Nell’arco della tua proficua carriera hai anche composto svariate colonne sonore per la TV. Come prendono forma le tue composizioni originali?
Sì, tutte per documentari e per compagnie di produzione trasmesse sui canali BBC2, Channel 4 e Discovery Channel. La prima fu nel 1987, ma da allora in poi i budget diventarono sempre più miseri e quindi non ne valeva più la pena. È stato più che altro un modo di esplorare le possibilità di orchestrazione e incrementare la mia esperienza nel ruolo di arrangiatore, anche se, in realtà, lo facevo già con le mie orchestre: The High Society Dance Orchestra e L’Orchestra Rara. Le mie composizioni prendono una certa forma in base a quello che sto componendo. Per una colonna sonora bisogna vedere il film, a volte anche se non è finito, e decidere dove la musica potrebbe arricchire ciò che sta accadendo in quella determinata scena. Diverso, invece, per un concerto. Nel mio caso, per esempio Valceno – Concerto per Fisarmonica e Orchestra, si cerca di mettere in primo piano la fisarmonica, ma per me è importante anche fondere proprio la fisarmonica con l’orchestra sinfonica, sia come parte di una sezione fisarmonicistica, che come parte dell’intero suono d’ensemble, quasi in contrasto e sotto forma di imitazione. Si parte dall’idea di suono e colori dell’insieme piuttosto che partire da un semplice tema che poi, a ogni modo, ovviamente si sviluppa. Con una canzone, invece, si può partire da una struttura melodica e armonica che si compone al pianoforte oppure che nasce da un’idea non necessariamente partorita al piano. In qualsiasi composizione mi piace raccontare una storia che si possa ascoltare e, al tempo stesso, suscitare la visione di immagini ispirate dalla mia musica. Ecco, in questo sono abbastanza filmico. Per esempio, nel mio nuovo progetto London Tango (Ballet), sono partito prima solamente con l’idea della musica, mentre ora sto progettando un cortometraggio commentato proprio dai miei brani originali.
Nel 2001, insieme a tua moglie, hai organizzato il “London Accordion Festival” con oltre duecento musicisti. Potresti raccontare gli aneddoti a te più cari legati a questo importante evento?
Fu un grande esperimento che funzionò molto bene. Purtroppo, una banca Italiana che era uno dei nostri sponsor, ritirò l’offerta che ci avrebbe garantito i fondi, quindi la possibilità di fare una campagna di poster sulla metropolitana londinese. Per noi era importante non solo attrarre un pubblico che già amava la fisarmonica, ma anche gente nuova e turisti da far venire a Londra per le vacanze. Nel 2001, non esistevano i social media, ma, nonostante ciò, ci furono oltre ottocento presenze, anche se ne sarebbero servite più del doppio per sostenere i costi. Malgrado tutto, posso dire che fu un grande successo. Andammo in onda sulla BBC Radio 3 al sabato sera, in un programma che riassunse un po’ l’intero festival. Per me fu un grande piacere tenere il mio Valceno – Concerto per Fisarmonica e Orchestra con la BBC Concert Orchestra insieme ad altri concerti come Rossiniana (Vladimir Zubitsky), Suite Punta del Este (Astor Piazzolla) suonata da Frédéric Deschamps, Concerto for Accordion and Clarinet (John Webb) di Owen Murray e in più due versioni sinfoniche di musica leggera, ossia Mazurka Variata (Migliavacca – Arr. Mussini), suonata da Corrado Medioli e Gigi Stok, Fantasia (mio arrangiamento) suonata sempre da Corrado Medioli, Mauro Carra e io in stile “I Tre Tenori” durante Italia ‘90. Tra orchestra sinfonica, orchestre di fisarmonica, solisti e il meraviglioso ensemble Hallo Mr Sax, tredici sassofoni insieme al fisarmonicista Simone Zanchini, superammo i duecento musicisti. Fu un weekend magico, nonché la prima volta che Frank Marocco conobbe e ascoltò Simone Zanchini, tanto poi da lavorare insieme nell’album Bebop Buffet.
