“HE COMPRENDS RIENS DANS LA MUSIQUE”
Picasso, Stravinsky, Satie e i Ballets Russes
(seconda parte)
Non meno dei nonsense che gli piace scrivere – per esempio: “Benché le nostre informazioni siano false, non le garantiamo” – e che lo faranno tanto amare dai dadaisti, le composizioni di Erik Satie presentano degli aspetti davvero originali:
Satie è seccato dal cattivo uso della buona musica e così vagheggia un nuovo prodotto di cui avvalersi in situazioni con cui la buona musica non ha niente a che fare[2]: “Bisognerebbe comporre” – dice all’amico pittore Fernand Léger – una musica d’arredamento, che conglobasse i rumori dell’ambiente in cui viene diffusa, che ne rendesse conto.
Gertrude Stein definirà “completamente cubista” la scena di Parade. In realtà, non si può parlare di «puro» cubismo per le opere di Picasso di questo periodo.
Il soggetto di Parade è presto detto: in una domenica pomeriggio, un gruppo di artisti di music hall, il Prestigiatore Cinese, la Bambina Americana e la coppia di Acrobati, si esibisce all’aperto, in una parata, presso una fiera, per attirare gli spettatori. Questi ultimi, però, pensano che in questo modo lo spettacolo sia già stato offerto loro gratuitamente e, quindi, nessuno pagherà il biglietto per accedere al padiglione, dove si sarebbe svolta la vera rappresentazione. A Cocteau interessa, però, “la trasfigurazione della vita quotidiana in universo fantastico da fiera. Il passaggio da un mondo all’altro avveniva non appena i personaggi varcavano il cerchio magico del palcoscenico, seguendo la mania di Cocteau di scombinare la linea di demarcazione tra spettacolo e pubblico”[8].
Il 18 maggio del 1916, il compositore, che sta lavorando su una prima stesura della trama, scrive a Cocteau: “Caro amico, non temete: funziona. Che soggetto fantastico! Penso di esserci quasi e che stia venendo bene! Una bella fortuna! Dove siete finito? Mi dite qualcosa? Il vostro vecchio complice: ES. /P.S. Valentine Gross mi dice che avete fifa. Possibile? Quando venite a Parigi? Ho una gran voglia di vedervi. Ci sono così tante cose da fare che da solo sono come stordito. È una follia! Bravo! Evviva Cocteau!”[10]. In realtà, in altre circostanze, come si è visto, Satie si rammarica di dovere seguire il testo di Cocteau, anziché le variazioni proposte da Picasso, che preferisce.
Satie è l’esempio per eccellenza di come la musica francese accolga, in questo periodo, i potenti impulsi lanciati dalle avanguardie letterarie e pittoriche in favore di un profondo rinnovamento della poetica e del linguaggio. Proprio per questo, il modernismo in musica si fa più evidente quanto più la musica stessa si confronta direttamente con le altre arti, a cominciare proprio dal balletto[13]. Le idee di Picasso, per esempio, soprattutto quelle relative ai costumi, influiscono molto sul testo e, di conseguenza, sulla musica. Nella prima stesura di Cocteau, gli imbonitori – o Manager – del music hall erano solamente delle voci fuori campo, che descrivevano ed esaltavano le esibizioni degli artisti. Ma, racconta lo stesso Cocteau, quando “Picasso ci mostrò i suoi schizzi subito ci fu chiaro quanto sarebbe stato interessante contrapporre a tre figure convenzionali… dei personaggi inumani, sovrumani, che sarebbero diventati insomma la falsa realtà scenica, fino a ridurre i ballerini reali alla misura di fantocci”[14].
NOTE
[1]Guido Salvetti, La nascita del Novecento (Storia della musica a cura della Società Italiana di Musicologia), Torino, EDT, 1991, p. 101.
[2]Ornella Volta, “Appendici”, in Erik Satie, Quaderni di un mammifero, Milano, Adelphi, 2010.
[3]Fernand Léger in AA. VV., Erik Satie, son temps et ses amis, sous la direction de Rollo Myers, “la Revue Musical”, n. 214, giugno 1952.
[4]Cit. in Ornella Volta, op. cit., p. 194.
[5]Ibidem, p. 233.
[6]Maria Teresa Benedetti, “Note sul classicismo di Picasso” in Alessandro Nicosia, Lea Mattarella (a cura di), La Roma di Picasso. Un grande palcoscenico. 17 febbraio-2 maggio 1917, Milano, Skira, 2008, pp.75-103.
[7]Lea Mattarella, “L’Italia dell’Italienne: la doppia vita di Pablo Picasso” in Alessandro Nicosia, Lea Mattarella (a cura di), op. cit., p. 28.
[8]Annunciata von Liechtenstein, “Parade: una genesi” in Olivier Berggruen (a cura di), Picasso tra cubismo e classicismo. 1915-1925, Milano, Skira, 2017, p. 44.
[9]Guido Salvetti, op. cit, p. 84.
[10]Documenti relativi a Parade, collezioni speciali della Watson Library, in Annunciata von Liechtenstein, “Parade: una genesi” in Olivier Berggruen (a cura di), op. cit, p. 46.
[11]Documenti relativi a Parade, op. cit., p. 51.
[12]Idem.
[13]Guido Salvetti, op. cit.
[14]Cit. in Antonina Vallentin, Storia di Picasso, Torino, Einaudi, 1961, p. 235.
PER APPROFONDIRE
BIBLIOGRAFIA
BOIS, Yve-Alain, Picasso. L’arlecchino dell’arte 1917-1937, Milano, Skira, 2008.
COOPER, Douglas, Picasso Teatro, Milano, Jaca Book, 1987.
RANDI, Elena, Protagonisti della danza del XX secolo. Poetiche ed eventi scenici, Roma, Carocci, 2014.
SATIE, Erik, L’idea non ha bisogno dell’arte, Milano, Auditorium, 2016.
STEIN, Gertrude, Picasso, Milano, Adelphi, 1973.
VILELLA, Sebastiano, L’armadio di Satie, Roma, Fandango, 2016.
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