SAPORI BLU, SUONI GIALLI
Kandinsky, Schönberg e la fonte ancestrale dell’arte
(seconda parte)
Nel corso del 1911 ed oltre, prosegue il rapporto epistolare tra Wassily Kandinsky e Arnold Schönberg.
14. 12. 1911
Caro signor Kandinsky,
non ho ancora finito di leggere il Suo libro; me ne manca un terzo. Ciononostante voglio dirLe sin da ora che mi piace immensamente. Su molte questioni Lei ha assolutamente ragione. In particolare, quando parla del colore confrontandolo con il colore musicale. Ciò coincide con le mie sensazioni. Trovo interessantissima la Sua teoria della forma. […] su qualche punto non sono del tutto d’accordo. Soprattutto sul fatto che Lei, se ho ben capito, avrebbe preferito formulare una teoria precisa. Non credo che adesso sia necessaria. Noi ricerchiamo incessantemente (come Lei stesso dice) attraverso il sentimento. Non si sacrifichi mai questo sentimento a una teoria! […]
Molti cari saluti. Con affettuosa amicizia
Suo Arnold Schönberg[1]
22. 8. 1912
Caro signor Schönberg,
[…] al giorno d’oggi i musicisti hanno assolutamente bisogno di sovvertire anzitutto le «eterne leggi dell’armonia», mentre per i pittori questo è un bisogno secondario. Per noi la necessità maggiore è mostrare le possibilità della composizione (ossia della costruzione) e stabilire il principio generale (molto generale). Questo è il lavoro che ho iniziato con il mio libro – in linee molto «libere». La «necessità interiore», infatti, altro non è che un termometro
(meglio un parametro) che conduce contemporaneamente a una grande libertà e pone la capacità creativa interiore come unica limitazione di questa libertà. […] Fino a oggi il termine costruzione è stato indagato in maniera unilaterale. […] fino a oggi per costruzione si intendeva una esasperata geometria (Holder, i cubisti, ecc.) Io voglio mostrare, però, che la costruzione può essere raggiunta anche in base al «principio» della dissonanza […]. Il Suono giallo è costruito così, vale a dire come i miei quadri. Tutto questo è chiamato «anarchia», termine con cui viene intesa un’assenza di leggi […], e con cui deve essere inteso un ordine (una costruzione, nell’arte), che ha però le sue radici in una sfera affatto diversa, ossia in quella della necessità interiore.
Cordiali saluti a Lei e a Sua moglie.
Suo Kandinsky[2]
Dunque, per gli artisti del “Cavaliere Azzurro” la «necessità interiore» è il fine ultimo che cancella le diversità esteriori di suono, colore e parola, cioè dei mezzi di cui si servono le diverse arti.
La suprema aspirazione del “Cavaliere Azzurro” è una nuova opera d’arte totale in cui tutte le forme di espressione artistica convergano per realizzare la rigenerazione della società, mostrando il mondo dello spirito che è al di là della stessa arte. I richiami al romanticismo e a Wagner sono evidenti, ma al grande compositore tedesco si rimprovera una scambievole subordinazione tra la musica e il testo e di aver trascurato un terzo elemento: il colore e la forma pittorica che vi si collega (la decorazione)[5].
Il suono giallo di Kandinsky e La mano felice di Schönberg rappresentano le più importanti manifestazioni artistiche dell’interesse dei due autori per la sinestesia, la percezione visiva concomitante a uno stimolo sensoriale. L’opera di Schönberg è al centro di vivaci, e a volte aspri, commenti da parte della critica contemporanea. È interessante riportare quella che meglio ne coglie lo spirito: “L’intensità dell’evento musicale e scenico, i continui cambiamenti di luce, indicati nella partitura, mi sembrano tutti elementi che dimostrano chiaramente che […] ci troviamo davanti a […] qualcosa di nuovo, che travalica i limiti del nostro teatro. L’opera procede per 25 minuti in un clima di estrema tensione, come se il musicista avesse fatto saltare in aria la sua partitura e avesse acquisito nuovi sistemi, come se vi avesse inserito scene, gesti, luce, parole in una forma infinitamente più severa e ostinata di qualsiasi altro prima di lui. Là dove l’opera ha bisogno di azione, Schönberg offre la luce come elemento della musica, come parte dell’esperienza psichica”[7]. È evidente che gli intendimenti di Schönberg sono gli stessi di Kandinsky: per lui “far musica con i mezzi della scena” è più importante del contenuto.
