Ad Hathor dedichiamo questa rubrica con l’intento di dare nuova vita alle numerosissime compositrici, interpreti e didatte, ancora assenti dalla storia della musica, e voce a quelle del nostro presente. Dall’analisi dei percorsi biografici emerge quanto le donne siano state attive e protagoniste della vita musicale, spesso geniali e innovatrici in ambito compositivo, interpretativo e didattico, presenti nelle recensioni, autorevoli e stimate, attente testimoni della società a loro contemporanea.
Nel XIII secolo le trovatrici (o trovatore) per esempio, narravano non solo dell’amor cortese, ma denunciavano soprusi ricevuti e tradimenti. Sul finire della tradizione Gregoriana, Hildegard von Bingen compose espressamente musiche di grande originalità, esclusivamente per voci femminili, nel Seicento, Francesca Caccini, presso la corte Medicea, creò una delle prime forme di Dramma in Musica La Liberazione di Ruggero dall’Isola di Alcina, mentre a Novara Suor Isabella Leonarda compose musiche straordinarie. Centinaia di compositrici, in diverse parti del mondo, si affermarono e divulgarono le proprie musiche, a partire da una condizione sociale protetta, come nei conventi, o privilegiata, perché nate in una famiglia di musicisti vennero introdotte e educate a una professione.
Quando dal 1870 i Conservatori europei iniziarono ad ammetterle nelle classi di prove orchestrali e di composizione, si trovarono improvvisamente svantaggiate e spesso escluse di fatto da una formazione di alto livello. Le grandi scuole, come gli Ospedali di Venezia, i Conservatori in Germania, Francia, Inghilterra, il Conservatorio di Parigi, fondato nel 1795, e la Royal Accademy of Music di Londra, aperta nel 1823, accettarono sia uomini che donne, ma in tutta Europa le donne poterono accedere in giorni e orari diversi dagli uomini, con programmi di studio sottostimati – “especially organized for their requirements” – e lo studio di molti strumenti era precluso (violoncello, strumenti a fiato, ecc.) per la posizione fisica disdicevole, non adatta alla reputazione di una donna. A tutte fu impedito di accedere alle orchestre nazionali e ai teatri dell’opera, motivo per il quale alcune decisero di formare in modo indipendente degli ensemble e orchestre femminili. Paradossalmente, da quando Accademie e Conservatori si aprirono, molte donne dovettero continuare per decenni a studiare privatamente o come autodidatte perché generalmente i maestri non le accettavano nelle proprie classi di insegnamento. Nonostante questo ostruzionismo, molte riuscirono comunque a comporre e dirigere le proprie musiche, ma furono come meteore, presto cadute nell’oblio di una storia scritta al maschile, dove il modello di una donna ribelle, autonoma, geniale non era ancora accettato.
Oggi, ci sorprendiamo che in alcuni paesi del Medioriente, le donne non possano studiare musica, eppure in passato in queste aree del mondo le donne erano rispettate e ricoprivano ruoli pubblici, anche in ambito musicale. Per esempio, nella Bibbia fu descritta l’orchestra di Nabucodonosor, dove emergeva una direttrice tre le tante musiciste; in Egitto, la musicista Iti dirigeva una banda musicale durante la dinastia del Faraone Neferefre, in Iraq e in Iran molte musiciste erano considerate delle sacerdotesse. Tante furono le musiciste attive nel mondo arabo: dirigevano, fondarono accademie e ensemble musicali, lasciando le loro testimonianze nel Libro dei Popoli [1]. Sono centinaia i nomi ritrovati di compositrici e direttrici arabe e persiane, alcune erano schiave cristiane, altre divennero figure leggendarie e rispettate.
Ancora oggi, nonostante le compositrici siano state censite con maggiore cura e attenzione (il New Grove of Music ne conta 900, la Oxford Library 1.500, la Fondazione “Donne e Musica” [2] registra 27.000 compositrici, interpreti, pedagoghe, musicologhe attive in 108 Paesi e 84 associazioni), le istituzioni lirico sinfoniche e i centri istituzionali, dedicano spazi marginali, rarefatti per l’esecuzione delle loro opere [3].