Ho composto anche qualche brano per musical. Quello che ha avuto più successo è stato The Accordionist, tenutosi in tre teatri in Inghilterra. Ho suonato diverse volte nelle orchestre teatrali, sempre per musical come She Loves Me, Fiddler on the Roof, Songs From a Hotel Bedroom, Oklahoma!, qualche volta anche come attore-musicista. Mi piace molto, anche se è abbastanza stressante suonare centinaia di pagine di musica che spesso ricevi alla vigilia della prima prova. Comunque ammiro molto la “disciplina” di seguire attentamente il direttore d’orchestra. È un ambiente diverso rispetto a quando sfrutti la tua creatività per comporre. Tranne nel momento in cui ti esprimi quando c’è il solo di fisarmonica, per il resto si tratta di suonare insieme, di fare gioco di squadra, una comunicazione istantanea, una sorta di telepatia tra i musicisti dell’orchestra e la capacità di saper interpretare collettivamente i movimenti di chi la dirige.
Sei un fisarmonicista particolarmente poliedrico, in quanto spazi dal tango al rock, dal pop alla world music fino al jazz. Ritieni che la contaminazione stilistica, soprattutto al giorno d’oggi, possa rappresentare un reale valore aggiunto per un musicista moderno?
Londra, la mia città, mi ha fatto diventare così poliedrico. Qui un fisarmonicista deve saper suonare praticamente di tutto. Oggigiorno è importantissimo essere in grado di suonare la fisarmonica a bassi sciolti, perché gli arrangiatori di musica teatrale se lo aspettano e scrivono per strumenti con il convertitore. Anche i compositori di musica colta e contemporanea lo richiedono. Poi, ovviamente, se si viene ingaggiati in una formazione di jazz contemporaneo ti devi stilisticamente adattare. In passato ho suonato repertori di musica classica e contemporanea, ma questo richiedeva almeno sei ore di esercizio quotidiano per essere preparato ad alto livello. Inoltre, sono stato dimostratore per la Roland e ho suonato con Gilad Atzmon and the Orient House Ensemble, un gruppo di jazz contemporaneo con influenze arabeggianti, balcaniche, nordafricane e legate al tango, ma avendo una famiglia con cinque figli ho dovuto fare delle rinunce per mancanza di tempo. Nel pop o nel rock, invece, è raro che ti diano gli spartiti, per cui ti adatti e suoni. Alcune volte, per conto mio, mi sono scritto le partiture per essere più preparato, come quando ho suonato con Grace Jones. Però non è sempre così. Trent’anni fa, a Londra, un fisarmonicista era già fortunato se aveva la possibilità di suonare in un angolo di un ristorante, dove nessuno lo ascoltava. Anzi, dove spesso dava addirittura fastidio ai clienti che preferivano chiacchierare. In terra londinese sono pochi i musicisti che riescono a inserirsi in qualsiasi contesto, eppure qui ci sono degli ottimi concertisti, bravissimi jazzisti, eccellenti fisarmonicisti, ma non c’è tantissimo spazio per tutti.
Soffermandosi nello specifico sul tuo strumento, quale modello di fisarmonica utilizzi in studio di registrazione e nei live?
Uso quasi sempre la mia Beltrami CVP7 45/120/58, uno strumento con cinque voci alla mano destra, cioè 32’, 16’, 8’, 8’ e 4’ doppio cassotto con convertitore e bassi sciolti C griff in terza, vale a dire 8’, 4’, 2’. La trovo molto flessibile. Avendo il 32’ mi consentiva (almeno dal punto di vista dell’estensione) di avere la stessa gamma di una fisarmonica a bottoni di 64 tasti. In più, con queste caratteristiche si possono creare dei suoni favolosi e unici con una mano sola, per esempio combinando il 32’ con il 4’. Se qualche volta mi chiamano a registrare della musica in una session che richiama il musette, allora uso la fisarmonica di mio padre che è una Maga Ercole del 1955 per un suono musette dell’epoca, oppure, per un musette più moderno, utilizzo la mia prima fisarmonica che mio papà mi comprò quando avevo quattordici anni: una Lucchini King Major Special Musette.
Direi che London Tango, il mio nuovo progetto, è quello che oggi mi rappresenta di più. Ho sempre amato il tango argentino specialmente dopo aver scoperto Piazzolla negli anni Ottanta. Questo progetto combina il suono del quintetto di Piazzolla e, nelle mie composizioni, utilizzo quelle sonorità, ma con delle influenze della mia città per creare qualcosa di fresco, almeno spero. Il tango è stato “adottato” anche dai finlandesi e dai turchi, quindi si può “adottare” anche a Londra. Tantissime persone ballano il tango qui a Londra. Questa musica, in realtà, non serve necessariamente per farli ballare, ma per raccontare la loro storia. Ultimamente ho avuto l’enorme piacere di aver registrato delle mie canzoni inedite con il soprano parigino Michela Musco. Inoltre, Michela mi ha chiesto di comporre un brano “vocalese” per lei e il risultato è stato Paris Opera Tango. Parigi è stata la prima città europea a “importare” il tango dall’Argentina.
