Le interviste ad Astor Piazzolla finivano spesso sull’argomento del suo rapporto con il tango delle origini, quello “storico”. Contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare dal ‘riformatore’ del tango, Piazzolla nutriva una sincera ammirazione per i grandi compositori e direttori del tango argentino, sia della Guardia Vieja sia di quella Nueva. Un ruolo ancor più rilevante Astor lo attribuiva ai bandoneonisti, da lui spesso lodati per le capacità interpretative. Nel 1981, Piazzolla decide di rendere omaggio a due grandi dello strumento, che il destino ha voluto portassero lo stesso nome: Pedro Maffia e Pedro Laurenz; gli onori ai due musicisti vengono fatti con una composizione per bandoneón solo – tutt’altro che facile da eseguire – il cui titolo non poteva essere che Pedro y Pedro. Piazzolla la consegna nelle mani del bandoneonista che più ammirava, Leopoldo Federico, dicendogli che, a suo parere, solamente lui possedeva le abilità richieste dalla difficoltà del brano. Oltre che da questa pur importante composizione, i due Pedro sono uniti dall’essere nativi di Buenos Aires, tutto sommato quasi coetanei (anno di nascita 1899 Maffia, 1902 Laurenz), da una lunghezza della vita quasi identica (sessantotto anni Maffia e sessantanove Laurenz) e dall’essere bandoneonisti e, poi, anche direttori di orchestre di tango. Che Pedro Maffia sarebbe diventato una celebrità lo si intuiva chiaramente fin dalla sua giovinezza. A undici anni, ha un insegnante di bandoneón, a quindici, già inizia a suonare nei locali e a comporre il suo primo brano (Cornetín), poi, per un breve periodo, suona nell’orchestra di Roberto Firpo; staccatosene, entra subito nel sestetto di Julio De Caro. Da questo sestetto nasce un duo, un prodigioso duo formato con l’altro bandoneonista, Pedro Laurenz, e questa “sotto-formazione” acquisisce una propria rilevanza artistica, al punto che la Victor chiede loro di fare delle registrazioni per due bandoneón nel 1925 e nel 1926. Alcune loro incisioni sono reperibili anche su YouTube. Dopo questa grande esperienza e un passaggio nel sestetto di Juan Carlos Cobián, nel 1926 (quindi a soli ventisette anni), Maffia crea il sestetto che porta il suo nome e che vede al violino e al pianoforte altri due giganti del tango: Elvino Vardaro e Osvaldo Pugliese, all’epoca entrambi diciottenni. Maffia dev’essere inquadrato soprattutto come un grande cultore del bandoneón e della sua tecnica; questa passione nasce nel 1911, quando resta estasiato da un concerto di Juan “Pacho” Maglio, al quale lo porta il padre. Maffia, nel suo percorso strumentale, sviluppa un’abilità straordinaria nell’adottare diteggiature efficaci, ha anche un eccezionale controllo dei suoni più gravi della mano sinistra e diventa noto per far emettere il suono al bandoneón senza aprire il mantice (o, comunque, aprendolo molto poco). I genitori riescono a fargli prendere delle lezioni di pianoforte: questo suo incontro con l’istruzione formalizzata è alla base della sua volontà di scrivere il primo e importante Metodo per lo studio del bandoneón della storia argentina. Pedro Maffia chiude le pieghe del mantice senza quasi percepirne il movimento, dando un’impressione di compostezza, di semplicità, quasi di staticità. Nel confronto con i tecnici che effettuano la manutenzione del bandoneón, egli chiede una partenza immediata del suono, andando così a perfezionare gli strumenti in direzione di una raffinatezza dell’emissione fonica.
Come compositore occorre ricordare che diversi suoi tanghi sono diventati celebri: Pelele, Pura maña, Amurado, Noche de Reyes, Diablito, Taconeando. Ma è soprattutto con La Mariposa che il suo nome di compositore viene scolpito nell’albo d’oro del tango argentino; questo tango nasce strumentale e viene eseguito dall’orchestra di Julio De Caro al Royal Pigall nel 1921. Visto il successo, Maffia decide di chiedere a Celedonio Flores di arricchirlo con un testo, cosa che consentirà così a Carlos Gardel di cantarlo e inciderlo nel 1924. A rendere perdurante nel tempo il successo di questo brano c’è poi anche la magnifica incisione che l’Orquesta di Osvaldo Pugliese farà per Philips nel 1966, all’interno dell’album El Tango se llama.