Dalle sei corde della chitarra classica, con la quale hai conseguito anche il diploma, alle ance della fisarmonica. Parlaci di questa tua evoluzione artistica.
In realtà il percorso è stato inverso, infatti ho cominciato a studiare fisarmonica all’età di sei anni, passando attraverso la fisarmonica a bassi sciolti ma, non essendo ancora inserita in conservatorio, per poter continuare gli studi musicali ho optato per la chitarra classica, il cui studio è cominciato intorno ai sedici anni, dapprima solo per accompagnarmi mentre cantavo e poi, contemporaneamente agli studi universitari, seriamente, arrivando al diploma. Dopo pochissimo, la fisarmonica è finalmente stata annoverata tra gli strumenti “degni”, ma ho continuato con la chitarra.
Hai studiato la fisarmonica da autodidatta, forte della tua preparazione musicale, oppure hai preso lezioni da qualche docente?
Come dicevo prima ho studiato fisarmonica fin dai sei anni di età. Avrei voluto cominciare prima ma l’insegnante disse a mio padre che dovevo saper leggere e scrivere. Ho studiato presso il CDMI della mia città, Piombino, sotto la guida della M° Viviana Tacchella. Ricordo ancora la paura quando, a fine anno, veniva l’immenso M° Gervasio Marcosignori a farci gli esami.
Quale dei due strumenti consiglieresti ad un adolescente che vorrebbe intraprendere un percorso formativo? Pensando ad un ipotetico impiego, a tuo modo di vedere, avrebbe più opportunità con la chitarra oppure con la fisarmonica?
Credo dipenda molto anche dalla zona in cui si intende lavorare. In Toscana, o quantomeno nella mia zona, la fisarmonica viene suonata e studiata da pochissimi ragazzi (soprattutto se paragonati agli studenti di chitarra). In altre regioni, Abruzzo, Marche, ecc, il divario si affievolisce o comunque i fisarmonicisti sono numericamente superiori a quelli della mia zona. Qui siamo legati principalmente ad un solo tipo di fisarmonica, quella del repertorio popolare, suonata prevalentemente da persone non più giovani; è un peccato che il patrimonio popolare, così importante per la cultura musicale italiana e per la fisarmonica in particolare non venga conosciuto dai giovani, ma è anche un grandissimo peccato che, in molti casi, il nostro strumento venga relegato al solo genere “da ballo”, un gran dispiacere visto che il suo inserimento in contesti diversi dalla balera produce risultati eccellenti. Tornando alla domanda, credo che ognuno di noi debba scegliere “il proprio” strumento, senza riflessioni di carattere utilitaristico; per questo ai ragazzi della scuola media faccio scegliere in assoluta libertà lo strumento da suonare nell’orchestra di classe; sono convinta che solo suonando “il proprio” strumento i ragazzi potranno appassionarsi alla musica. Se a me avessero imposto il flauto dolce, probabilmente non sarei qui a parlare di musica.
Riponiamo la chitarra in una custodia e parliamo della fisarmonica. Qual è il repertorio che prediligi?
Ho studiato fisarmonica a bassi sciolti, quindi sono partita dalla musica classica, dilettandomi con la musica da ballo, rimanendo però ammaliata dal tango, fin da piccola. Ricordo che, quasi di nascosto dalla mia insegnante, studiavo e trovavo estremamente congeniali al mio modo di suonare i tanghi di Piazzolla. Comprai un album, credo verso i dodici anni, con i suoi tanghi e ne rimasi innamorata.
Io amo veramente tutto ciò che si può fare con la fisarmonica, strumento estremamente versatile. Ciò che mi conquista, in primis, è la melodia (impazzisco per le melodie in minore, magari riarmonizzate con gusto moderno), a qualunque genere essa appartenga. Mi affascina la passionalità del tango, ma anche la sua languidezza e se queste caratteristiche le ritrovo in un altro genere, quel brano mi conquista, indipendentemente da quale sia la sua appartenenza stilistica. Per questo apprezzo molto, ad esempio, la musica dell’est, che, spesso, un po’ come il tango/milonga, alterna momenti lirici a momenti maggiormente virtuosistici ed energici.
Non amo il virtuosismo fine a se stesso, quello fatto da una miriade di note, mi rendo conto che è un mio limite, ma ammetto di trovarlo utilissimo come esercizio tecnico, seppure estremamente noioso. Difficilmente riesco ad ascoltare per più di un minuto brani in cui l’interprete fa mero sfoggio delle proprie abilità di velocista. Se, invece, a queste si uniscono le caratteristiche che ho menzionato prima, il gioco è fatto. Adoro i musicisti che con tre note ti aprono il cuore.
Mi piace improvvisare ma non sono una jazzista nel senso puro del termine, semplicemente, amo improvvisare, su tutti i generi musicali.
I miei compagni di viaggio sono Marino Alberti (che è stato, tra le altre numerosissime cose fatte, il batterista degli Slenders) e Alessio Buccella (il quale vanta numerose e importanti collaborazioni in svariati generi musicali). Con loro ho raggiunto un obiettivo che rincorrevo da anni, e per questo li ringrazio di cuore: fare la musica che mi piace, esattamente come mi piace. Non ci sono vincoli, ognuno è libero di inserire le proprie idee musicali, non solo in sede di prove (che sono poche, non so se fortunatamente o sfortunatamente) ma, cosa ben più importante e caratterizzante, durante i concerti.
