Richard Strauss, il “grande Contemporaneo”

Alessandro Zignani, “Richard Strauss. La rivoluzione dell’ordine. Vita e opere”

L’ho già sostenuto pubblicamente e non esito a farlo di nuovo. Leggere e conversare con Alessandro Zignani costituisce per me un raro piacere estetico. La profondità di osservazione, la capacità di collocare storicamente (e filosoficamente) personaggi e opere, il lucido e sottile umorismo che trapela dalle righe, l’approccio psicanalitico con cui scandaglia le anime degli artisti ne fanno qualcosa di più di un musicologo o di un critico. Ed è quindi con entusiasmo che mi accingo a intervistarlo ancora, stavolta per parlare del suo ultimo lavoro, Richard Strauss. La rivoluzione dell’ordine. Vita e opere (Zecchini, 2025). Zignani sostiene che nella musica del compositore bavarese (1864-1949) si manifesti “l’intero divenire della cultura occidentale”, rappresentando una figura così articolata da non essere stata mai adeguatamente esplorata. Questo libro prova – e riesce – a farlo.

Professor Zignani, iniziamo dal sottotitolo della sua nuova fatica: La rivoluzione dell’ordine. A prima lettura sembrerebbe un controsenso. Invece…

Strauss visse in un’epoca nella quale la rinuncia alla tradizione dei Padri era una risposta alla crisi della modernità. Si pensi alla Prima Guerra Mondiale, dove la tecnologia delle armi chimiche e dei bombardieri portò la morte presso i civili. Strauss vedeva il male in ogni deriva politica, ma pensava che ogni ideologia fosse la radice del male. Dunque, dopo essersi affacciato, con Salome e soprattutto Elektra, sull’Espressionismo, decise che l’arte dovesse creare le linee di fuga di un mondo parallelo, fatto di luce e ascesi su dimensioni estranee alle lutulenze del reale. Durante i bombardamenti finali del 1944, cercò di mettere in scena L’amore di Danae, un’Opera fatta di luminescenze dorate e bellezza ultraterrena. C’è, in questo, la disperazione di una creatura regredita a quell’ordine perfetto che è l’infanzia.

In quale contesto “filosofico”-musicale si collocano gli esordi di Strauss come compositore?

Lo Strauss Wunderkind è il prodotto di Franz Strauss [il padre, n.d.r.], un grande cornista e compositore segnato dall’odio per Wagner. Fino all’incontro con Thuille e Alexander Ritter, Richard rimase fedele a Schumann, Mendelssohn e Brahms. La “musica a programma” sembrava una rinuncia alla santa astrazione dal vero di un linguaggio non semantico come la musica è. Dunque Richard dovette, per diventare Strauss, uccidere suo padre, se non altro scrivendo parti per i corni di una difficoltà quasi beffarda, verso questo Franz incapace di rassegnarsi alla morte del Classicismo. Goethe vide nel mito il divorzio dalla crisi dell’Europa; Strauss fece, di Wagner, un Goethe capace di, il mito, non citarlo, ma inventarlo.

Lei sostiene che “Senza Berlioz, Strauss non è spiegabile”. Perché? Qual è l’ascendenza del romantico francese sul nostro “grande Contemporaneo”, come lo definisce lei?

Berlioz è il primo compositore a essere virtuoso non di uno strumento, ma dell’orchestra, che lui dilata molto oltre i suoi limiti fisici. Orchestrare diventa, con lui, inventare paesaggi interiori, dove ogni strumento è il personaggio di un dramma immaginario. Strauss riprende da Berlioz il divisionismo timbrico, il gusto del grottesco e la definizione dell’orchestra come dramma di identità timbriche. Senza Berlioz, l’orchestra sarebbe rimasta un dagherrotipo del pensiero compositivo.

Un altro nome indissolubile da Richard Strauss è quello di Hugo von Hofmannsthal, il “suo sosia letterario” (un’altra sua calzante definizione). Che tipo di sodalizio – artistico e umano – ci fu tra il compositore bavarese e il poeta-drammaturgo viennese?

Hofmannsthal è un uomo disilluso dalla Storia che si rifugia nel mito e negli archetipi per non ritenere vano lo scrivere. Infine, nella Lettera di Lord Chandos, proclama inutile ogni finzione letteraria, ponendo l’afasia come presupposto di un santo ascetismo espressivo. Strauss, di suo, è un materialista bavarese convinto che ogni arte sia artigianato. Non si potevano capire, e non si sono capiti mai. Il bello è che, nella drammaturgia dei libretti comuni, le idee scenicamente geniali sono di Strauss. Il suo istinto sovrasta le qualità dell’umanista disseccato da ogni utopia: Hofmannsthal. Nel mio libro non nascondo una mia sovrana antipatia nei suoi confronti. Oggi nessuno mette in scena il suo teatro, il cui estetismo segna la traccia di quella palude intellettuale che ha reso impossibile ai profeti dell’Europa opporsi al nazismo. Strauss usa il poeta per farsi ricamare parole sul tessuto del dramma da lui ideato. Il poeta lo tratta regolarmente come un parvenu dell’intelletto. Ma senza Strauss, chi si ricorderebbe di Hofmannsthal?

Torniamo, per concludere la nostra conversazione, a quella sua definizione di Strauss come il “grande Contemporaneo”. Perché questa caratterizzazione del compositore? E quale eredità ha lasciato ai compositori che gli sono succeduti?

Strauss è un nostro contemporaneo perché non crede all’estetica. Disilluso verso la modernità, la attraversa scansandone le ideologie. Nella mercificazione degli individui vede una nevrosi di massa, che lui contrasta rifugiandosi nel mito, immagine ideale di un mondo perduto. Ci lascia in eredità, o dannazione, l’idea che l’arte sia una complessa, bellissima via di fuga, per virtù di una tecnica non campionabile, dalle mille bassezze di un mondo ormai ridotto a facitore di bisogni e procacciatore di placebo. In lui, la musica è un’arte asociale; sommamente e splendidamente inutile.

Alessandro Zignani è nato a Rimini nel 1961. È scrittore, musicologo e germanista, e insegna Storia della Musica al Conservatorio di Como. Ha pubblicato romanzi, monografie e saggi musicologici, vinto numerosi premi letterari e fondato la compagnia “Il Teatro delle Ombre” con la quale ha messo in scena testi dedicati a grandi compositori. Ha tradotto Nietzsche, Schopenhauer, Trakl, e i poeti del Nibelungslied.

 

Alessandro Zignani, Richard Strauss. La rivoluzione dell’ordine. Vita e opere

Editore: Zecchini, Varese

Anno di edizione: 2025

Pagine: 220, Ill, brossura, € 29,00

 

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