Il ritorno di fiamma di Roberto Di Filippo

Il bandoneonista più amato da Astor Piazzolla

Nel percorso di avvicinamento alla data del centenario della nascita di Astor Piazzolla (11 marzo 2021), andiamo a scoprire la figura di un bandoneonista diventato celebre grazie, soprattutto, alla relazione di stima che aveva con lui: Roberto Di Filippo. La vita artistica di questo valente musicista è stata davvero singolare. Come Piazzolla, anche Di Filippo era di origini italiane ed era nato a Peyrano, vicino a Santa Fe, il 12 giugno 1924, quindi, tre anni più giovane di Astor. In famiglia venne indirizzato allo studio della musica e, in particolare, del bandoneon. Ragazzo di grande talento, già a diciassette anni entrò in sala di incisione con l’orchestra di tango di Roberto Zerrillo. Passato poi nell’orchestra di Orlando Goñi (in cui si trovò a collaborare nella sezione dei bandoneones con un altro grande musicista come Eduardo Rovira), Di Filippo era evidentemente destinato a incontrare Astor Piazzolla, cosa che avvenne quando, nel 1944, passò nell’orchestra di Francisco Fiorentino. In quell’orchestra Piazzolla era arrangiatore e primo bandoneon, ma, nonostante il ruolo, fu molto accogliente nei confronti di questo musicista così bravo. Quando Piazzolla, nel 1946, fece il “grande salto”, ovvero decise di mettere su un’orchestra di tango tutta sua, chiese a Di Filippo di seguirlo. Quell’orchestra lavorò per tre anni, fino a quando Piazzolla, di fronte alle difficoltà economiche e alla sua crisi di ideali (non aveva ancora compreso bene che il suo destino era quello di rinnovare il tango), decise di dedicarsi alla composizione, alle colonne sonore per il cinema e agli arrangiamenti su commissione. Di questi tre anni sono restate delle incisioni sui 78 giri, che, oggi, sono tornate disponibili grazie alla loro digitalizzazione in due CD dell’etichetta “El Bandoneón”: El desbande (1989) e Se Armó (1991). Finita l’avventura al fianco di Piazzolla, Di Filippo collaborò anche con le Orchestre di Julio De Caro e di Horacio Salgán. Nel frattempo, aveva iniziato a suonare anche con l’Orchestra di Radio Splendid. In quegli anni, la crisi del modello dell’Orquesta típica di tango si faceva sempre più sentire, soprattutto per le formazioni più numerose. Di Filippo temeva di avere delle difficoltà finanziarie e, allo stesso tempo, desiderava entrare nel mondo della musica classica; ciò lo portò a discutere di questi aspetti con Piazzolla, con cui era solito confidarsi e confrontarsi. I due avevano propensioni diverse: Astor era sì un grande interprete al bandoneon, ma la sua principale ambizione era di comporre; Di Filippo, invece, esprimeva la propria genialità proprio nelle esecuzioni. Fu così che decise di studiare seriamente uno strumento “colto”; scelse l’oboe, ne divenne un professionista e come tale, per nove anni, lavorò nella stessa compagine con cui aveva già avviato una collaborazione: l’Orchestra di Radio Splendid. Per quanto riguarda l’aspetto economico e quello della stabilità lavorativa, Di Filippo aveva avuto la vista lunga: le statistiche riportate da Rémi Hess nel suo libro Il Tango hanno rilevato che nel 1955 vi erano in Argentina seicento orchestre di tango, nel 1976 appena dieci. Per Di Filippo, il salto di qualità avvenne nel 1961, quando, vincendo un concorso, diventò oboista dell’Orchestra del Teatro Colón. Ritiratosi per pensionamento nel 1980, fu colto da un sorprendente ritorno di fiamma per il bandoneon. Tornando a suonare lo strumento a mantice – bisogna ammettere in modo molto discreto e riservato – riprese molti tanghi e, di alcuni di essi, effettuò delle registrazioni “casalinghe”. Uno di questi nastri venne spedito a Parigi, dove si era nel frattempo stabilito Piazzolla, che, in seguito all’ascolto di queste interpretazioni, pronunciò due frasi destinate a diventare celebri: “Dopo averti ascoltato, volevo tagliarmi le dita e gettarle nella Senna”, e “Un giorno suoneremo insieme e io sarò il tuo secondo bandoneon”. Tutto ciò avvenne nel 1981, e non può essere affatto letto alla luce della circostanza o della piaggeria. Infatti, nel 1984, in un’intervista televisiva per un’importante emittente argentina, Piazzolla rinnovò così la propria espressione di stima: “Penso che Roberto Di Filippo sia, tecnicamente parlando, il suonatore più importante nella storia dello strumento nel nostro paese”. I nastri con le registrazioni degli assoli di Di Filippo arrivarono all’etichetta Epsa che non esitò a pubblicarli. La stessa casa discografica li ha rieditati nel 2001 e alcuni di questi materiali sono oggi disponibili anche su Youtube. Una riflessione conclusiva può essere fatta mettendo in relazione le grandi capacità interpretative di Roberto Di Filippo con gli strumenti da lui suonati: oboe e bandoneon. Il diaframma e il mantice azionato dalle due braccia sono molto più vicini di quanto non si possa immaginare. Certo, se si considera l’esecuzione di accordi accentati o la possibilità di eseguire al bandoneon una Toccata di Frescobaldi, la distanza sembra ragguardevole; ma quando il bandoneon canta le sue melodie (in special modo nei temi lenti dei tanghi), la padronanza di suono, di dinamica, di vibrato, i respiri sono quelli di uno strumento a fiato. La mia personale convinzione è che, sui piatti di una bilancia in cui da un lato c’è una visione del bandoneon come strumento a tastiera e dall’altro come strumento a fiato, la prevalenza vada senza dubbio a quest’ultima.

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