Hai iniziato a studiare la fisarmonica a otto anni e hai partecipato a tante rassegne nazionali e internazionali. Chi è stato il tuo primo mentore, il primo insegnante e, soprattutto, trovi delle analogie tra quei sistemi didattici e quelli attuali?
Ho iniziato a studiare la fisarmonica a otto anni presso l’istituto Fancelli di Mirano (VE) con Elio Boschello e, a dodici anni, inizio a partecipare alle prime rassegne internazionali, che all’epoca si tenevano prevalentemente nella provincia di Ancona, classificandomi sempre tra i primi posti. Spesso, però, il maestro e direttore era impegnato nel negozio presso il quale effettuava vendite e riparazioni, perciò delegava gli studenti più bravi alla funzione didattica. Tra questi c’era Gianfranco Volpato, il mio primo vero insegnante che aveva appena diciassette anni (dieci più di me) ed era il migliore allievo della scuola. Attualmente, è un docente del Conservatorio Agostino Steffani di Castelfranco Veneto e credo di poter affermare che ha rivestito un ruolo importante nella mia formazione artistica.
Perché proprio la fisarmonica? Come scocca la scintilla con questo bellissimo strumento?
Perché proprio la fisarmonica? A quel tempo mio padre la strimpellava a orecchio e ha voluto iscrivermi presso la scuola di musica locale. Diciamo che inizialmente ho assecondato questa sua passione che, però, ben presto, mi ha coinvolto al punto tale da diventare qualcosa in più di una semplice disciplina extrascolastica. Dopo un periodo intenso di studio, ho fondato una mia scuola di musica e oggi la fisarmonica è parte integrante della mia esistenza.
Il percorso formativo, quello relativo allo studio teorico musicale, implica sacrificio e dedizione, ma non da meno è certamente quello da docente. La figura dell’insegnante, a mio modo di vedere, contribuisce alla crescita e alla maturazione dell’adolescente e, generalmente, lascia un’impronta indelebile nella personalità dell’allievo. Una bella responsabilità, non credi?
Certamente! Ogni insegnante dovrebbe avere tutti i requisiti per poter istruire i ragazzi nel miglior modo possibile, per spiegare le tecniche di esecuzione, le posizioni e alimentare la passione per lo strumento instaurando, al tempo stesso, un rapporto di profonda amicizia con lo studente. In che modo? Io cerco di alternare le attività che prevedono lo studio della teoria, quello degli esercizi di base e quelli più tecnici con brani che possano gratificare e stimolare l’allievo, che, sicuramente, restituirà buoni risultati in termini musicali. Questo processo di crescita formativa contribuisce, il più delle volte, anche a cementare un sentimento di stima reciproca tra studente e insegnante destinato a durare nel tempo, anche ben oltre il periodo relativo agli studi musicali.
Fabio Rossato, del quale conservo un bellissimo ricordo, è stato, oltre che un grande amico, un concertista strepitoso (due volte campione del mondo), un docente di spessore che ha esercitato presso il Conservatorio di Trento ed è stato il presidente della mia scuola per venti anni consecutivi, sino al 2018, l’anno in cui è venuto a mancare improvvisamente. Anneddoti… E da dove potrei iniziare? Sono troppe le situazioni che mi legano a lui per poterle citare in poche righe, le custodisco tutte gelosamente nel mio cuore. Fabio è stato più di un amico, era sempre disponibile, la sua umiltà era unica, un vero e raro esempio di professionalità in tutti i sensi. Lui mi diceva sempre, sebbene fosse un virtuoso della fisarmonica, che i risultati maggiori si ottengono curando i particolari e i dettagli, non vince mai quello che arriva prima, ma colui che, con calma, cura la diteggiatura, l’espressione e l’utilizzo del mantice.
Nel 2017, a Recoaro Terme, ti viene conferita la “Stella d’oro” dalla Confederazione Europea Accordion, premio istituito dai Maestri Bio Boccosi e Gervasio Marcosignori negli anni Sessanta e, nel 2018, l’associazione Gervasio Marcosignori di Castelfidardo dà il suo consenso affinché la tua scuola sia la sola in Italia a fregiarsi del nome del “Poeta della Fisarmonica”. Una bella responsabilità…
Gervasio Marcosignori era un grande amico e un grande musicista. Andavo spesso a trovarlo nella sua villetta a Castelfidardo e una volta gli chiesi se potevo dare il suo nome alla mia scuola di musica. Lui mi rispose sorridendo: “Certamente… ma non sono ancora morto!”. Aveva la battuta pronta in ogni circostanza. L’essere stato insignito con la “Stella d’oro”, così come dirigere l’unica scuola in Italia con il nome di Gervasio Marcosignori rappresenta, al tempo stesso, un onore e un onere. Sono particolarmente fiero di questo prezioso riconoscimento, ma so anche che questo comporta un impegno sempre maggiore e una grande responsabilità. Io, comunque, ce la metto proprio tutta per diffondere la cultura della fisarmonica, soprattutto tra i giovani, sperando di onorare al meglio le figure dei Maestri sopracitati.