Una prima indagine sulla programmazione concertistica delle più importanti istituzioni artistiche musicali, dal titolo Gatekeepers, promossa nel 2003 dalla Comunità Europea e coordinata dall’istituto di ricerca tedesco ERICARTS, confermò l’assenza di opere di compositrici nella programmazione concertistica delle maggiori istituzioni musicali europee, in particolare in quelle italiane [4]. Su 1.768 concerti si registrarono solamente 30 brani di compositrici (italiane e straniere, le italiane presenti per lo 0,3%). A distanza di molti anni, nel 2019, solo 76 concerti di musica classica hanno previsto l’esecuzione di un brano musicale composto da una donna. Inoltre, da fonte SIAE risulta che, su 3.524 brani musicali, 3.442 (il 94,7%) sono stati composti da uomini e solo 82 (il 2,3%) da donne.
Nel 2024 [5], presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Roma Tre, sono stati analizzati i brani eseguiti nelle quattordici istituzioni lirico sinfoniche italiane, aggiungendo l’Accademia di Santa Cecilia, Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma La Sapienza e l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai: su 4.615 brani musicali eseguiti, 4.531 sono di compositori e 84 di compositrici, rispettivamente 498 autori e 30 autrici.
La direzione d’orchestra, infine, è lo specchio di una realtà formativa e istituzionale che ancora produce segregazione di genere: all’inizio del 2020, nel mondo si contano 778 orchestre sinfoniche stabili, di cui 46 dirette da una donna, ossia il 5,9% [6]. Attualmente, in Italia solo una donna dirige un’orchestra stabile sinfonica: Oksana Lyniv, presso il Teatro Comunale di Bologna.
Anche i dati del 2020, riguardo alle iscrizioni nei conservatori italiani, rilevano quanto sia ancora lontana una parità formativa: i diplomati in direzione d’orchestra sono 31 uomini e 2 donne [7], solo nella direzione di coro si eguagliano in 12 e12; in composizione 120 uomini e 37 donne [8]. Riguardo ai docenti dei conservatori, nel 2018 si registrano su 23 docenti di direzione d’orchestra solo 2 donne, in esercitazioni orchestrali 43 uomini e 5 donne, in direzione di coro 32 uomini e 8 donne, in esercitazioni corali 36 uomini e 17 donne [9].
Così, l’affermazione espressa in un’intervista del 1920 da Sir Thomas Beecham, influente direttore d’orchestra e compositore britannico “non ci sono donne compositrici, non ci sono state e non ci saranno mai”, oggi potrebbe essere facilmente licenziata come dettata da ignoranza – compositrice nota e sua contemporanea fu Cécile Chaminade -, o misoginia: invece la conserviamo, perché svela la differenza femminile anche se nominata per negazione.
Nell’ultimo censimento della popolazione italiana tra le professioni di alto profilo intellettuale appaiono gli artisti: alla categoria compositori, musicisti e cantanti corrispondono 19.000 persone di cui il 18% donne [10].
In Wikipedia, l’enciclopedia più consultata nel web, e principalmente dai giovani, le compositrici rispondono alla definizione: “Compositori donne” o “macchina per comporre”. Le direttrici d’orchestra sono sempre declinate al maschile. A chi verrebbe mai in mente di cercare la storia delle musiciste scrivendo la parola chiave al maschile?
“Hathor e le altre” svelerà nomi e cognomi, si entrerà pienamente nelle storie di vita e in contesti culturali inaspettati.
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Milena Gammaitoni, sociologa, è professoressa associata di Sociologia Generale presso l’Università di Roma Tre, Dipartimento di Scienze della Formazione. I suoi temi di studio riguardano la questione dell’identità, il ruolo sociale delle artiste e degli artisti, le migrazioni, la metodologia della ricerca sociale. Insegna Sociologia delle arti all’Università Roma Tre, alla “Università Jagellonica” di Cracovia, e presso l’“Université d’Évry” di Parigi.
[1] In lingua persiana e araba Quainat significa cantatrice e musicista-strumentista.
