Addio a Pete Seeger, cantore della musica tradizionale americana

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Pete SeegerPete Seeger, il grande attivista e cantore della musica tradizionale americana, ci ha lasciati all’età di novantacinque anni. La notizia è rimbalzata sui media di tutto il mondo, amplificando un inaspettato disorientamento che trova la sua ragione proprio nello spessore culturale e politico dell’opera del vecchio cantore, nato a New York nel 1919. La sua biografia – che in parte è stata già trattata in questa rubrica – è nota ai più e, a ulteriore riprova dell’importanza della sua produzione, si intreccia con molte altre vite e vicissitudini che hanno ricoperto un’importanza centrale nel XX secolo. Tra questi mi piace ricordare la forte divergenza con la cupa politica del maccartismo, che colpì duramente gli esponenti della sinistra americana durante gli anni Cinquanta. Ma soprattutto la collaborazione con Woody Guthrie – incontrato alla fine degli anni Trenta – con il quale batterà tutti gli Stati Uniti, alla ricerca della musica popolare “profonda” (come vuole l’ormai nota leggenda), cioè delle musiche orali alle quali le persone (quasi sempre quelle più emarginate e marginali) affidavano il racconto delle proprie storie. Dalle sue ricerche sono nati molti progetti musicali e politici, attraverso i quali Seeger ha riproposto oppure scritto ex-novo brani che oggi rappresentano “musicalmente” i movimenti di contestazione in tutto il mondo. Tra questi vale senz’altro la pena ricordare “We shall overcome” (divenuta un cavallo di battaglia di Joan Baez e tornata in voga grazie al disco che Springsteen dedicò, nel 2006, proprio a Seeger e alla sua musica), “If I had a hammer” e la canzone contro la guerra “Where have all the flowers gone?”.

 

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