Peculiarità del suono di Francesco Gesualdi è infatti il suo essere ‘apofantico’ e suggerire immediatamente il gesto che lo produce ed assieme al gesto, gli spazi dove questo prende forma. La qual cosa è possibile percepire in maniera ancora più potente in mancanza di una visione diretta dell’evento esecutivo.
L’ascolto che sinestesticamente accende la visione e la visionarietà è forse uno degli elementi fondamentali per la realizzazione di quella “seconda prattica” degli affetti tesa a creare e risvegliare il sentire dell’ascoltatore e che è alla base della potenza mitopoietica dell’opera di Frescobaldi.
L’esecuzione musicale di Francesco Gesualdi fonda uno spazio e un tempo peculiari dove il musicista trova, nel più assoluto rigore formale, libertà agogiche, respiri vitali che ri-presentificano l’opera e la rendono leggibile come per la prima volta. Ed è prorpio in questo restituire novità all’opera, che appare rinnovarsi l’antico dittato della nuova retorica di un Giovan Battista Marino, di un Emanuele Tesauro e il sodalizio tra l’interprete e il pubblico attraverso la meraviglia.
Francesca della Monica