Su corru marinu

Lo strumento musicale giunto dalle profondità marine

La conchiglia di Charonia Iampas o Nodifera è più popolarmente conosciuta, in Sardegna, come corru marinu.

È il più grande mollusco gasteropode marino del Mediterraneo, misura mediamente tra i 30/35 centimetri di lunghezza, talvolta raggiunge anche i 40 e si trova lungo le coste rocciose a profondità che variano tra gli 8 e i 50 metri in una vasta area che comprende il Mar Mediterraneo, il Mare del Nord, l’Oceano Atlantico e l’Oceano Indiano.

La Charonia Iampas, nel nostro caso corru marinu, diventa una vera e propria “tromba marina” mediante l’asportazione dell’apice della stessa con un taglio in corrispondenza delle prime spire; ciò che ne deriva è una piccola fessura (bocchino) sul quale si poggiano le labbra e, soffiandoci dentro, si ricava un suono profondo e udibile a distanza. Sebbene la sua presenza e il suo utilizzo sia attestato in Sardegna già in tempi antichissimi, possiamo comunque definirlo a pieno titolo come uno “strumento musicale del Mondo” in quanto piuttosto diffuso e utilizzato anche in altri contesti territoriali. Diversi esemplari, infatti, sono stati recuperati nei siti archeologici del Mediterraneo centrale e orientale, molti provengono dalla grotta delle Arene Candide in Liguria e, soprattutto, dall’isola di Creta, nei siti di Knossos, Phaestos e Myrtos. Le “trombe di conchiglia” erano presenti in Europa sin dal Paleolitico superiore anche se, a questo periodo, viene abbinato un unico esemplare trovato nei livelli Maddaleniani nella grotta francese di Marsoulas. Un gran numero di conchiglie sono, inoltre, datate all’epoca Neolitica, in particolare quelle trovate in Liguria. La maggior parte di trombe di Charonia proviene da sepolture, soprattutto quelle di infanti e nella sola grotta delle Arene Candide gli scavi ne hanno riportato in luce ben diciotto esemplari. Sfortunatamente, però, molte di queste operazioni di recupero furono condotte vari anni fa e le informazioni pervenuteci risultano piuttosto incomplete. Queste lacune riguardano, soprattutto, i contesti di rinvenimento e la cronologia.

Di notevole interesse è una conchiglia con apice rimosso proveniente dalla Germania trovata vicino Wolfenbüttel. Questo oggetto era collocato in uno dei ripostigli attribuiti alla facies culturale neolitica della cosiddetta Linienbandkeramik; numerosi strumenti di industria litica erano stati collocati dentro la cavità della conchiglia.

Le trombe di Charonia furono utilizzate durante il periodo Calcolitico e vari esemplari sono rinvenuti in siti archeologici ungheresi, ma questi oggetti continuarono ad essere utilizzati per tutta l’età dei metalli nelle regioni che si affacciano sul Mediterraneo, in particolare lungo le coste del mare Egeo. In Sardegna, ne sono stati recuperati diversi esemplari: una Charonia nodifera con apice rimosso è stata trovata in una sepoltura attribuita al Neolitico antico nel sito di Su Carroppu nella parte meridionale dell’isola (VI millennio a.C.), ma anche in diversi siti nuragici (età del bronzo) e prenuragici (mesolitico/neolitico, età del rame) tra i quali Arbus, Monte d’Accoddi (SS) ed il Nuraghe Arrubiu di Orroli.

In una delle sepolture più antiche tornate alla luce in Sardegna (ca. 8500 a.C.), scoperta nel 1985 da alcuni ragazzi in località S’Omu e S’Orku (Arbus), accanto ai resti scheletrici di due umani è stata trovata una conchiglia di Charonia lampas con le prime spire tagliate per consentirne l’uso come strumento a fiato.

Un’altra testimonianza dell’utilizzo di questo strumento ci può essere data osservando la statuina del Bronzetto “Suonatore de corru marinu di Teti” (Nuoro). Il Prof. Liliu, descrivendo il bronzetto, parla dell’oggetto appeso al collo tramite una cordicella di pelle e sostiene che queste scanalature potrebbero verosimilmente essere quelle della superficie di una conchiglia (in questo caso “Su corru marinu”).

