Hèctor Varela è stato uno dei grandi bandoneonisti della storia del tango; a tale affermazione dovremmo aggiungere “nel solco della tradizione”. Sì, perché il suo nome è diventato celebre soprattutto tra quanti il tango lo volevano ballare e desideravano farlo con la tranquillità che tutto scorresse secondo un rituale ben consolidato. Questo non significa che non ci fosse spazio per l’eccellenza e l’accuratezza esecutiva, l’esecuzione di un ritmo ben scandito che trascinasse i danzatori; anzi, gli argentini dell’epoca d’oro del tango avevano proprio buone orecchie per giudicare. Il pubblico degli anni Trenta e Quaranta si era affezionato al suo modo di suonare e – va aggiunto – di arrangiare perché lo ammirava nella prima fila di una delle orchestre di grido dell’epoca: L’Orquesta típica di Juan D’Arienzo. L’assidua presenza degli arrangiamenti che Varela scriveva per D’Arienzo alla radio (in particolare a Radio Belgrano e Radio El Mundo) gli avevano garantito un buon livello di notorietà, ben più ampio rispetto a quanti lo avevano potuto ammirare dal vivo. Tra le esperienze che lo hanno fatto maturare, portandolo a un livello tecnico-artistico così elevato, vanno ricordate quelle al fianco di due notissime voci femminili dell’epoca: Tita Merello prima e Libertad Lamarque in seguito. Con D’Arienzo, Varela incise molto per l’etichetta Electra e il suo direttore non lo mise in risalto solo come arrangiatore, ma anche come compositore, incidendo ben venti tanghi da lui composti. Negli anni Cinquanta, Varela si stacca da Juan D’Arienzo e forma la sua orchestra con un taglio anche un po’ innovativo. Si circonda di validi musicisti e porta sempre con sé due voci maschili (inizialmente Armando Laborde e Rodolfo Lesica) oltre a un presentatore. La formula è di successo; questo gli consente di conseguire ottimi traguardi nella vendita dei dischi e di sfondare all’estero, in particolare in Brasile. I rinnovatori del tango lo hanno accusato – in particolare per l’impostazione di questa sua orchestra degli anni Cinquanta – di essersi piegato alle esigenze commerciali, mentre hanno guardato con maggior rispetto alla sua esperienza al fianco di D’Arienzo. Tra le sue composizioni troviamo: Mirame en la cara, Lilián, Si supiera que la extraño, Salí de perdedor, Chichipía, Don Alfonso, Te espero en Rodríguez Peña, Tres horas, Bien pulenta, El Flete, Farolito Viejo, Un Bailongo, Tal Para Cual, Mi Corason es un Violin e Historia de un Amor. A sessantacinque anni, si toglie anche la soddisfazione di partecipare a una produzione cinematografica nel film La carpa del amor, l’ultimo girato da Julio Porter, pellicola che vedeva la presenza di diversi cantanti tra cui la nostra Iva Zanicchi.
Héctor Varela era nato nel 1914: due anni dopo, nella città di Rosario, nasce un’altra stella del bandoneón, Julio Ahumada. Come per tutti quelli che hanno desiderato far carriera nel mondo del tango, eccezion fatta per quanti erano già cittadini di Buenos Aires, prima o poi arrivava il momento in cui eri costretto a trasferirti nella capitale. Per Ahumada questo avviene a vent’anni e lo porta a cercare una camera presso la Pensión La Alegría, pensione che ha ospitato grandi nomi della storia del tango e luogo in cui conosce Argentino Galván, il violinista e direttore d’orchestra con cui collaborerà spesso come primo bandoneonista dei suoi ensemble. Durante gli anni Quaranta, la sua figura di ottimo interprete è ben consolidata e, grazie a questo, Ahumada è ricercato da orchestre importanti come quelle di Héctor Artola, José Basso, Joaquín Do Reyes, Enrique Francini oltre al già citato Galván.
Non solo, Ahumada viene chiamato a far parte anche dell’orchestra di tango costituita da Radio El Mundo, orchestra in cui conosce e stringe amicizia con un altro bandoneonista: Miguel Bonano. Dalla confidenza tra i due, sorge l’idea di mettersi in proprio, ovvero di far nascere l’Orquesta Ahumada-Bonano, che non avrà una lunga vita, ma che lascerà un’ottima impronta per il suo livello musicale. Verso la fine degli anni Cinquanta, grazie a due diversi progetti, entrambi con la direzione di Argentino Galván, Ahumada registrerà in sala di incisione le proprie migliori interpretazioni, che resteranno nella storia. Nel 1957, viene costituito un ensemble di sette famosi musicisti con Ahumada al bandoneón, che viene chiamato Los Astros del Tango e che inciderà ben trentotto diversi brani, tutti magistralmente interpretati. Nel 1960, l’etichetta Music Hall, sempre con la direzione di Galván, idea un ambizioso progetto discografico dal titolo Historia de la Orquesta Típica. Altre grandi attestazioni di stima Ahumada le riceverà da Gabriel Clausi, che lo farà incidere per la sua etichetta chiamata Chopin; da Juan José Castro, che lo vorrà come unico bandoneonista per l’esecuzione dell’Opera da tre soldi di Bertolt Brecht con musiche di Kurt Weill; e da un altro grande bandoneonista, Dino Saluzzi, che lo vorrà nell’organico della sua orchestra Pen-Tango. Come compositore non è stato molto fecondo, lasciandoci pochi brani. Ma uno, tra questi pochi – grazie all’incrociarsi con la vicenda artistica del grande rivoluzionario del tango, Astor Piazzolla – diventò assai celebre con tutti gli aneddoti ad esso connessi. Si tratta del brano Hasta el último tren con testo di Julio Camilloni che viene cantato nel 1969 allo stadio Luna Park per il Festival della canzone e della danza di Buenos Aires. Questa canzone scritta da Julio Ahumada è il brano che vinse – creando un po’ di scandalo – il primo premio surclassando la celeberrima Balada para un Loco di Astor Piazzolla con testo di Horacio Ferrer, per l’occasione cantata da Amelita Baltar. Ma senza stare a speculare sulla questione dei componenti della giuria o dell’organizzazione del festival, la storia narra che un mese dopo questo “concorso”, nessuno ricordava più il tema di Hasta el último tren, mentre tutti a Buenos Aires canticchiavano le note della Balada di Piazzolla. Tuttavia, eludendo la “violenza” dello scontro con il grande successo di Piazzolla, Hasta el último tren è un brano interessante e a testimoniarne la validità possono essere citate le registrazioni di Osvaldo Pugliese e, quindi, di Jorge Sobral agli inizi degli anni Settanta. Il grande Leopoldo Federico ha tributato al bandoneonista di Rosario un meraviglioso omaggio con il suo brano Retrato de Julio Ahumada composto poco dopo la sua scomparsa avvenuta nel 1984.