Chi temesse di trovare qualcosa di simile in Suonare il palcoscenico. Conversazioni sulla regia lirica con Stefano Vizioli (a cura di Olga Jesurum), si tranquillizzi. Leggendolo, troverà ricchissime opportunità per approfondire il ruolo di quella figura senza, per questo, operare alcuna sottrazione nei confronti delle altre; chi, invece, lo sperasse… beh, dovrebbe fare altrettanto. Per restituire a tutte quelle personalità il posto che esigono e che meritano, in un gioco di corrispondenze, confronti, sinergie.
Stefano Vizioli, che di regia, soprattutto del teatro musicale, se ne intende, avendo un certo numero di decenni d’esperienza ad altissimi livelli, un diploma con il massimo dei voti e la lode in pianoforte, e la collaborazione con direttori d’orchestra come Riccardo Muti, Claudio Abbado, Bruno Bartoletti, Michele Mariotti, Daniele Gatti, Leonard Slatkin e Evgenij Svetlanov (tra gli altri), non fa mai del divismo e mai sottostima alcun ruolo, a partire da quello del pubblico: “Un regista non deve mai temere i fischi del pubblico, ma lo sbadiglio” risponde alla prima domanda (sì, perché il nucleo centrale del libro è costituito da una lunga intervista) di Olga Jesurum, che gli chiede di definire la figura del regista. Quel regista, che, per Vizioli, è “un trascinatore, uno psicanalista, un affabulatore, un geniale cialtrone e possibilmente anche un po’ poeta”. E, aggiungerei io, in forza della particolare (e, ahimè, anche rara) preparazione di Stefano Vizioli, anche, almeno un po’, musicista. Della conoscenza del linguaggio musicale, infatti, Vizioli fa la propria “bandiera”. Per lui, però, non si tratta di una questione puramente identitaria, né di una rivendicazione, fine a sé stessa, di una competenza o di un titolo di studio, ma di un’esigenza quasi ineludibile se si vuole mettere in scena un’opera lirica. Sarebbe, aggiungo io, come se un regista di prosa non fosse in grado di leggere un dramma o una commedia e si limitasse a dare agli attori solamente le indicazioni relative ai movimenti da produrre in scena, senza tenere conto del testo. Infatti, racconta Vizioli, il direttore d’orchestra si sente rincuorato quando scopre che il regista è in grado di leggere la partitura e, quindi, comprenderla e amarla. Ed è anche per merito di questa competenza, all’uso di un “vocabolario comune”, che il rapporto tra i due artisti si fa più collaborativo, all’insegna di un altrettanto comune rispetto per il compositore, che è quello (o quella) “che comanda”.
Attraverso idee ed esperienze personali, ma grazie anche alla profonda conoscenza del lavoro dei suoi illustri predecessori, Vizioli ci offre quasi un manuale di regia. Una guida per professionisti e per aspiranti tali, per critici e giornalisti musicali, per comparse, addirittura, e, last but not least, per spettatori appassionati o semplicemente curiosi, che vogliano conoscere il lungo e complesso lavoro che c’è dietro le quinte di una messinscena operistica. Ma il libro è anche una preziosa guida ai percorsi mentali che orientano il processo creativo di Vizioli, e a osservazioni che ho trovato assolutamente originali, sebbene possano apparire di semplice «buon senso». Come quando scrive che “il cantante conosce l’opera, ma il personaggio la scopre mentre la sta vivendo”, o come quando segnala certi pericoli della recitazione: “Alcuni cantanti meccanizzano gesti senza nemmeno accorgersene – improvvisamente parte un braccio, una mano sul cuore, un piedino alzato -: sono gesti del tutto inconsapevoli, dovuti all’assenza di un controllo razionale del proprio corpo”. Oppure quando svela il «malcostume» di qualche giovane cantante, che, “quando si presenta in audizione, spesso non sa perché canta quell’aria, a chi la canta, non sa cosa succede prima e cosa avviene dopo. Il fatto di non saper contestualizzare l’aria all’interno della drammaturgia ne impedisce quella partecipazione emotiva che rende il testo più croccante, più partecipe”.
Dopo interessanti note di regia relative ai suoi spettacoli, dopo un glossario coraggioso – e in alcuni casi fondatamente «spietato» – e a testimonianze terze sul suo lavoro, il libro si conclude con alcune pagine autobiografiche che rivelano in pieno certuni caratteri di Stefano Vizioli, che, in parte, ho avuto il piacere di constatare di persona: un pungente senso dell’umorismo; una sincera ammissione di qualche proprio limite, accompagnata, però, da una legittima rivendicazione (senza false modestie) delle proprie doti; la capacità e il coraggio di svelare le proprie fragilità umane.
Insomma, Suonare il palcoscenico è un libro che consacra, ulteriormente e meritatamente, un regista di primo piano del teatro musicale italiano e internazionale.
Stefano Vizioli si è diplomato con il massimo dei voti e la lode in pianoforte e ha collaborato con direttori d’orchestra quali Riccardo Muti, Claudio Abbado, Bruno Bartoletti, Michele Mariotti, Daniele Gatti, Leonard Slatkin, Evgenij Svetlanov. Ha creato regie in tutto il mondo, dalla Scala di Milano al Lyric Opera di Chicago, dalla Fenice di Venezia al NCPA di Pechino al Colon di Buenos Aires. Nel nome di una cultural diplomacy, Vizioli ha creato progetti trasversali quali Opera Bhutan, ovvero Acis and Galatea di Händel nel cuore dell’Himalaya, e Japan Orfeo, una rivisitazione del capolavoro di Monteverdi integrato al teatro Noh. Dal 2017 al 2020 è stato direttore artistico del Teatro Verdi di Pisa. Ha inoltre collaborato con Indiana University Bloomington, Cincinnati University, El Paso Utep University, l’Università di Pisa, la Sapienza di Roma, l’Università di Stavanger, l’Università di Ginevra, L’Università Ca’ Foscari di Venezia, la Fondazione Giorgio Cini di Venezia. Diverse tesi di laurea sono state scritte sulle sue regie.
Olga Jesurum, musicologa, studiosa di teatro, docente di storia della scenografia, si occupa di iconografia teatrale con particolare riferimento al melodramma italiano dell’Ottocento e alle sue rappresentazioni sino ai giorni nostri. Autrice di numerosi contributi scientifici, ha collaborato con l’Istituto nazionale di studi verdiani per il quale ha pubblicato Il personaggio muto. Due secoli di scenografia verdiana (2015) e con l’Accademia Nazionale dei Lincei, per la quale ha curato il volume Verdi e Roma, catalogo della mostra realizzata nel 2013 in occasione del bicentenario verdiano.
Foto: © Opéra Niec Côte d’Azur / D. Jaussein
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Suonare il palcoscenico. Conversazioni sulla regia lirica con Stefano Vizioli, a cura di Olga Jesurum
Editore: Artemide, Roma
Anno di edizione: 2024
Pagine: VIII – 224, ill., brossura, € 30,00