Negli ambienti musicali, quando ci si accinge a gettare le basi per una nuova produzione discografica si usa dire che … “Se le riprese della batteria, delle percussioni e del basso girano bene, praticamente, si è già a metà dell’opera” … Mi confermi questa teoria?
Non è affatto vero, o quanto meno non sono d’accordo! In generale, la composizione del brano non è strettamente dipendente dal “groove”, se il pezzo è brutto rimarrà brutto anche con un “groove” ben eseguito.
Un curriculum invidiabile il tuo coronato da collaborazioni eccellenti con Pino Daniele, Zucchero, Fabrizio De Andrè, Renato Zero, Fiorella Mannoia, Mia Martini, Gino Paoli, Gigi D’Alessio, Toots Thielemans, Sting e tanti altri, ma io, onestamente, nel tuo ultimo disco “Nouvelle Cuisine” non avverto questo genere di contaminazioni. Chi o cosa ha influenzato il suo sound?
Un solo ascolto non basta a comprendere i legami con le mie esperienze musicali! Tutto quello che ho fatto nella mia carriera ha influenzato la realizzazione dei miei 4 dischi. Prendiamo, ad esempio, i brani “Afro Macarons” e “Coq au vin” che ricordano, per alcuni aspetti, le ritmiche etniche di “Anime salve”, l’ultima produzione di Fabrizio De Andrè. Nei live ero io il percussionista e dovevo cercare di riproporre, da solo e in tempo reale, tutte le sonorità incise nel disco. Possiamo anche notare delle similitudini nei “groove” di “Cordon bleu” con alcuni di quelli dei brani di Zucchero, certamente c’è del Pino Daniele nei riff Napoletani che si sentono in “Saint Honore” … Tutto sommato a me sembra abbastanza chiaro, ma forse, ripeto, non basta un unico ascolto per intuire queste affinità.
Napoli, terra di grandi musicisti e di bravissimi percussionisti: Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Rosario Jermano e chiaramente dimentico qualcuno … C’è un segreto in tutto ciò?
Si … dimentichi il nostro capostipite Gegè Di Giacomo, grandissimo batterista di Renato Carosone! Gegè è stato un percussionista eclettico direi … ha suonato con sedie, bicchieri ed oggetti vari; noi batteristi/percussionisti partenopei siamo tutti figli suoi, artisticamente parlando. Il mio primo approccio con la batteria è stato proprio con i brani di Carosone nel lontano 1960 quando avevo appena 6 anni e, nel 1988, ho avuto l’onore ed il piacere di suonare con lui in un tour. Potete immaginare la mia felicità! Tu hai citato alcuni grandi batteristi e percussionisti cresciuti sotto le pendici del Vesuvio, ma io non credo ci sia un segreto in tutto ciò. Noi napoletani non possiamo paragonarci agli africani e ai brasiliani nelle cui terre di appartenenza “il ritmo” è veramente qualcosa di vitale ed è praticato ad altissimi livelli, sia emozionali che tecnici. La nostra “vivacità”, può essere in parte attribuita all’utilizzo di alcuni strumenti, tra i quali “la Tammorra” che esegue, nella musica popolare, ritmi anche molto complessi e forse questo ci da una marcia in più rispetto ad altre regioni d’Italia.
Nella mia precedente domanda, tra il serio e il faceto, rimarcavo l’importanza di una buona performance della sezione ritmica per far si che il disco abbia un “tiro” particolare. Nel tuo caso specifico … Come immagina l’elaborazione di una traccia un percussionista? Mi spiego meglio, si parte da un “groove” e si da carta bianca ad alcuni bravi musicisti (che in “Nouvelle Cuisine” non mancano di certo), oppure si studia un arrangiamento a tavolino?
