Fin dall’inizio del tuo percorso artistico ti sei interessato alla prassi esecutiva del periodo barocco. Quali sono gli aspetti predominanti di questo stile che ti colpiscono maggiormente?
Devo premettere che gli strumenti antichi mi hanno sempre affascinato. Ascoltando molta musica barocca, sia all’organo che al cembalo (o, a seconda della scuola del Paese di provenienza, spinetta o virginale), mi sono reso conto che questo tipo di musica è un mix di grande libertà esecutiva dentro un rigore formale allo stesso tempo. Se aggiungiamo anche che l’autore, molto spesso, non era prodigo nel dare suggerimenti sul fraseggio e sull’agogica, trovare un equilibrio non è un compito facile. A questo proposito mi vengono in mente La Teoria degli Affetti di Frescobaldi e Suonare con Buon Gusto di Bach. C’è però da dire che proprio il fatto che, sulla carta, ci sia una minima parte di quello che dovrebbe essere il risultato, rende sempre attuale e diverso questo repertorio. La fisarmonica, che ha nel mantice il suo elemento più importante per la dinamica, l’espressività e l’intensità del suono, si avvicina a questa letteratura con lo scopo di dare una lettura alternativa, diversa. Chiaramente, il mio percorso musicale è stato arricchito da grandi maestri che mi hanno trasmesso la loro profonda conoscenza di questo repertorio: Salvatore Di Gesualdo, Wolfango Dalla Vecchia, Emilia Fadini, Luigi Ferdinando Tagliavini e Andrea Coen.
Nel corso della tua longeva carriera, fra le numerose esperienze, spicca quella relativa alle celebrazioni bachiane che ti ha portato a suonare nella prestigiosa Spiegel Saal (Sala degli Specchi) del castello di Coethen, dove Bach compose gran parte delle sue opere strumentali. Dal punto di vista artistico e umano, quali sono i ricordi più preziosi legati a questa esperienza così significativa?
L’esperienza del 2000, per le celebrazioni bachiane (250 anni dalla morte), con concerti a Berlino e a Coethen, è stata determinante, direi fondamentale nell’evoluzione stilistica e concettuale del mio repertorio di musicista e compositore. Già poter entrare nel castello slavo del Principe Leopoldo a Coethen – Anhalt, è stato un emozionante privilegio, e per di più nell’ambiente più raffinato, ricercato e particolare della “Spiegel Saal” che, nel corso dei secoli, è rimasta originale e straordinaria nel suo genere: tutte le pareti perimetrali, infatti, sono coperte da innumerevoli piccoli specchi, da cui il nome Spiegel Saal (Sala degli Specchi). Dal punto di vista squisitamente artistico, per onorare degnamente e in modo adeguato il Kantor, ho eseguito composizioni di Girolamo Frescobaldi (maestro “virtuale” di Johann Sebastian Bach), Johann Sebastian Bach e Antonio Vivaldi (importante compositore della Scuola Veneta, molto ammirato da Bach).
Oltre ovviamente all’Italia, tieni concerti in giro per l’Europa in Paesi quali Germania, Francia, Portogallo, Ungheria, Austria e non solo. In quale di queste nazioni hai trovato un pubblico musicalmente più sensibile all’ascolto?