In Sardegna è conosciuto anche con i nomi:

Bórnia (Campidano); Bucconi de mari – Carramusa (Gallura); Conchizzu (Montiferru, Nuorese, Planargia); Cornu (Carloforte); Corra (Bosa, Ghilarzese, Logudoro); Corraina (Orosei); Corredda (Siniscola); Correna (Castelsardo); Corriteddu (Orosei); Corroina (Orosei); Corronetta (Barigadu); CorronitaCorruCorru de mariGrongos (Seneghe); Tofa (Alghero); Tufa (Alghero, Campidano); Tuvisceddu (Cagliari).

 

Struttura e Costruzione

La conchiglia, che, come già detto, può raggiungere la ragguardevole lunghezza di 40 cm., si distingue per il suo colore bianco-grigiastro con fiammature marroni. Sin dalla preistoria è stata lavorata al fine di ottenere uno strumento capace di emettere suoni e, nel dettaglio, veniva realizzato un foro lungo una delle spirali (formando così un’apertura laterale) o, più frequentemente, vicino all’apice, che veniva successivamente rimosso (formando un foro apicale). Soffiando attraverso il foro, mentre le labbra vibrano contro l’imboccatura, viene creata una costante onda d’aria all’interno dello strumento e in questo modo si produce un suono simile a quello di una tromba. La presenza di un’apertura utilizzabile come imboccatura è una prova sufficiente per classificare una conchiglia come reperto archeologico usato a mo’ di strumento per riprodurre suoni.

 

Esecuzione/Modalità di utilizzo dello strumento

Nonostante in epoca storica vengano fornite maggiori informazioni, risulta ancora difficile tracciare le esatte circostanze in cui la tromba di conchiglia sarebbe stata utilizzata. Le fonti scritte, per esempio, indicano che questi strumenti furono adoperati per fornire segnali alle imbarcazioni in mare, probabilmente collegati alle attività di orientamento nella navigazione e a quelle militari. Un legame tra la “tromba di Tritone” e il mondo religioso, che sembra plausibile in virtù del ritrovamento di Mozia e per quello di altri siti, emerge in alcune manifestazioni moderne, come nella processione della Madonna di Piedigrotta a Napoli, durante la quale viene suonato un “corno” in conchiglia. Anche vari contesti archeologici suggeriscono che ci possa essere stato un profondo legame tra questo strumento e la sfera religiosa durante i periodi pre-protostorici; è infatti possibile che alla tromba di conchiglia sia stato attribuito un valore magico.

L’etnomusicologo tedesco Curt Sachs (1881-1959) aveva già osservato che in alcune comunità del Madagascar il corno di conchiglia veniva suonato in occasione di funerali, per l’evocazione della morte e in cerimonie di guarigione. Corni di conchiglie di Charonia sono tuttora usati durante le feste religiose in India, Giappone e Tibet. Nelle isole Fiji e nelle Nuove Ebridi, questi corni vengono suonati duranti riti sacri simposiaci e in India vengono talvolta utilizzati dai contadini durante le cerimonie per la semina e la raccolta.

In Sardegna, sebbene questo strumento musicale sia antichissimo, il suo utilizzo è tuttora abbastanza in voga e spazia dal musicista che ricerca antiche sonorità al contesto più “popolare”, tra ritualità sacre e profane; e nei generi musicali più “innovativi e sperimentali” in cui i musicisti più virtuosi sono alla costante ricerca di sonorità uniche e inimitabili . Infine, non possiamo non ricordare il suo impiego durante la festa patronale in onore di San Sebastiano a Seneghe. Secondo la tradizione viene allestito un grande falò in piazza con la legna raccolta nelle campagne del circondario al suono struggente di un numeroso gruppo di suonatori di corru marinu.

Questo articolo nasce dalla collaborazione tra Accademia di Musica Sarda e Strumenti&Musica Magazine.

 

BIBLIOGRAFIA

FLORIS R., MELIS R.T., MUSSI M., PALOMBO M.R., IACUMIN P., USAI A., MASCIA A., La presenza umana nella Sardegna centro occidentale durante l’Olocene antico: il sito di S’Omu e S’Orku, in “Atti della XLIV Riunione Scientifica in Sardegna” (Cagliari, Barumini, Sassari 23-28 novembre 2009) ,La preistoria e la protostoria della Sardegna. (Arbus, VS), 2012.

PUDDU, Valentina, L’utilizzo di gusci di Charonia lampas come strumento sonoro nella Preistoria e nella Protostoria della Sardegna: una indagine archeologica ed etnografica, in “Rivista di Scienze Preistoriche”, anno LXV,  Firenze, 2015.

SPANU, Gian Nicola (a cura di), Sonos. Strumenti della musica popolare sarda, Nuoro, Ilisso,1994.

 

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