Eduardo Arolas – grazie ai suoi tanghi celebri tra i quali spicca El Marne – si può considerare la prima figura di successo come bandoneonista e, allo stesso tempo, compositore e leader di una propria Orquesta. Andando ad approfondire bene, però, tra i primissimi pionieri del bandoneón (Moore, Ruperto, Domingo Santa Cruz, “El Pardo” Sebastián Ramos Mejía, Antonio Francisco Chiappe) e l’autorevole figura de “El Tigre del bandoneón” c’è una generazione di musicisti molto interessante (è vero, forse non così celebri) che, probabilmente, ha avuto un notevole peso nello sviluppo delle tecniche di esecuzione al bandoneón in ambito tanghistico. Si tratta di cinque musicisti che sono nati nel decennio 1881-1890 e che, per questo, potremmo definire i bandoneonisti della “generazione Ottanta”. Eccoli in ordine di nascita:
Juan “Pacho” Maglio (Buenos Aires, 1881 – 1934);
Arturo “El Alemán” Bernstein (Petrópolis (Brasile), 1882 – Buenos Aires, 1935);
Genaro Espósito (Buenos Aires, 1886 – Parigi, 1944);
Vincente “Garrote” Greco (Buenos Aires, 1888 – 1924);
Juan Bautista Deambroggio detto “Bachicha” (La Plata, 1890 – Parigi, 1963).
Tra loro il più noto è senza dubbio Juan Maglio (detto “Pacho” come storpiatura del termine “pazzo”). Tra i suoi insegnanti di bandoneón c’è stato anche Domingo Santa Cruz e la sua attività artistica iniziò con la costituzione di un trio (che risulta già attivo nel 1899) formato con Julián Urdapilleta al violino e Luciano Ríos alla chitarra. Dopo il trio, costituì un quartetto e, in seguito, la sua Orchestra. Era molto apprezzato e questo gli consentì di “arrivare” in molti locali celebri del centro della città e, nel 1912, di essere contattato dall’etichetta Columbia per alcune incisioni discografiche, andando così a costituire Orquesta Típica Criolla Juan Maglio Pacho con ottimi risultati di vendite. Nel 1920, formò una seconda Orquesta, sempre con ottimi musicisti e con un’intensa attività: di questa seconda formazione fecero parte, per alcuni periodi, il pianista Rodolfo Biagi, il violinista Elvino Vardaro e un giovanissimo bandoneonista di soli quindici anni, molto promettente, Aníbal Troilo. Incise circa novecento brani, diventando, così, uno dei grandi nomi della Guardia Vieja. Maglio fu il primo a incidere tanghi con degli assoli di bandoneón, contribuendo ad accrescere l’importanza di questo strumento nel mondo musicale argentino dell’epoca. Il suo gusto era molto raffinato e leggero e ciò gli aveva consentito di conquistare il favore del pubblico, anche in veste discografica. Il suo tango più celebre è Armenonville, brano che porta il nome del più noto cabaret (di lusso) di Buenos Aires tra gli anni Dieci e Venti del Novecento. In quel cabaret passarono tutti i grandi e soprattutto Carlos Gardel, divenendo, così, soggetto di ispirazione per il tango (definito “brillante”) di Juan “Pacho” Maglio composto nel 1912. Già in questo brano si ritrovano la finezza e la ricercatezza di Maglio: lo si percepisce bene dall’ascolto, ma anche al solo colpo d’occhio della partitura si apprezzano le molte semicrome staccate (per l’appunto da eseguire con delicatezza) e la presenza delle terzine di semicrome. Da eseguire con grazia anche la figura delle due crome legate con la prima sovrastata da un mordente; va notato come Maglio inserisca questa figura nella prima parte, in un punto preciso che gli consente di chiudere un fraseggio per lanciare un’anacrusi, mentre nella seconda parte del brano essa diventi un motivo molto più ricorrente e nella terza venga trasformata in terzina di sedicesimi
Nell’esempio 1 vediamo le semicrome staccate da Armenonville
Nell’esempio 2 l’impiego delle terzine di semicrome (stesso brano)
Nell’esempio 3 la figura con il mordente nella prima sezione di Armenonville
Nell’esempio 4, il mordente viene ripreso più volte nella seconda sezione dello stesso brano
Nell’esempio 5, si denota sempre la leggerezza ottenuta con lo staccato e con le veloci ornamentazioni, questa volta dal brano El copetin
L’esempio 6 è tratto dal brano El curdela, tango assai particolare in cui Maglio toglie forza al secondo accento della battuta grazie alle legature che provengono dal tempo debole precedente creando questa originale sequenza ritmica
Arturo “El Alemán” Bernstein non era nato in Argentina, bensì in una piccola cittadina brasiliana, Petrópolis, nello Stato di Rio de Janeiro. Il cognome non lascia dubbi sulle sue origini tedesche; iniziò fin da giovanissimo ad avvicinarsi alla musica (forse non con un’istruzione formale), ma, appena ventenne, cominciò a esibirsi nei caffè e nei locali di Buenos Aires. Sembra che fosse capace di seguire bene le partiture e avvezzo a eseguire anche brani classici e di opere liriche. Probabilmente, da questa passione per la musica classica derivò il desiderio di arricchire le melodie del suo bandoneón con delle ornamentazioni, arrivando, quindi, all’idea di utilizzarle come elemento di variazione del testo musicale. Forse, la sua esibizione più celebre è quella che lo vide al Bar Victoria nella città di Córdoba al fianco dell’altro bandoneonista Ciriaco Ortiz, del violinista Tito Roccatagliata e del grande compositore, direttore e pianista Juan Carlos Cobián. Scomparso prematuramente di emorragia cerebrale a soli cinquantatré anni, Bernstein ha lasciato pochissime composizioni.