Ad essere sincero, in tutti i Paesi sopracitati ho sempre trovato grande attenzione, rispetto e sensibilità nei miei confronti e del mio strumento, anche se all’estero il pubblico mi è sembrato più attento, più preparato, questo sì. Ritengo sia un fattore di tradizione e di educazione culturale che comincia da molto lontano. Mi riferisco alla scarsa attenzione della pratica musicale nelle nostre scuole dell’obbligo rispetto alle altre nazioni europee. L’attenzione verso l’insegnamento della musica, negli altri Paesi europei, è sicuramente maggiore, già a partire dalle scuole elementari. In Italia la musica è poco sostenuta, spesso è considerata un’attività secondaria. Invece, in nazioni di lingua tedesca come l’Austria e la Germania è parte integrante della formazione di ogni cittadino. È una consuetudine saper suonare uno strumento. Ogni paese, anche se piccolo, ha una scuola di musica, una banda, un coro. Il confronto tra la realtà italiana e quella delle altre realtà in Europa ricorre spesso, quindi le conclusioni possono sembrare non favorevoli per l’Italia. Nonostante tutto, posso testimoniare che, recentemente, ho avuto il privilegio di ascoltare il noto pianista Andreas Schiff in una fantastica interpretazione dell’Arte in Fuga. Nonostante la complessità della partitura, la presenza di tanti giovani al concerto al Teatro “La Pergola” di Firenze mi ha sorpreso e rinfrancato molto. Analoga situazione si è verificata al “Teatro del Maggio” per un concerto sinfonico. Sono convinto sia un segnale molto positivo per il futuro.
La prima stesura di questa opera, nel 2001, era stata pensata dal M° Barsotti come un “musical” e le parti musicate erano per voce, tastiere elettroniche e batteria. Nel 2015, per i cinquecento anni della morte di Filippo Neri, venne commissionata, dall’ordine dei Filippini di Firenze, un’opera che valorizzasse la vita e l’operato del Santo. Venni chiamato per trasformare il musical in un’opera vera e propria, con tutte le diverse componenti: ouverture iniziale, introduzioni ai recitativi e alle arie e concertato finale. Non è stato un lavoro semplice, perché il materiale musicale era formato da diciotto quadri sonori, con un centinaio di battute per ciascun quadro. Anche l’organico orchestrale è stato particolare, anomalo, in quanto era formato da un’orchestra da camera ampliata da due fisarmoniche e da percussioni varie. Mi sono preparato lavorando sulla partitura sei ore al giorno e in continuo contatto con l’autore. Dal punto di vista umano e professionale ho vissuto questa esperienza in tre ruoli diversi: come strumentista, perché ero nell’organico orchestrale, come arrangiatore, perché ho dato una nuova veste ad un materiale altrui e, inoltre, come compositore, perché in uno dei quadri sonori è stato eseguito (in prima esecuzione assoluta) il mio Pater Noster per voce bianca e quintetto d’archi. Sono in debito, ancora oggi, con Pietro Beccheroni, voce bianca del coro del “Teatro del Maggio” di Firenze, per la sua commovente interpretazione.
Venendo alla tua ricca discografia, il CD dedicato a Frescobaldi è stato favorevolmente accolto dalla critica, tanto da essere recensito su alcune fra le migliori riviste specializzate. Potresti raccontare la gestazione di questo lavoro discografico?
Il progetto su Frescobaldi, CD monografico con opere tratte dal Secondo Libro delle Toccate e dai Fiori Musicali, è stato la sintesi di un progetto di più ampio respiro nato nel 1992 presso la Scuola Superiore di Firenze e ai corsi estivi di perfezionamento di Talla (AR), località di studio e di lavoro del noto Guido Monaco (detto anche Guido d’Arezzo), tenuti da Salvatore Di Gesualdo, concertista, compositore e docente di conservatorio. Dal 1992 al 1999 il lavoro di adattamento e riscrittura del materiale per il mio strumento ha portato alla realizzazione di questo disco dal titolo Toccate, Canzoni e Ricercari, con recensioni molto positive sulle riviste musicali più accreditate del panorama nazionale e internazionale.
Per ciò che concerne il tuo strumento, quale modello di fisarmonica utilizzi in studio di registrazione e nei concerti?
Suono una ZeroSette B30 45 Special GR V Model, costruito a Castelfidardo. È un “unicum”, cioè uno strumento fuori produzione, progettato da me in collaborazione con il M° Francesco Visentin. Il numero 45 vuol dire che l’estensione reale del manuale destro è di 45 tasti, dal MI2 al DO6, mentre il manuale sinistro è composto da 160 bassi, dal Do0 al SI3. È dotato di note singole per quinte (Sistema Gallarini). Sommando l’estensione dei due manuali, e ai registri traspositori, possiede una gamma di suoni che vanno dal Do0 al DO7.