Sia chiaro: né Schönberg vuole «suonare la pittura», né Kandinsky vuole «dipingere la musica». Il pittore russo attribuisce alla musica un valore particolare, in quanto unica arte veramente astratta, e se in musica i suoni costituiscono l’unico “materiale”, in pittura forme e colori possono essere usati per il loro valore intrinseco, indipendentemente dall’imitazione della natura. È, comunque, significativo che per esprimere le proprie emozioni di fronte ai colori del tramonto moscovita, Kandinsky usi astrazioni attinte dal linguaggio musicale: “[…] accordo finale della sinfonia, che fa vivere intensamente ogni colore, che fa risuonare tutta Mosca, come il forte fortissimo di un’immensa orchestra. Il rosa, il lilla, il giallo, il bianco, il turchino, il verde pistacchio, il rosso fiamma delle case e delle chiese – ciascuno intona un canto a sé. […], la neve che risuona di mille voci, oppure l’allegretto dei rami spogli. […] Dipingere quest’ora mi sembrava la felicità più grande, più irraggiungibile che potesse toccare a un’artista”[8]. Viceversa, assistendo al Lohengrin di Wagner, impressioni sonore avevano suscitato in lui sensazioni cromatiche[9].
È nel libro Della spiritualità nell’arte[10], che Kandinsky tratta coerentemente la comparazione tra l’effetto del colore e quello del suono. “[…] come il corpo viene rinvigorito e sviluppato con esercizi, così pure lo spirito. Come il corpo trascurato, diventa debole e in ultimo impotente, così anche lo spirito. […] Perciò non soltanto non nuoce, ma è assolutamente necessario che l’artista conosca il punto di partenza di questi esercizi. Questo punto di partenza è la valutazione del valore interiore […] del colore, che all’ingrosso deve comunque esercitare un’azione anche su ogni uomo”[11].
NOTE
[1] Arnold Schönberg, Wassily Kandinsky, Musica e pittura, Milano, SE, 2002, p. 35.
[2] Ibidem, pp. 60-61.
[3] W. Kandinsky, “Sulla composizione scenica”, in W. Kandinsky, F. Marc, Il Cavaliere Azzurro, Milano, SE, 1988, pp. 159-173.
[4] W. Kandinsky, Della spiritualità nell’arte, in Nicoletta Misler (a cura di), Kandinsky tra Oriente e Occidente, catalogo della mostra, Firenze, Palazzo Strozzi 24 aprile – 11 luglio 1993, Artificio Edizioni, p. 213. Si tratta della ristampa della traduzione italiana del 1940, curata da G. A. Colonna Di Cesarò (originariamente pubblicata dalle Edizioni di “Religio” di Roma). Per tutte le citazioni tratte da questo testo farò riferimento a questa edizione. Il libro di Kandinsky fu pubblicato nel 1912, ma il manoscritto era stato completato già due anni prima.
[5] “Sulla composizione scenica”, op. cit.
[6] Ibidem, p. 172
[7] H. H. Stuckenschmidt in “Der Augenblick”, M. Gladbach, 30 ottobre 1924, n. 8, p. 46. Cit. in Jelena Hahl-Koch, “Kandinsky e Schönberg. Documentazione di un’amicizia”, in W. Kandinsky, A. Schönberg, Musica e pittura, op. cit., p. 221.
[8] W. Kandinsky, Sguardi sul passato, Milano, SE, 2006, p. 15.
[9] Cfr. Sapori blu, suoni gialli, prima parte di questo articolo, pubblicata dal 10 febbraio 2016 su questo stesso Magazine.
[10] Cfr. nota 4.
[11] W. Kandinsky, Della spiritualità nell’arte, op. cit., pp. 230-231.
[12] Ibidem, pp. 232-233.
[13] Ibidem, pp. 234.
[14] Ibidem, p. 237.
[15] Cit. da Gerge Grosz riportata in Ferdinando Ballo (a cura di), Gerge Grosz, Milano, Rosa e Ballo, 1946, p. 9.
PER APPROFONDIRE
BIBLIOGRAFIA
KANDINSKY, Nina, KANDINSKY e io, Milano, Abscondita, 2006.
KANDINSKY, Vassily, Il suono giallo e altre composizioni sceniche, Milano, Abscondita, 2002.
KANDINSKY, Vassily, Punto, linea, superficie. Contributo all’analisi degli elementi pittorici, Milano, Adelphi, 1968.
KANDINSKY, Vassily, Testo d’autore e altri scritti, Milano, Abscondita, 2013.
MILA, Massimo, Espressionismo e dodecafonia, in ‟La rassegna musicale”, 1954, XXIV, pp. 121-128.
MILA, Massimo, L’esperienza musicale e l’estetica, Torino, Einaudi, 1981.
MITTNER, Ladislao, L’espressionismo, Bari, Laterza, 1965.
SCHÖNBERG, Arnold, Il pensiero musicale, Roma, Astrolabio Ubaldini, 2011.
SCHÖNBERG, Arnold, Leggere il cielo. Diari (1912; 1914; 1923), Milano, Il Saggiatore, 1999.
LINK AUDIOVISIVI
https://www.youtube.com/watch?v=F1TP-2yDYp4
https://www.youtube.com/watch?v=xWYVmTRv4Ec