza) e poiché il coefficiente di dilatazione termica dell’acciaio è “basso”, le variazioni di temperatura influiscono assai “poco” sulla frequenza propria dell’ancia e quindi sull’ accordatura/intonazione della stessa.
5 – il termine √ E / ρ rappresenta la velocità di propagazione del suono vs, ovverosia la velocità di propagazione delle onde elastiche longitudinali nel materiale considerato. Quindi, le frequenze proprie di vibrazione di un’ancia – a sezione e pianta rettangolari – sono proporzionali allo spessore dell’ancia e alla velocità di propagazione del suono nel materiale considerato – ed inversamente proporzionali al quadrato della lunghezza dell’ancia stessa.
Per l’ACCIAIO essendo E = 2,06*10^11 Pa e ρ = 7.850 Kg/m³ si ha:
vsacc = vs = √(2,06*10^11/7.850) = 5.123 m/s
Per le LEGHE di ALLUMINIO essendo E = 7,0*10^10 Pa e ρ= 2.700 Kg/m³ si ha:
vsall = √(7,0*10^10/2700) = 5.092 m/s
Esempio: si consideri un’ancia di acciaio avente dimensioni: 25*5*2 mm e si voglia determinarne la prima frequenza propria di vibrazione; per far ciò è sufficiente applicare la seguente formula:
Nel caso dell’alluminio, per esempio, il valore E è circa un terzo di quello dell’acciaio: (7,0*10^10/2/10^11) ~1/3, ma anche la sua densità è circa un terzo: (2.700/7.850) ~1/3, quindi il rapporto E/ρ resta, come detto, praticamente costante; in definitiva, per modificare le frequenze proprie di un’ancia, conviene intervenire sui parametri geometrici e in particolare sulla lunghezza l e sullo spessore h.
Per definizione, l’impedenza acustica è quella grandezza che esprime in che modo un mezzo o un fluido si oppongono al passaggio delle onde sonore e/o meglio in che modo si oppongono alla trasmissione di energia sonora. Tali onde, prodotte da una successione di compressioni e/o dilatazioni (rarefazioni), sono localmente associate all’oscillazione delle molecole del fluido/mezzo. In acustica si utilizzano differenti tipi di impedenza e precisamente:
l’impedenza acustica (semplice) propriamente detta, data dal rapporto tra la pressione acustica p ed il flusso di un fluido U (portata volumetrica) in un punto: Z = p/U dove U è dato dal prodotto della velocità del fluido per l’area che esso attraversa: U = u*A;
l’impedenza specifica, che è il rapporto tra la pressione sonora e la velocità del fluido in un punto: Zs = p/u. Ci si riferisce a questa impedenza quando ci si vuole riferire alle proprietà locali di un mezzo senza fare riferimento alla particolare area interessata dal moto. Nel sistema MKS si misura in Rayleigh.
Poiché la pressione acustica varia entro un amplissimo intervallo, l’impedenza si esprime anch’essa in scala logaritmica.
L’impedenza acustica viene misurata di solito in regime oscillatorio e, quindi, è una grandezza dipendente dalla frequenza ed è dotata di ampiezza e fase. L’impedenza indica il rapporto tra il modulo della pressione oscillante e il modulo del flusso oscillante, mentre la fase rappresenta quanto il fluido sia in ritardo o in anticipo rispetto al moto della pressione.
L’impedenza caratteristica è data dal prodotto della densità per la velocità di propagazione del suono nel mezzo considerato e cioè:
Applicando la formula (1) al caso dell’acciaio e dell’alluminio – poiché le velocità di propagazione del suono nei due materiali/metalli sono praticamente le stesse e poiché la densità dell’acciaio è circa tre volte quella dell’alluminio si ha:
– Dato che in alcuni strumenti (p.e. armonium, armonica, ecc.) il telaietto/piastra è costruito in ottone, è interessante constatare come l’ottone abbia un’impedenza caratteristica che è circa di 1,5 volte inferiore a quella dell’acciaio; il titanio ha, per esempio, un’impedenza caratteristica di circa 2 volte inferiore a quella dell’acciaio.
– Se le impedenze acustiche dei due mezzi sono molto differenti, l’intensità dell’onda/energia incidente viene quasi completamente riflessa, è quindi necessario un adattatore di impedenze affinché l’onda/energia incidente possa essere trasmessa da un mezzo all’altro. Per esempio, il suono non passa facilmente dall’acqua all’aria e viceversa, dato che tali mezzi hanno impedenze espresse in Rayleigh molto differenti: aria = 450 ed acqua = 1,45 *10^6
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
FEODESEV, Vsevolod Ivanovic, Resistenza dei Materiali, Editori Riuniti, 2011.
LUCCHESI, Domenico, Tecnologia meccanica, Firenze, Sansoni, 1968.
www.fisicaondemusica.unimore.it
Giuseppe Manfredi è laureato in ingegneria meccanica e svolge, attualmente, l’attività di ingegnere meccanico strutturista presso un’azienda di Viareggio. Ha sempre dimostrato predisposizione sia per le materie tecniche e scientifiche, sia per quelle artistiche, tanto che in giovane età ha iniziato, sotto la guida di vari insegnanti, lo studio della musica (teoria, solfeggio, armonia, ecc.), del pianoforte e della fisarmonica anche se, a proposito di quest’ultima, si considera un autodidatta. Nel 1979, dopo aver assistito ad un concerto del Maestro Salvatore di Gesualdo, decide di dedicarsi intensamente allo studio della fisarmonica classica e, a metà degli anni Ottanta, frequenta alcuni suoi seminari. Per un certo periodo svolge anche attività concertistica, poi interrotta per gli impegni nel campo dell’ingegneria. All’inizio degli anni Duemila, è tornato alla musica, dedicandosi allo studio della fisarmonica soprattutto da un punto di vista ingegneristico.
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