Soffermandosi invece sull’attività didattica, sei stato docente di Fisarmonica presso il Conservatorio di Musica “Giovanni Battista Pergolesi” (Fermo), dal 2002 al 2020, al conservatorio “Licinio Recife” (Frosinone) dal 2020, mentre attualmente sei titolare della cattedra di fisarmonica al conservatorio “Luigi Cherubini” (Firenze). Sotto l’aspetto didattico, cerchi sempre di andare incontro alle varie esigenze dei tuoi allievi oppure hai un approccio completamente diverso con i tuoi studenti?
Ho avuto la fortuna di cominciare la mia attività di insegnante di fisarmonica verso la fine degli anni Ottanta per diverse associazioni musicali. È stata una palestra molto formativa, perché avendo studenti di età diverse e repertori di stili differenti, ho sviluppato un percorso progressivo di studi concordato con gli allievi. Poi, ho esercitato presso la Scuola Media Statale “Paolo Soprani” di Castelfidardo. In questo istituto ho sviluppato progetti di studio personalizzati per ogni studente e, come corpo docente, abbiamo realizzato due opere: Hansel und Gretel di Humperdinck e Tom Sawyer di Banevic. Dal 2002 insegno nei conservatori: prima al conservatorio “Giovanni Battista Pergolesi” di Fermo, poi al “Licinio Refice” di Frosinone e, dallo scorso novembre, al “Luigi Cherubini” di Firenze. È un lavoro che mi piace molto, perché mi completa come musicista, mi fa riflettere sulle scelte interpretative consigliate. È un arricchimento reciproco. Formare studenti che hanno l’ambizione di diventare musicisti completi e competenti è una grande responsabilità, per cui spero di riuscire a trasmetterli che lo studio è una ricerca continua e non può prescindere appunto dallo studio delle fonti e delle prassi esecutive. I risultati si ottengono con il tempo, difficilmente sono immediati. Parto chiaramente dagli interessi degli allievi e non escludo, a priori, alcun genere musicale: dalla musica antica alla musica tonale, da quella atonale all’avanguardia. Ritengo sia indispensabile, per chi sceglie di studiare fisarmonica, confrontarsi ed ascoltare non solo le altre tastiere, ma anche i fiati e, in particolare, lo strumento più versatile di tutti: la voce, con tutte le sue sfaccettature, le sfumature, i respiri, perché sono componenti comuni al nostro strumento. Al di là della difficoltà pratica del suonare, che è indiscutibile, l’attenzione maggiore va indirizzata sulla ricerca del suono, l’espressività da trasmettere; che si traduce in emozioni.
Ultimamente mi sono dedicato allo studio della musica da camera. È stata una esperienza molto piacevole, divertente e anche istruttiva. Ho preso come riferimento la dinastia dei Bach e mi piacerebbe approfondire la produzione di tutta la famiglia. Per testare la validità e la bontà di questo periodo di studio, in duo con mia moglie, come Duo Cameristico Italiano, abbiamo eseguito diversi concerti nel Nord Italia con risultati lusinghieri. L’esecuzione di opere poco note, apparentemente poco interessanti a livello commerciale, ha incuriosito il pubblico; credo siano importanti da riscoprire e ritengo che debbano venire alla luce. Penso che da questa esperienza nascerà un CD per la mia casa discografica di riferimento, cioè la Ema Records. In veste di solista ho un progetto di rivalutazione e riscrittura di opere, dagli anni Sessanta in poi, nei diversi Paesi dove la fisarmonica ha assunto un ruolo di strumento di musica colta. Riguarderà le letterature: quella francese, tedesca, americana e italiana.