Sei molto attivo anche in qualità di didatta sia come docente di fisarmonica che di pianoforte. Quali sono i fondamenti imprescindibili del tuo metodo d’insegnamento?
Innanzitutto, bisogna sapersi adattare a ogni studente. Ogni allievo è diverso. Idealmente, uno vorrebbe che ogni giovane alunno riuscisse a diventare bravissimo per poi proseguire gli studi all’università o al conservatorio. La realtà è che, tante volte, le idee dei genitori sono diverse, anche se i figli sono molto bravi. Forse anche perché nel passato, almeno per quanto riguarda la fisarmonica, non c’era la possibilità di fare carriera come invece accade oggi. Si pensi al successo mondiale di Richard Galliano nel jazz, di Ksenia Sidorova e Martynas Levickis nel classico e via discorrendo. Io mi ritengo fortunato ad avere degli studenti che sono arrivati a raggiungere un livello alto e poi sono entrati nei vari conservatori o all’università principalmente come fisarmonicisti. Cerco sempre di colmare le lacune che uno studente ha più difficoltà a superare. Alcuni sono bravi a leggere le partiture, ma non comprendono benissimo l’armonia o la teoria. Altri hanno una memoria fenomenale, ma fanno fatica a leggere bene. Altri ancora hanno delle dita velocissime, ma producono un pessimo suono. Allora cerco di far sì che possano superare tutti i loro limiti.
Oltre alla didattica, spesso sei invitato come giudice in diversi festival internazionali. In un Paese come l’Italia la meritocrazia, purtroppo, è quasi sempre assente salvo rare eccezioni. Credi invece che l’Inghilterra sia una nazione completamente diversa in questo senso?
In generale tutto il mondo è paese, come si suol dire. Basti pensare ai nostri pessimi politici per capire che non possiamo impartire lezioni di meritocrazia ad altre nazioni. Musicalmente, per entrare nei conservatori, uno deve per forza essere di un certo livello. I posti per fisarmonicisti sono pochi e il livello, appunto, molto alto, soprattutto quello degli studenti provenienti dalla Cina e dall’Est dell’Europa. Noi, nell’Ovest, forse perché tempo fa stavamo meglio di coloro che provenivano da quei Paesi, oppure perché crescono in una cultura dell’Est con maggiore disciplina, tendiamo a sviluppare la nostra musicalità leggermente dopo gli altri. Probabilmente a causa di troppe distrazioni. Almeno per quanto riguarda l’Inghilterra, le scuole assegnano troppi compiti ai bambini e i genitori fanno fare loro troppe attività dopo la scuola. Così, rimane poco tempo agli studenti per esercitarsi. Alla fine ci si arriva anche in Occidente, ma tante volte dopo gli altri. Purtroppo, nel Regno Unito, nei nostri concorsi nazionali di fisarmonica abbiamo dato l’impressione ai nostri giovani di essere più bravi di quello che sono realmente. Troppi trofei per categorie che all’estero non esistono. Quando qualcuno di loro si cimenta in un contesto internazionale le differenze sono evidenti. I conservatori nel Regno Unito, sia la “Royal Academy of Music” a Londra che la “Royal Conservatoire of Scotland”, sono decisamente di assoluto livello, però presentano altri tipi di problematiche, in quanto i direttori vogliono attrarre i più bravi nel mondo, ma ci sono pochi posti. Per cui nascono delle meravigliose stelle internazionali, però pochi bravi insegnanti per i futuri allievi.
Ci sono news artistiche importanti nell’immediato futuro?
Il mio progetto London Tango (Ballet) ha ricevuto fondi dal Arts Concil England per un progetto di ricerca nella coreografia che sarà poi utilizzata per un cortometraggio. A dicembre, abbiamo realizzato questo progetto e il grande regista Mike Figgis ha creato un promo-documentario che useremo per ottenere ulteriori fondi, oppure dei finanziamenti privati per poi filmare il cortometraggio. Per chiunque volesse ascoltare la traccia su cui sarà poi creato il film basta cercare sui miei social, Romano Viazzani, su Spotify, iTunes e altre piattaforme digitali.