[2] www.donneinmusica.org
[3] L’insigne storico della musica Charles Rosen liquidò con queste parole l’esistenza delle musiciste: “Non è stato fatto alcun tentativo [in questo libro, ndr] di risuscitare quelle poche musiciste la cui produzione venne del quasi tutto inibita durante questo periodo. Ritengo che il farlo significherebbe travisare l’autentica tragedia che colpì le compositrici del XIX secolo. (…) Le compositrici furono crudelmente escluse dalla storia e il tentativo di reinserirvele, effettuato in modo acritico e senza discernimento, non rende loro una postuma giustizia né mostra di riconoscere la difficile realtà delle loro vite”. Cfr Charles Rosen, La generazione romantica, Adelphi, Milano, 1997, p.15.
[4] Le musiche presenti nei programmi concertistici sono soprattutto di compositrici dal Novecento: Ali-Zadeh Franghitz, Joanne Bailie, Sandra Bellino, Sonia Italia Bo, Paola Brino, Tomoko Fukui, Ada Gentile, Kostantina Gourzi, Eleni Karaindrou, Lisa Lim, Paola Livorsi, Nicoletta Malagotti, Laurie Mc Donald, Paola Minetti, Lara Morciano, Betty Olivero, Augusta Read Thomas, Kajia Saariaho, Clara Wieck Schumann, Marilyn Shrude, Bettina Skrzypczak, iris ter Schiphorst, Roberta Vacca, Aleksandra Vebralov, Julia Wolfe. Cfr. Salvatore Piras, La ricerca per la Comunità Europea: la non pari opportunità nella programmazione musicale italiana. In Fondazione Adkins Chiti: Donne in Musica, Una visione diversa, la creatività femminile in Italia tra l’anno Mille e il 1700, Electa, Mondadori, Milano, 2003. Gli enti considerati sono: Settembre in Musica di Torino, Ravenna Festival, Biennale di Venezia, Maggio Musicale Fiorentino, Orchestra Filarmonica della Scala, Orchestra Nazionale di Santa Cecilia, Orchestra Sinfonica della Rai, Orchestra Regionale della Toscana, Orchestra Teatro Lirico di Cagliari, orchestra Toscanini.
[5] La ricerca a cura di Milena Gammaitoni e Perla Tellez Elias Nemer, grazie ad un fondo di ricerca dell’Università di Roma Tre, è stata svolta sui dati disponibili online per la stagione 22/23 e i primi due mesi del 2024, di 17 diversi enti da ottobre 2023 a marzo 2024: Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari, Fondazione Teatro Comunale di Bologna, Fondazione Teatro Lirico di Cagliari, Fondazione Teatro Maggio Musicale Fiorentino, Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova, Fondazione Teatro alla Scala di Milano, Fondazione Teatro di San Carlo in Napoli, Fondazione Teatro Massimo di Palermo, Fondazione Teatro dell’Opera di Roma, Fondazione Accademia Nazionale di S. Cecilia di Roma / Parco della Musica, IUC Istituzione Universitaria dei Concerti, Fondazione Teatro Regio di Torino, Orchestra Rai Torino, Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, Fondazione Arena di Verona.
[6] Cfr. Claire Gibault, Direttrice D’Orchestra, La mia musica, la mia vita, ADD Editore, Torino, p. 167.
[7] Elisabetta Maschio a Vicenza e Luisa Russo a Verona.
[8] È utile notare anche le differenze per genere musicale: in composizione jazz 23 uomini e 4 donne, in pop rock solo 8 uomini, in musica applicata alle immagini 8 uomini e· 1 donna. Fonte: Redazione Suonare News su dati dei Conservatori italiani.
[9] Fonte: www.cineca.it/afam. Per un maggior approfondimento Ilaria Giani. Direttrici senza orchestra, LIM, Lucca, 2020.
[10] Dati Istat 2014/2016. Mentre, nei corsi AFAM nel 2016 sono stati censiti 4.818 studenti iscritti, di cui 2.047 donne e 544 stranieri. Personale docente 6.319 (dati Miur).