“Il primo a cui chiesi fu il padre di Gervasio Marcosignori, bravissimo musicista, preparava il figlio, ma una volta che m’ha sentito suonare, m’ha detto: ‘tu non hai bisogno della scuola mia!’. Quindi, non ho trovato subito chi poteva dare un seguito al livello al quale ero arrivato con Monichon. Mi ricordo che qui, a Castelfidardo, avevamo il direttore della banda che era un grande personaggio; alla sera, quando suonavo, si metteva sotto la finestra di casa mia per ascoltarmi. A lui piaceva, soprattutto, sentirmi suonare l’overtoure di Il poeta e il contadino (di Franz von Suppé, n.d.r.) E mi diceva: ‘ma come fai a fare questi passaggi difficili?’. Era proprio affascinato. Neppure lui reputava di potermi fare scuola. Alla fine, io e un mio amico, che si chiama Adalberto Guzzini, abbiamo saputo di Adamo Volpi, che aveva cominciato a comporre musiche per fisarmonica, e siamo partiti a piedi per raggiungerlo. Abitava a circa 6 km da Castelfidardo, e allora non c’erano tanti mezzi. Appena incontrato, gli ho detto che suonavo la fisarmonica e che venivo dalla scuola francese, una scuola molto buona. Ha voluto sentire come suonavo ed è stato molto attento ad ascoltare quello che gli raccontavo, si vedeva che era interessato: il tipo di fisarmonica che usavamo nella scuola, a note sciolte, che lui non conosceva, il sistema della scuola, e di come Monichon aveva corretto un mio difetto: quando suonavo, curvavo la testa sopra la tastiera, così (Nazzareno inclina la testa a destra per farmi capire). Monichon, allora, mi faceva suonare con un libro sopra la testa, così non potevo piegarla. Raccontavo tutte queste cose a Volpi. Per esempio di come usavamo il mantice alla scuola francese, e lui mi diceva che quando il mantice è a zero non si deve neppure respirare per impedire di farlo oscillare. Il mantice – diceva Volpi – è l’espressione della fisarmonica, è la sua potenza, è il sentimento, è l’anima che ti senti dentro”.
Il racconto, anche privato, di questi grandi maestri, m’incuriosisce e chiedo a Nazzareno quali altri abbia conosciuto e che cosa può raccontarmi di loro.
“Ho conosciuto Vladimir Zubitsky, un maestro russo che insegna al conservatorio di Pesaro. Abbiamo stretto amicizia ed ora, quando mi vede mi abbraccia. I musicisti russi sono sbalorditivi per la loro bravura. Eseguono delle musiche di una difficoltà pazzesca, che noi non siamo in grado di suonare con le nostre fisarmoniche; esecuzioni possibili solamente grazie al tipo di fisarmonica bajan. Di Roma, ho conosciuto Giancarlo Caporilli, bravissimo, anche lui un carissimo amico. Un suonatore eccezionale. Ogni suonatore ha la sua caratteristica, indubbiamente, ma Caporilli sa suonare qualsiasi genere, il jazz, la canzonetta, il pezzo di virtuosismo, e io ho avuto una grande soddisfazione perché una volta ha voluto dedicarmi una serata”. Ancora una volta, Nazzareno sorride imbarazzato e, ancora una volta, lo fa distogliendo lo sguardo dall’interlocutore e dalla videocamera che, però, resta impietosamente puntata su di lui. “Tanti maestri li ho conosciuti anche perché venivano a farmi visita nel mio magazzino, magari accompagnati da un costruttore, anche, solamente, per la curiosità di vedere tutte le componenti. Con molti ho avuto dei rapporti bellissimi. Per esempio, con Peter Soave, a cui, un giorno, ho chiesto di darmi un suo manifesto. È stato un grande personaggio: ha vinto a Castefidardo ed è stato tre volte campione del mondo. Gli ho detto, guarda, il manifesto tuo lo appendo qui nel mio magazzino, nel punto più alto. Tra tanti che ho conosciuto, ritengo che tu, in questo momento, sia il più grande. Quando ne troverò un altro che mi colpirà più di te, allora ti metterò in seconda fila. Ti dirò che in trent’anni, questo manifesto è rimasto appeso nel magazzino mio. Sì, ne ho visti passare tanti di musicisti nel mio magazzino, americani, russi… Frank Marocco, Simone Zanchini, Luciano Biondini, Koba, Richard Galliano. Ma oggi, chi mi sorprende molto sono i ragazzini: 10, 12 anni, quello che riescono a fare… Certo, oggi le tecniche di apprendimento sono più evolute, ma ritengo che a volte sia un dono di natura. Conosco bene anche Emanuele Rastelli di San Marino, che ha una sua caratteristica. Per esempio, lui si affianca a un sassofonista, a un violinista, a un altro fisarmonicista. Questo comincia a suonare un pezzo, un motivo che lui non conosce. Lui prende subito la tonalità e comincia a svisare. Ognuno ha la sua caratteristica e non possiamo dire questo è più bravo di un altro. Ivano Battiston, per esempio, è uno specialista per le musiche di Bach, è impressionante come riesce a suonare, il suono pulito… Giacomo Bogliolo, invece, altro grande amico, è l’unico che conosco che riesce a suonare la Rapsodia in blue di Gershwin, e la suona per intera, in un modo impressionante. Devi sapere che quando apriamo e chiudiamo il mantice, l’aria prodotta è la stessa sia per la parte del cantabile, sia per quella di accompagnamento. L’aria è quella. La pressione è quella. Se diamo un piano, è piano per tutto. Lui, invece, Bogliolo, fa cose che proprio non so come riesca a farle. In un intervallo di un millesimo di secondo riesce a dare delle sfumature capaci di farci percepire un aumento di intensità dei bassi e una diminuzione del canto. È una roba che a volte non me la so spiegare. È un grandissimo personaggio, che da qualche anno viene a Castelfidardo, dove organizza una specie di festival dedicato direttamente agli artigiani costruttori. Lui vuole dare il merito non solamente alla ditta, ma all’artigiano costruttore perché a volte il titolare dell’azienda non è del tutto competente e deve proprio all’artigiano i miglioramenti”.
«Faccio diversi modelli di fisarmonica e quando ordino i mantici a Castelfidardo ci mettono anche 5 mesi, 6 mesi per consegnarmeli… Capisco che sono uno d’un tipo, uno d’un altro, però io rimango bloccato»
“Io, così, scherzosamente, gli ho detto: ma perché non li fai te? Prova a farli te.
«Ma io non ho la minima condizione per farli…»
Ecco, quest’ennesima (ma non ultima) giornata di conversazione con Nazzareno si chiude qui, con il sorriso che gli illumina il volto mentre pensa all’amicizia che è nata con quest’uomo. Che è, in assoluto, quello che gli interessa di più.