Una delle peculiarità del nostro trio è il fatto che le nostre improvvisazioni (nella maggior parte dei casi) sono completamente estemporanee, nel senso che, di molti brani, neanche noi conosciamo inizio e finale; pertanto, ogni volta, uno stesso brano avrà una veste diversa, scaturita dall’ascolto reciproco e dalla profonda interazione che riusciamo a stabilire in quel momento. Ci siamo trovati a suonare brani in ritmo binario facendoli diventare ternari o viceversa, oppure a rallentare la velocità di una bella melodia in maniera da farla risaltare maggiormente; spesso, nel corso del brano cambiamo ritmo e, soprattutto, la dinamica (uno degli aspetti più coinvolgenti, ritengo, del nostro interplay). Questo credo renda il nostro progetto musicale particolare, e il bello è che il pubblico si rende conto di questo nostro dialogo musicale così intimo, di questa nostra ricerca “sul campo”, in tempo reale.
A febbraio 2020 abbiamo registrato un CD live, Vibraçion fatal, con nostre letture di due inarrivabili: Astor Piazzolla e Richard Galliano. Speravamo di promuoverlo durante i nostri concerti ma, vista la situazione, abbiamo deciso di aspettare; adesso, credo sia arrivato il momento, sperando di riprendere l’attività concertistica al più presto.
Talvolta, ci esibiamo anche in quattro, assieme a Benedetta Lupi, una bravissima cantante appena laureata in canto jazz. In quelle occasioni, oltre la fisarmonica e la chitarra, suono anche il pianoforte/tastiera, e il modus operandi rimane il medesimo, vale a dire improvvisazioni che interessano vari parametri musicali. In questo caso il repertorio non è solo quello che proponiamo con il trio (tango, musica classica, musica sudamericana), ma si avvicina più al pop, al blues, agli standard jazz.
Come te lo immagini un futuro musicale post pandemia? Come pensi che ripartiranno le attività concertistiche, sicuramente tra le più penalizzate dalle conseguenze del Covid?
Spero tutto possa ripartire al più presto. Magari questo periodo avrà fatto aumentare l’appetito musicale del pubblico, il quale, mi auguro, avrà voglia di ascoltare musica, di andare a teatro; confido che si sia rafforzata la consapevolezza dell’importanza della musica (in tutte le sue sfumature) perché lo streaming è stato sicuramente un sostituto importante del concerto, ma penso possa essere considerato solo un surrogato. Pleonastico evidenziare che l’emozione che un musicista prova durante un concerto, di fronte ad un pubblico attento, non possa minimamente essere paragonata a quella, seppur importante, provata durante una diretta Facebook o cose simili. E lo stesso avviene dal punto di vista del pubblico: non sono paragonabili le sensazioni provate durante un concerto live e uno nel quale tra noi e l’interprete c’è di mezzo un pc o un cellulare.
È un po’ come quando a scuola mi trovo a fare didattica a distanza. Come si fa a trasmettere emozione, partecipazione, ascolto empatico tramite un computer? Con il quale, tra l’altro, siamo impossibilitati a fare musica d’insieme? Ho fatto anche un tentativo con i ragazzi di cui curo direzione e arrangiamenti, la Crossover Guitar Orchestra, registrando e poi montando un brano durante il lockdown di primavera. Tutto riuscito molto bene, ma niente a che vedere con le emozioni suscitate dal suonare insieme, emozioni che illuminano i loro visi e quelli del pubblico.
Cos’è l’International Action Art, qual è il tuo ruolo all’interno dell’organizzazione e di cosa vi occupate prevalentemente?
È un’organizzazione no-profit presente a livello mondiale che si occupa dello sviluppo della cultura, della pace, solidarietà e uguaglianza dei diritti soprattutto attraverso le arti ed i vari scambi tra Paesi.
Con alcuni ragazzi della Crossover, Marino Alberti (il mio batterista) e Massimiliano Guidi (al mandolino) abbiamo partecipato, come Dipartimento Italia, al Contest greco incentrato sulla musica tradizionale Tell me a story, dove ho cantato (accompagnandomi con chitarra e fisarmonica) la canzone napoletana Passione. Una bella esperienza vedere come questa sia piaciuta ai miei ragazzi, a testimonianza del fatto che quando la musica è bella davvero non ha età.
Al momento, in qualità di Direttrice del Dipartimento di Music and Choir – Italia, sto progettando, insieme al Presidente dell’UNESCO di Genova Massimo Ruggero, alcuni eventi musicali che presenteremo a livello internazionale.
E ora, la più banale delle domande, ma mai così attuale come in questo periodo di profonda incertezza… Che programmi hai per l’immediato futuro?
Fortunatamente mi occupo di molte cose, in campo musicale. Quindi penso e spero di continuare l’insegnamento all’interno della scuola media e della scuola di musica, la direzione della Crossover Guitar Orchestra (con la quale abbiamo partecipato al docufilm su Jannacci L’immEnzo, che dovrebbe uscire sulle reti nazionali in autunno e con la quale, oltre al trio, saremo a Cremona Musica 2021); spero di continuare a fare concerti con il mio trio (cosa che adoro) e di fare un buon lavoro con la International Action Art. Poi, ho cominciato come Endorser della Settimio Soprani di Castelfidardo, ma, vista la chiusura, ho potuto proporre pochi concerti con la mia nuova Artist VI; quindi, la speranza principale, in campo lavorativo, è quella di ricominciare con l’attività concertistica.
(foto in evidenza e foto in alto Maximiliano Alberti – foto in basso Simone Modesti)