Se, di fronte alla proposta di una nuova biografia di Beethoven, il lettore si chiedesse se non sia già stato detto tutto sul grande compositore, la mia risposta, nel caso specifico del testo di Alessandro Zignani, Ludwig van Beethoven (Zecchini, 2020) sarebbe, decisamente e inequivocabilmente, “No!”. Zignani propone un punto di vista del tutto originale, mantenendo ampiamente la promessa espressa nel sottotitolo del libro: Una nuova interpretazione della vita e delle Opere. E vale la pena di sottolineare sia il soggetto, sia l’aggettivo qualificativo. Innanzitutto, l’autore sgombra il campo da tanti luoghi comuni. Per esempio, da quelli di matrice romanticheggiante, che non poco spunto hanno da sempre – e ancora oggi – tratto dal cosiddetto Testamento di Heiligenstadt, rinvenuto qualche giorno dopo la morte di Beethoven assieme alle tre missive all’«Amata Immortale». Il documento, scritto nel 1802 in forma di lettera ai fratelli, è noto per alcuni passaggi come “O voi, uomini che mi ritenete o mi fate passare per astioso, folle o misantropo, come mi fate torto! Voi ignorate le segrete ragioni di ciò che vi appare”. Oppure: “Pur essendo di un temperamento ardente, vivace, e anzi sensibile alle attrattive della società, sono stato presto obbligato ad appartarmi, a trascorrere la mia vita in solitudine”. E ancora: “Tali esperienze mi hanno portato sull’orlo della disperazione e poco è mancato che non ponessi fine alla mia vita”. Per concludere con: “Addio, non dimenticatemi del tutto, dopo la mia morte. Io merito di essere ricordato da voi, perché nella mia vita ho spesso pensato a voi, e ho cercato di rendervi felici – Siate felici”. Alessandro Zignani, con la schiettezza che lo caratterizza, fin dalle prime righe del capitolo (Libro I, Parte Seconda, 4) dedicato al Testamento, così lo bolla: “[…] il Testamento affonda le sue radici nella vena larmoyant, ‘lacrimevole’, del preromanticismo francese […]. Il Testamento di Heiligenstadt, insomma, o lascia a bocca aperta o dà sui nervi (oppure entrambe le cose, in due diversi momenti della vita). […] Colpisce, del Testamento, lo stile: involuto, grondante un sentimentalismo colpevolizzante e vagamente jettatorio, da romanzo epistolare di allora”. E qui, su quel “colpevolizzante”, si manifesta, anche, l’approccio psicoanalitico – di osservanza junghiana – di Zignani, che si protrarrà felicemente lungo tutto l’arco della sua nuova interpretazione di Beethoven.
L’intento di Alessandro Zignani è di ricondurre il compositore alla sua vera essenza. E lo fa riconsiderandone la biografia, le partiture, i profondi – quanto ampi – interessi culturali, la sfera della passione politica, spesso sottovalutata da tanti studiosi, e mettendo al centro della propria ricerca sempre i “perché” e non i “che cosa”. Un percorso che lo conduce a contestare anche la tradizionale ripartizione della musica di Beethoven in tre periodi, reputata colpevole di voler ridurre a semplicità la complessità. Se, pure, di tre fasi si può parlare, si tratta di “Età”, che hanno una connotazione ben diversa da quella che generalmente le viene attribuita: il pathos o l’Età dell’Integrazione, il vissuto di cui si alimenta la sua opera; il logos, o l’Età della Lotta, la dolorosa tensione verso la Forma compiuta; l’ethos – sublimato “in filantropico eros” – o l’ultima Età, quella della Trascendenza. Sono tre Età che Zignani riconduce (ed ecco riemergere la sua inclinazione junghiana) all’Allegoria di Prometeo, che, non a caso, proietta la propria ombra sull’intero libro. Prometeo, il titano che ruba il fuoco, il logos, agli Dei per donarlo all’uomo e che per questo viene punito da Zeus: incatenato a una rupe e soggetto al tormento di un’aquila che, ogni giorno, gli lacera le carni, Prometeo diventa, a poco a poco, insensibile nei confronti del proprio strazio come del proprio destino.
In chiusura, occorre dirlo: chi si aspetti una lettura scorrevole e un approccio divulgativo sarà immediatamente deluso. L’oggetto della ricerca è complesso e Alessandro Zignani non rifugge dalla complessità, non cerca comode scorciatoie. Nemmeno nel vocabolario, nemmeno nello stile, che, a volte, potranno apparire spinosi al lettore meno avvezzo ad un linguaggio estremamente articolato, ma mai inaccessibile, mai inutilmente compiaciuto.
Alessandro Zignani è nato a Rimini nel 1961. È scrittore, musicologo e germanista e insegna Storia della Musica al Conservatorio di Como. Ha pubblicato romanzi, monografie e saggi musicologici, vinto numerosi premi letterari e fondato la compagnia “Il Teatro delle Ombre” con la quale ha messo in scena testi dedicati a grandi compositori. Ha tradotto Nietzsche, Schopenhauer, Trakl, e i poeti del Nibelungslied.
Alessandro Zignani, Ludwig van Beethoven. Una nuova interpretazione della vita e delle Opere
Editore: Zecchini, Varese
Anno di edizione: 2020
Pagine: 319, brossura, € 33,00
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