“Goethe è qui!” (3ª parte)

Beethoven, Goethe e l’intesa mancata

Sono trascorsi dieci anni dall’incontro a Teplitz e non si può certo affermare che la relazione fra Goethe e Beethoven si sia evoluta. Nel maggio del 1822, il compositore scrive nuovamente al poeta. L’occasione è l’invio di una partitura su testi di Goethe: Meeresstille und Glückliche Fahrt. Si tratta di un lavoro risalente al 1814-1815 del quale, però, Beethoven non aveva ancora dato notizia a Goethe. La pubblicazione presso Steiner, infatti, aveva tardato fino ad allora. Nel suo diario, il poeta scrive: “Ricevo una partitura di Beethoven”. All’appunto non seguirà mai una risposta, neppure una parola di ringraziamento per la dedica “all’immortale Goethe”. “Spero che abbia ricevuto la dedica a Vostra Eccellenza di Meeresstille und Glückliche Fahrt che ho musicato” – scrive ancora Beethoven nel febbraio del 1823 – “A ragione del loro contrasto mi sembra che queste due poesie siano molto adatte ad esprimere tale contrasto in musica. Quanto mi farebbe piacere sapere se ho congiunto le mie armonie con le Sue in modo adeguato. Anche una Sua critica, che si potrebbe considerare l’essenza stessa della verità, mi giungerebbe estremamente gradita, perché io amo la verità sopra ogni altra cosa e nel mio caso non si potrà mai dire: veritas odium parit [la verità attira l’odio, ndr.]. Presto verranno forse alla luce delle Sue poesie, sempre impareggiabili, da me musicate. Tra di esse ci sarà anche Rastlose Liebe. In quale alta considerazione io terrei una Sua osservazione generale sopra il comporre o sul modo di musicare le Sue poesie”. Anche questa lettera, com’era accaduto per quella del 12 aprile 1811 relativa all’Egmont, fu archiviata e nulla di più.

Di Rastlose Liebe (Amor senza pace) sono stati trovati abbozzi continuativi. Beethoven aveva scritto l’intera melodia, mentre i ritornelli erano rimasti solamente accennati. Se sia esistito un completamento, non se ne è mai avuta notizia.

Meeresstille und Glückliche Fahrt (Mare calmo e viaggio felice), Cantata in re maggiore per coro e orchestra, op. 112 fu eseguita pubblicamente, per la prima volta, al Großer Redoutensaal del Burgtheater di Vienna, il giorno di Natale del 1815, nel corso di un trattenimento artistico a favore dell’Ospedale comunale della città, assieme ad un’altra novità: l’Ouverture Zur Namensfeier in do maggiore, op. 115. Probabilmente, fu eseguito anche il Christus am Ölberge (Cristo sul Monte degli Ulivi), Oratorio per soli, coro e orchestra, op. 85 (1803).

La cantata, come scrive lo stesso Beethoven a Goethe, ripropone i contrasti fra i versi dei due testi: Meeresstille: Sostenuto; Gluckliche Fahrt: Allegro vivace. L’organico è così concepito: coro misto, due flauti, due oboi, due clarinetti, due fagotti, quattro corni, due trombe, timpani, archi.

I testi di Goethe:

Meeresstille (Mare calmo)

Pace fonda dentro l’acque,

senza moto il mare sta,

il navigante scruta inquieto

quella liscia immensità.

Tace il vento da ogni parte!

Una mortale calma da metter paura!

Nella lontananza immensa

Non si muove neppur un’onda.

 

Glückliche Fahrt (Viaggio felice)

Le nubi si squarciano,

il cielo è sereno

ed Eolo discioglie

la temibile catena.

Sussurrano i venti,

si scuote il nocchiero.

Presto! Presto!

Si separa l’onda,

s’approssima la mèta lontana;

già vedo la sponda!

Le due poesie di Goethe mostrano il profilo di altrettante esercitazioni sul metro del trocheo (Meeres Stille) e del giambo (Glückliche Fahrt) e la loro contrapposizione nell’ambito della versificazione ispira a Beethoven il contrasto in quello musicale (“sostenuto” nella prima parte; “allegro vivace” nella seconda).

La prima parte ha un carattere di distesa, solenne compostezza, sebbene parte del testo evochi una cupa inquietudine (“Tace il vento da ogni parte!/Una mortale calma da metter paura!”). Il paesaggio marino è, sì, quieto, ma, al tempo stesso, conturbante. Qui l’orchestra è impiegata in maniera misurata, sebbene non marginale: “il coro, sull’immota superficie monocroma delle lunghe note tenute dagli archi”, evoca la fissità delle acque, “mentre i fiati, sottolineando brevemente con uno «sforzato» la parola Weite (lontananza)” del penultimo verso (“In der ungeheuern Weite/Nella lontananza immensa”), “sono come una rapida, cupa pennellata su uno sfondo uniforme, un brivido di angoscia panica di fronte all’immensità tremenda dell’oceano” (Giovanni Carli Ballola, 1977). Un oceano, un mare, che, sia detto, Beethoven non aveva mai visto e mai vedrà lungo tutto l’arco della propria vita.

Nella seconda parte l’orchestra ha un ruolo più incisivo nel sostenere il movimento vivace. In apertura, un tempo di barcarola in sei ottavi infrange quella specie di sortilegio e il coro manifesta l’esultanza per la fine di quell’opprimente bonaccia e per il ritorno della brezza marina, che annuncia la possibilità di riprendere la navigazione.

Se una parte della critica ha visto nella cantata una sorta di rappresentazione dei condizionamenti del destino sulla volontà dell’individuo, nella lotta per l’esistenza – tema assai caro a Beethoven – altri vi hanno letto una trasposizione corale lirico-descrittiva di quel sentimento della natura già tradotto in puri valori strumentali nella Sesta Sinfonia.

Nel 1828, le due poesie di Goethe avrebbero ispirato anche Felix Mendelssohn per l’omonima ouverture da concerto in re maggiore per orchestra, op. 27 MWV P5. La fortuna critica della versione di Mendelssohn avrebbe, purtroppo, ingiustamente oscurato quella di Beethoven, tanto che il titolo del dittico di Goethe è ormai legato indissolubilmente all’ouverture del compositore più giovane.

 

PER APPROFONDIRE

 

BIBLIOGRAFIA

CARLI BALLOLA, Giovanni, Beethoven, Milano, Edizioni Accademia, 1977.

DOTOLI, Giovanni (a cura di), Goethe e la musica: atti del convegno internazionale, Martina Franca, 29 luglio 1999, Fasano, Schena Editore, 2000.

GOETHE, Johann Wolfgang, Scritti sull’arte e sulla letteratura, Torino, Bollati-Boringhieri, 1992.

MAGNANI, Luigi, Goethe, Beethoven e il demonico, Torino, Einaudi, 1976.

 

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