Una scuola pluripremiata la tua nei tanti concorsi nazionali e internazionali. Che tipo di repertorio scegli per i tuoi studenti e qual è la tua opinione in merito ai nuovi linguaggi musicali?
Per l’approccio ai concorsi scelgo, per i miei allievi, brani possibilmente inediti o composizioni non molto conosciute al fine di attirare l’attenzione della commissione esaminatrice. Lo stile che prediligo è quello classico e variété che, a dire il vero, entusiasma molto anche i miei studenti, ai quali lascio quasi sempre la facoltà di scegliere i brani da studiare. In merito ai nuovi linguaggi musicali posso dire che quando si suona in pubblico, in un teatro o in un qualsiasi altro contesto, non dobbiamo suonare per noi stessi, ma per coloro che che ci ascoltano. Quando suoni cose strane, dissonanti, ho notato che le persone che ascoltano ti guardano in maniera diversa, come se li stessi mettendo in difficoltà. Bisogna trasmettere, secondo il mio modesto parere, emozioni al pubblico che ti segue, pertanto andrebbe scelto un repertorio che possa essere facilmente percepito e capito.
Qual è lo stato di salute delle scuole di fisarmonica private? Dopo il boom degli anni Ottanta/Novanta sembrava esserci stata una lieve flessione nelle iscrizioni, bilanciate, però, da un incremento di presenze nelle varie cattedre di Conservatorio distribuite in tutto il territorio nazionale. C’è ancora feeling tra la fisarmonica e le nuove generazioni?
Le scuole di musica private, attualmente, sono veramente in crisi, penalizzate dalle tante difficoltà e dalla vita frenetica che impone ritmi esasperati alla nostra quotidianità. In aggiunta, la priorità per i nostri adolescenti è riservata allo sport; la cultura musicale in Italia è pari quasi allo zero, i genitori vedono i propri figli calciatori e campioni in qualche disciplina, forse ammaliati anche da una fantomatica soluzione economica ai tanti quesiti che tutti ci poniamo per il loro futuro. E parlando di futuro… Qual è la possibilità di impiego per gli iscritti nei vari Conservatori? Io credo debba essere cambiata la mentalità generale, che riserva a tutte le pratiche artistiche un ruolo marginale, anche pubblicizzando, tramite i media e la televisione, una cultura musicale diversa da quella proposta nei vari reality.
Dopo molti anni di attività musicale ritengo di aver conseguito una conoscenza dettagliata della fisarmonica. Noi insegnanti e musicisti in generale siamo in grado di collaborare con i vari produttori consigliandoli sul come affinare l’estetica e la sonorità dei nuovi prototipi, nella combinazione delle voci, nel perfezionamento delle meccaniche di alta qualità e nella soluzione ad alcune problematiche che potrebbero migliorare uno strumento di per sé già molto ben congegnato. Ai miei allievi consiglio sempre uno strumento buono, disponibilità economica permettendo, che possa facilitarli nell’esecuzione e motivarli a studiare. Attualmente, sto collaborando con l’azienda Euphonia di Marco Tiranti e con Ovidio Piatanesi ai quali sono particolarmente legato da un’amicizia consolidata.
Chi è il fisarmonicista che più ti ha colpito, che più ti ha emozionato?
Sempre lui… Fabio Rossato, per lo stile impeccabile nelle esecuzioni, per la concentrazione assoluta con la quale affrontava tutte le situazioni, per il suo variare tra tutti i generi musicali, compreso il folk e per dare tutto se stesso nell’esecuzione, sia di fronte a una giuria o a una platea, sia davanti ai propri allievi. Fabio sapeva coinvolgerti sempre e questa è una dote molto rara.
Che consigli ti senti di dare ai giovani fisarmonicisti in erba?
Ai giovani fisarmonicisti, ma a tutti i musicisti in generale, mi sento di dire: non stancatevi mai di studiare la tecnica, il sacrificio che fate vi ripagherà alla grande! Fare musica vuol dire amplificare la capacità mentale e stare bene con se stessi, avrete uno “strumento” in più per trasmettere le vostre emozioni e comunicarle a chi vi ascolta. E visto che stiamo parlando di giovani sono orgoglioso di essere riuscito a trasmettere la grande passione per la musica anche a mio figlio Daniel di otto anni, che, in poco tempo, ha dimostrato di avere un talento fuori dalla norma, attitudini che gli hanno consentito di primeggiare per ben undici volte consecutive nei vari concorsi internazionali.