Al contrario di Woody Allen (Misterioso omicidio a Manhattan, Usa, 1993), che, uscendo dal Metropolitan di New York esclama una delle sue più celebri battute: “Io non posso ascoltare troppo Wagner, lo sai, già sento l’impulso di occupare la Polonia”, io, dopo aver letto il saggio e dopo una lunga e piacevole conversazione con Adele Boghetich, ho avuto l’impulso di riascoltarlo con maggiori attenzione, consapevolezza e soddisfazione.
La letteratura su Wagner è sterminata. Qual è il valore aggiunto di questa biografia artistica e umana? E a chi è rivolta?
Questo libro, strutturato in tre diverse aree (“Percorsi di vita”, “Il pensiero e gli scritti”, “Le opere”) introdotte da un’agevole tavola cronologica, è stato rigorosamente ricostruito non dagli scritti postumi “su” Wagner ma dagli scritti “di” Wagner, ovvero da quella copiosa raccolta di pagine biografiche, lettere, ricordi, saggi teorici e scritti polemici che hanno coronato la sua vasta produzione musicale. Dai rivoluzionari trattati giovanili alla rinnovata visione del mondo profetizzata in Religione e Arte, dai primi drammi al Parsifal, viene così tracciato il percorso evolutivo del fecondo, quanto geniale, pensiero artistico wagneriano, espressione della Kultur germanica nel suo periodo di massimo splendore, per un libro rivolto a chiunque (musicista e non) voglia approfondire l’Artista e la sua Arte.
Quindi è stata particolarmente importante, nella stesura di questo saggio, la sua conoscenza della lingua tedesca…
Fondamentale, direi, per un approccio diretto allo studio delle fonti, dall’antico mito nordico alla saggistica e alla poetica wagneriana. Un’indagine, però, che si è avvalsa anche dello studio della storia, della letteratura, della cultura tedesca.
Alla luce di quali compositori avvenne la formazione di Wagner?
La tecnica del contrappunto di J. S. Bach e le conquiste del sinfonismo beethoveniano (in particolare nella Nona sinfonia) costituirono senza dubbio le testate d’angolo della formazione musicale di Wagner. Mi piacerebbe includervi anche l’interesse mostrato per alcuni aspetti fantastici e trasfiguranti del teatro di Gluck e Weber, per le partiture di Berlioz, per l’eleganza vocale della Norma di Bellini o per la potenza espressiva della Vestale di Spontini, musicisti sui quali Wagner scrisse anche due bei saggi.
E alla luce di quali letture?
Per studio, interesse o semplice piacere, Wagner fu appassionato lettore. Dall’Edda a Goethe, dagli antichi poemi germanici a Hoffmann, da Eschilo a Shakespeare, dai sapienziali Veda a Feuerbach, la formazione artistico-letteraria di Wagner si è avvalsa di molte diverse prospettive di pensiero, che hanno plasmato l’uomo, il poeta, il filosofo, l’artista. La lettura, poi, del Mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer è stato senza dubbio un grande evento, capace di ridefinire la sua stessa arte. Da quel momento in poi, infatti, Wagner non avrebbe più riproposto nei suoi drammi solo l’azione della vicenda ma avrebbe tentato di offrire un’espressione estatica ai tratti di quella filosofia: all’illusorietà del mondo, all’impulso della volontà, all’empatia con il dolore. Al regno della Sehnsucht.
Tradizione e modernità appartengono in egual misura alla musica e al pensiero di Wagner?
Sì. Wagner fu non solo il grande cantore del mito, ma il più autorevole drammaturgo sul già ricco scenario romantico del XIX secolo, teso come il mondo moderno tra spirito e ragione, orgoglio scientifico e simbiosi con il dolore. E, come uomo “moderno”, ha perseguito, oltre la bellezza, la verità. La solitudine dell’Olandese, la passione di Tristan, la rinuncia di Wotan, la colpa di Parsifal (personaggi plasmati tra sogni e disillusione, angosce esistenziali e anelito al divino, tra canti di amore e di morte) sono la scrittura della sua verità. Un musico-poeta, dunque, di portata “universale” anche per il vigore del suo genio, di difficile rapporto con il mondo coevo, ma straordinario nel rapporto con la storia e il pensiero di tutti i tempi.
