È passato molto tempo dall’ultima delle nostre chilometriche telefonate (succede così, il dialogo continua a distanza anche nel silenzio di anni, perché anche così vivono gli incontri, quando incrociano le radici umane) e i pensieri sono tanti: come sarà cambiato il Maestro? Quali nuove prospettive avrà da mostrarci? Come scoprirò di essere cambiata io? Saranno i nostri studenti capaci di accoglienza e dialogo?
Ed eccolo qui, finalmente: gli occhi vivissimi, il suo muoversi agile ed elegante, la sua voce inconfondibile, l’abbraccio di sempre e subito so che saranno due giorni bellissimi, per tutti.
Tutto ciò che mi è parso di conoscere di lui è ancora in lui, ancora più potente e profondo, espanso al di là delle frontiere del pensiero e del sentire, mai prossimo a interrompersi, anzi. Musica e Umanità, questo il suo centro.
In un attimo ritornano alla mente gli incontri passati (insieme a Ivano Battiston, quando condividevo con lui vita personale e professionale, e poi in un percorso più individuale): le lunghe e pur brevissime ore fatte di parole e silenzi, davanti a un infinito caffè, la condivisione di sguardi sul mondo e sulle persone, di studio e ricerca, di inedite conversazioni con compositori e altri musicisti, i viaggi tra un concerto e l’altro e le repliche dei concerti, le lezioni magistrali e le master class e sempre musica, musica e ancora musica, con grande disponibilità, perché aveva riconosciuto in noi, di circa vent’anni più giovani, la comune e autentica motivazione a cercare, conoscere, costruire.
Oggi, ancora una volta, siamo di fronte ad un concept esistenziale e artistico allo stesso tempo, l’artista non è altro dall’uomo.
Determinato, appassionato e rigoroso, sempre cerca chiavi di lettura a più dimensioni. La sua storia professionale e artistica è una storia di ricerca, di sensibilità e di coraggio, di fierezza e umiltà. Insegna condividendo la propria esperienza e i fondamenti di certezze e dubbi e, illustrando ogni sua produzione musicale, non ne racconta i successi, ma ciò che ne ha imparato. Sottilmente ironico, trasgressivo e ribelle verso l’arroganza e la disonestà intellettuale, il conformismo e le sterili schematizzazioni; estremamente riservato, estremamente distante da ciò che non ama, estremamente generoso e aperto nell’idem sentire. Rifugge interviste, operazioni mediatiche, mira alla sostanza, sempre.
Di lui è difficilissimo leggere una biografia artistica dettagliata, si trovano ricostruzioni sommarie e, quando è stato lui a dover scrivere un curriculum, ha sempre scritto qualcosa come: “Nato nel 1943, musicista, studia ancora”. Sappiamo, comunque, che Hugo Noth ha studiato fisarmonica con Fritz Dobler e successivamente composizione, orchestrazione e teoria con Helmut Degen e Bernhard Rövenstrunck. Dal 1972 al 2007, ha insegnato fisarmonica alla Staatliche Hochschule für Musik Trossingen e, successivamente, alla Hochschule für Musik und Theater München. Suoi studenti sono stati Stefan Hussong, Teodoro Anzellotti, Mie Miki, Fanny Vicens, Claudia Buder, Hans Maier, Margit Kern e molti altri.
L’evidenza ci mostra come Hugo Noth abbia segnato in modo indelebile e definitivo le sorti della fisarmonica da concerto, individuandone l’identità; da autentico ricercatore ha indagato gli aspetti tecnico-organologici offrendo un contributo essenziale allo sviluppo costruttivo della fisarmonica; ha studiato l’ergonomia dello strumento, la relazione tra corporeità e gesto strumentale, le questioni dell’apprendimento musicale, ha costruito un impianto formativo sistemico che continua a sviluppare in progress; intensa e pionieristica la collaborazione con i compositori fino a eseguire in prima esecuzione mondiale almeno duecentoquaranta nuove composizioni, in tempi in cui lo strumento era totalmente sconosciuto ai palcoscenici della musica colta d’autore; ha introdotto la fisarmonica nella musica da camera, esplorando inediti organici ed effettuando importanti tournée di concerti e masterclass in Europa, America, Canada, Russia e Sud America. Ma ciò che più conta è l’originalità e genialità del pensiero, capace di rigenerare e rigenerarsi e impossibile da raccontare, così come le bellezza di una personalità tanto complessa ed enigmatica, quanto poetica.
Le lezioni della master class, come sempre, si incrociano con le conversazioni durante le pause, e i temi tecnico-musicali si intersecano con il confronto con musicisti non fisarmonicisti e con temi filosofici, storici e culturali, insieme alla sua visione della vita del musicista. Con me e con Ivano parla prevalentemente di musica, non altro dobbiamo dirci, su tanti temi già ci siamo confrontati negli anni, l’idem sentire non vuole parole, ma solo andare avanti. Ma a una semplice, qualunque domanda che nasce dalla curiosità, talvolta ingenua, dei più giovani, risponde con estrema generosità, anche toccando temi per lui ormai risolti, perché in fondo è qui per loro, per condividere e aiutare.
Musica e Umanità, sempre, ovvero essere un musicista. Discorsi complessi, importanti, radicati in un mondo che sembra in via di estinzione, estranei al tono della comunicazione di massa e anche a certi ambienti della musica colta odierna… discorsi e un modo di essere e di stare nelle cose, che nascono dalle radici solide della conoscenza, della ricerca e dell’onestà intellettuale assunti come stile di vita, dell’essere in luogo dell’apparire: il miracolo è che i nostri giovani, i nostri studenti, sentono e reagiscono aprendosi con entusiasmo e fiducia, come a ricordarci che gli archetipi dell’umanità e dell’arte sono indistruttibili.
In me, ha una chiarezza nuova e più matura la consapevolezza di come i miei strumenti personali e professionali si siano sviluppati autonomamente a partire dagli insegnamenti di coloro che riconosco come i miei Maestri (perché i Maestri, quelli veri, non plagiano, non dirigono, non mitizzano sé stessi, non invadono ma, semplicemente, sono e seminano). Quando esprimo a Hugo la mia gratitudine per quanto mi ha regalato come Maestro e come essere umano, non un cenno di autocompiacimento, ma subito idee per nuovi progetti insieme, come un naturale proseguimento – perché adesso più che mai abbiamo la responsabilità di pensare a loro – e indica gli studenti in pausa in giardino, assunti a simbolo delle nuove generazioni – e preparare il futuro…
Ho pensato che in fondo, davanti a un Maestro siamo tutti, volenti o nolenti, allievi.
A ognuno la responsabilità, o la capacità, o la fortuna, chissà, di riconoscerlo, di rendersi disponibile a rivoluzionare convinzioni e vita, aprendo il proprio cammino a quell’incontro.