Io, in “Nouvelle Cuisine”, sono partito dai miei strumenti, o meglio, da tutte le percussioni a suono indeterminato come tamburi, legnetti, etc. per poi passare a quelli a suono determinato, cioè quelli che “posseggono” varie note su cui tessere melodie e contrappunti. Le mie songs sono iniziate con dei ritmi realizzati con suoni percussivi di svariati paesi come Africa, Giappone, Cuba, Brasile … In un secondo momento ho aggiunto i suoni che davano un’idea precisa della tonalità del brano e del risultato finale sia armonico che melodico, parlo di strumenti come Marimba, Xilofono, Xantur, Cymbalon, Zther, Sanza e tanti altri le cui prerogative sono quelle di rilasciare note singole o multiple, infatti in un brano ci sono addirittura 8 marimbe che creano i cosiddetti accordi. Non c’è stato assolutamente nulla di pensato a tavolino, sarebbe stato insopportabile per la mia indole libera di musicista!
40 musicisti per la realizzazione di un disco tra cui Lele Melotti, Gigi De Rienzo, Danilo Madonia, Piero Gallo, Antonio Onorato, Elisabetta Serio, Roberto Giangrande … Non ti sei fatto mancare niente!
Sono stati tutti felici di collaborare alla realizzazione di questo mio progetto. Una partecipazione, anche a distanza, veramente incredibile … Non osavo sperare tanto a dire il vero, ma il miracolo è avvenuto, si sono calati tutti completamente nelle mie idee arricchendole con le loro pregevolissime esecuzioni.
Veramente si! Con Stevie Wonder e con Phil Collins, quest’ultimo mio batterista preferito dopo Steve Gadd. Ma chissà, in un futuro prossimo …
Tornando al tuo ultimo disco “Nouvelle Cuisine” … A quale pubblico si rivolge in particolare?
Mi rivolgo a chi vuole ascoltare musica senza pensare, a tutti quelli che hanno l’esigenza di non distrarsi, ma di sentirsi avvolti in un’atmosfera che ti da la possibilità di parlare al telefono, di mangiare, di studiare e, ad esagerare, anche a un medico mentre fa la sua diagnosi ad un paziente, cosa tra l’altro accaduta per davvero con un mio grande amico dottore.
Nel mio piccolo mi è capitato di lavorare in studio con dei percussionisti ed a volte sono rimasto sorpreso della grande quantità di soluzioni ritmiche proposte. Quanti suoni diversi possono scaturire dalle mani di un bravo percussionista? Nel tuo disco, in particolare, che tipologia di strumenti ha utilizzato?
Nella produzione dei miei 4 CD ho usato veramente di tutto, dai posacenere in metallo, alle pentole, alla carta di giornale. Gli effetti te li devi cercare intorno, te li devi costruire! Il lavoro del percussionista è un po’ come quello del rumorista nei films, una professione che mi ha sempre affascinato … Ho anche conosciuto molti effettisti dai quali ho imparato come si riproducono alcuni suoni della natura, ad esempio il volo di un uccello o lo scrosciare dell’acqua.
Un percussionista può essere anche un bravo batterista? O viceversa …
Si nasce quasi sempre batterista, in quanto strumento più diffuso ed economico, poi si cambia anche perché le percussioni sono davvero molte e per comprarle tutte ci vuole tempo e denaro. In ogni caso non è sempre cosi facile per un batterista capire il modo di suonare le percussioni, la batteria e le percussioni sono un intreccio nel quale, se non ci si ferma ad alcuni “semafori”, quello che si sente è semplicemente disgustoso. La tecnica della batterista poi è completamente diversa da quella applicata dal percussionista, questi, il più delle volte utilizza direttamente le mani o le dita, il batterista usa sempre le bacchette o altri battenti, due concezioni veramente distanti e non facili da comprendere per alcuni.
Nell’immediato futuro pensi di tornare a calcare la scena con alcuni degli artisti che abbiamo elencato o ti dedicherai prevalentemente ai tuoi progetti discografici?
Attualmente sono in tour con Renato Zero e continuerò fino a fine Gennaio 2020, poi non mi dispiacerebbe dedicarmi ai live con i miei brani, spero di riuscirci, naturalmente insieme ad una parte dei musicisti che hanno preso parte alla realizzazione del disco come Lele melotti, Roberto Giangrande, Eric Daniel e sicuramente tanti altri …