Nel “Preludio” al suo libro scrive che alcuni motivi della poetica wagneriana “sembrano anticipare la ventura indagine freudiana”. Mi permetto di aggiungere, e le chiedo conferma, anche – e forse ancora di più – quella junghiana…?
Certo. Ma perché il Mito stesso è ricco di archetipi e Wagner ne utilizza le forze e i simboli; così l’idea del motivo-ricordo (Leitmotiv), la poetica degli affetti e delle passioni, lo sguardo gettato negli abissi del sentimento, nel primordiale umano, sembrano proprio anticipare le venture indagini psicoanalitiche, laddove il teatro del “mito” diviene teatro del “sentimento”, dominato dal cuore nei desideri come nel dolore: un’empatia che i protagonisti convertono in compassione, vincolo reciproco di amore quasi sacrale, arma di redenzione del dramma wagneriano.
Possiamo tentare di sintetizzare la concezione wagneriana del dramma musicale?
Un grande dramma, fondamenta di un Teatro nuovo, con una mitologia pagana che il Cristianesimo ha condannato ma che Wagner ha tratto dalle tenebre per donarle nuova vita attraverso la magia della musica e la plasticità della scena. È questo il significato del Wort-Ton-Drama wagneriano: poesia, musica, dramma e mito insieme, per un’opera imponente con significati filosofici, idee in azione, vasto sviluppo orchestrale, effetti spettacolari dal forte impatto emotivo. E tutto sempre e solo in funzione del dramma. Un dramma in lingua pregiata con linee melodiche infinite e Leitmotive che intrecciano il climax della tensione psicologica mentre i suoni, nel magistero dell’armonia e del cromatismo, trasfigurano le forze dell’Uomo e della Natura per riplasmarle in mondi visionari e misteriosi, popolati da cavalieri, fate, demoni e spade invincibili, fiumi, boschi incantati e laghi d’argento. Mondi dai colori del paradiso e dell’inferno. Mondi di anime oscure, solitarie, eroiche, dalla forza di dèi pagani, che ebbero il loro “tempio” nel Teatro di Bayreuth.
Wagner fu un compositore “tedesco” o “universale”?
Assolutamente “tedesco” nella scelta dei personaggi scenici, dei luoghi, delle azioni e, direi anche, nella scrittura sinfonica; “universale” nel gioco dei simboli, delle passioni, dei messaggi. Tedesco nei Maestri Cantori ma universale in opere come Tannhäuser, Tristan, Parsifal, come nel gioco dei ruoli del periplo dell’Anello del Nibelungo con la sua teogonia germanica trasformata in tragedia umana.
Wagner lasciò dei veri e propri epigoni?
Non parlerei di epigoni ma di due grandi eredi: Gustav Mahler e Richard Strauss, confessori estremi di un sinfonismo spinto fino ad arditi confini. Le loro opere, con i loro tratti fortemente drammatici e, insieme, splendidamente lirici, saranno ancora scrittura di grandi “verità”.
Qual è il debito del teatro musicale nei confronti di Wagner?
Alla carica dirompente dei conflitti, alla fusione di poesia, musica e dramma, aggiungerei i vasti organici orchestrali dai grandi effetti timbrici, un’espressività poetica intensa e una sintassi armonica libera da precetti accademici: le pietre miliari della modernità.
Adele Boghetich, scrittrice, musicista, germanista, laureata in Lettere e diplomata in Pianoforte, collabora con prestigiose Istituzioni accademiche italiane e riviste specializzate svolgendo, con seminari, saggi e articoli, attività di divulgazione sui rapporti tra musica e letteratura nell’ambito della cultura tedesca. È autrice di numerosi libri sulla musica di Richard Wagner e Gustav Mahler.
Adele Boghetich, Richard Wagner Il cantore del mito. Vita, pensiero, opere
Editore: Zecchini, Varese
Anno di edizione: 2025
Pagine: 464, brossura, € 43,00
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