La soluzione dei guai dell’Italia passano oggi in gran parte per Bruxelles. Ma l’Europa di oggi non è l’entità aggregante degli anni 50. Il suo allargamento ha accresciuto le difficoltà di coesione. La solidarietà anche tra i suoi componenti storici è sopraffatta da egoismi nazionali, come avviene ad esempio con la condotta della Francia in Libia o con la riluttanza di tanti paesi a farsi carico del problema dei migranti. Nè il sostegno che può giungere dagli Stati Uniti è certo quello dell’era degasperiana, anche per il mutato ruolo strategico dell’Italia a seguito della evoluzione che il quadro internazionale ha subìto. La legittima “furia” degli elettori occidentali ha portato – ha scritto Beppe Severgnini – l’incompetenza al potere e l’incompetenza non viene percepita finchè non viene messa alla prova. Esistono istituzioni, organizzazioni e meccanismi che fungono da ammortizzatori, ma fino a quando potranno reggere?” Rabbia, amarezza, risentimento personale non risolvono i problemi del paese. Ma se la “furia” è legittima, significa che è conseguenza di linee politiche inadeguate. Per di più, in un contesto dove ognuno dovrebbe avvertire la necessità di svolgere la propria parte (di sacrifici) “i diritti prevalgono sui doveri, sostituiti da crescenti pretese soggettive che arrivano ad offuscare gli obblighi di ogni cittadino”, secondo Alessandro Barbano. Come se ne esce? Anche un De Gasperi oggi avrebbe il suo da fare, ma disporrebbe del coraggio di non pensare solo alle prossime elezioni, ma al futuro delle prossime generazioni. Con il supporto non della demagogia , ma di quella che Martin Bubber chiamava Bildung, cioè una formazione culturale che innervi negli uomini il senso di responsabilità. Che si avvale anche di simboli significativi, espressione di un sentire appunto responsabile ed elevato, presenti oggi quasi solo in negativo: si va dagli straccetti logori che dovrebbero, sulle pareti di edifici pubblici, esporre il tricolore nazionale, al degrado in cui venne lasciato il monumento di De Gasperi a Roma, fonte di sdegno espresso dalla figlia Maria Romana che rilevava come lo statista trentino avesse amato “il nostro paese che spesso chiamava patria anche quando questo nome veniva dai più dimenticato o evitato, e che aveva dato coraggio al Paese anche quando la situazione economica sembrava perduta: in una occasione telefonò financo in America per avere del grano perché l’Italia disponeva pane per sole tre settimane”.
Giorgio Girelli
Coordinatore Centro Studi Sociali “De Gasperi” di Pesaro